MESSINA. Era uno dei simboli della Messina che non c’è più, la Messina che non si era arresa ai terremoti, prima di esserne definitivamente fiaccata da quello del 1908: la Palazzata, l”edificio che offriva a chi veniva dal mare un colpo d’occhio quale scenografica e colossale quinta, più volte distrutta e più volte ricostruita. La storia del progetto che avrebbe dovuto riportarla alla luce, dopo quel disastroso 28 dicembre 1908, la racconta Nino Principato, architetto e appassionato di storia cittadina, in un post sul suo profilo Facebook. Di seguito il suo racconto.

L’IDEA DELLA “MESSINA NUOVA” E LA “PALAZZATA” MAI REALIZZATA NEI PROGETTI ARCHITETTONICI DELL’ING.LUIGI BORZI’

Nella Messina ancora fumante e ingombra delle macerie del sisma del 28 dicembre 1908, nel maggio del 1909 un uomo è al lavoro in un Ufficio Tecnico improvvisato alla stesura del suo progetto di Piano Regolatore per la ricostruzione della città: è l’ing. Luigi Borzì, Capo dell’Ufficio. L’incarico lo aveva ricevuto dalla Giunta comunale e il progetto che presenterà il 9 dicembre dello stesso anno sarà approvato con i Regi Decreti del 26 giugno 1910 e del 31 dicembre 1911.

Luigi Borzì, nato a Messina nel 1853, conosceva bene la topografia antica della città, talmente bene da redigere una dettagliata carta dal titolo “Messina nel passato, Pianta del 1844. Sviluppo progressivo dal XIV al XIX secolo”, conservata presso la Società Messinese di Storia Patria. Del resto, Borzì, aveva vissuto la città precedente al terremoto del 1908, essendo entrato nell’organico dell’Ufficio Tecnico Comunale nel 1891, due anni dopo la sua istituzione. Fra le più felici realizzazioni del progettista del Piano Regolatore, rimane la via di Circonvallazione. Essa è larga 14 metri e i proprietari del lato a monte avevano l’obbligo di arretrare i loro fabbricati di 6 metri, per lasciare lo spazio ad una zona di verde. Per evitare poi che le vedute panoramiche rimanessero chiuse dalle case a valle, fu fatto obbligo di lasciare altra zona della larghezza di metri 10 da sistemarsi a giardinaggio, riuscendo così ad ottenere la visuale completamente libera. Luigi Borzì fu anche il lungimirante e felice progettista di alcuni ambiti urbani della città che purtroppo non ebbero realizzazione. Fra questi, la ricostruzione della nuova Palazzata con la collaborazione del giovane ingegnere Santi Buscema e del famoso architetto Prof. Rutilio Ceccolini proveniente da Pesaro, che sarà approvata dal Comune il 20 febbraio 1919.
Uno dei desideri più forti degli scampati al terremoto del 1908 nel porre mano alla ricostruzione della città, infatti, fu certamente quello di vedere nuovamente risorgere, dalle macerie, la magnifica “Palazzata” onore e vanto dei messinesi, architettura-simbolo che nei secoli, a partire dalla prima metà del Seicento, aveva caratterizzato Messina e conferito un superbo affaccio monumentale sul mare costituendone, senz’altro, il fatto urbano più significativo.
La prima “Palazzata” era stata realizzata da un’idea del Vicerè Emanuele Filiberto di Savoia, con l’intento di creare una cortina continua di splendidi palazzi monumentali lungo tutta la curvità portuale. Dal 1622 al 1624 la “Palazzata” venne edificata su progetto dell’architetto Antonio Ponzello coadiuvato dal messinese Simone Gullì.
Crollata col terremoto del 5 febbraio 1783, l’abate architetto messinese Giacomo Minutoli progettava la seconda “Palazzata” i cui lavori ebbero inizio il 13 agosto 1803. Dopo il terremoto del 28 dicembre 1908, ne rimase in piedi un terzo, dalla Regia Dogana al Palazzo Municipale, abbattuto poi definitivamente, con una carica di 146 potentissime mine, il 31 luglio 1915.
Il problema della ricostruzione della “Palazzata” era stato sollevato dal Collegio degli Ingegneri ed Architetti di Messina che, nella “tornata” del 16 luglio 1910, aveva preso un deliberato indirizzato al Governo. Da questa deliberazione, discese il “voto” del 10 settembre 1910 che il Collegio degli Ingegneri ed Architetti inviò al Ministro dei Lavori Pubblici che espresse il suo apprezzamento. Nell’agosto del 1914, su proposta dell’ing. Giacomo Donato, il Comune dava incarico al Borzì di studiare una nuova variante al piano del 1909 prevedendo la realizzazione di una “Palazzata” che ora veniva denominata “Cortina”.
L’8 gennaio del 1919 Luigi Borzì, insieme al suo stretto collaboratore, il giovane ingegnere Santi Buscema e al prof. arch. Rutilio Ceccolini proveniente da Pesaro, consegnava il progetto per la nuova “Cortina del Porto” che veniva approvato il 20 febbraio 1919. Come nelle due precedenti “Palazzate” del 1622 e del 1803, l’idea progettuale era fondata su un unico corpo edilizio con sviluppo dell’edificio dalla Regia Dogana fino alla foce del torrente Boccetta. Alto circa 11 metri, il lungo “nastro” architettonico era caratterizzato dal monumentale porticato centrale e dal ritmo del colonnato di facciata senza soluzione di continuità, pausato dagli imponenti portali di accesso alla città aperti in corrispondenza delle arterie ortogonali della maglia reticolare urbana.
A due elevazioni fuori terra con locali adibiti in massima parte a botteghe, l’idea interessante che informava tutto il progetto e che dichiarava esplicitamente la volontà di non “chiudere” l’immediato rapporto col mare, era quella della terrazza panoramica, interamente pedonale per tutta la sua estensione, una passeggiata lunga più di un chilometro che avrebbe consentito la magnifica visione della città e del porto con lo Stretto dall’alto (una sorta di anticipazione di dodici anni di quanto farà Le Corbusier, nel 1931, per il piano di Algeri). La particolareggiata veduta a volo d’uccello della parte centrale della nuova “Palazzata” del Borzì, con un disegno estremamente nitido e suggestivamente mosso da sapienti tocchi chiaroscurali, rende pienamente l’idea di un felice esito architettonico perfettamente al passo con le correnti culturali eclettiche dell’epoca, rispettoso del passato artistico della città. È il caso, eloquente, dello sbarcadero semicircolare all’estrema destra del disegno, con statue allegoriche agli estremi e piedistalli con due leoni accovacciati nelle parti intermedie. Leoni marmorei in origine facenti parte del monumento bronzeo dedicato a Carlo III di Borbone. Sbarcadero che Borzì ripropone in analoghe forme e con poche varianti, evidente omaggio a quella grande figura di architetto del secolo XIX che fu Giacomo Fiore.
La “Porta del Senato” fiancheggiata da due fontane con teste idrofore leonine, al centro della “Loggia dei Commercianti” (evidente riferimento all’antica “Loggia dei Mercanti”), mostrava il suo fantasioso eclettismo nell’uso della volta a botte a “lacunari” di retaggio romano e di un decorativismo liberty attardato permeato di stilemi settecenteschi.
Morto Luigi Borzì il 23 novembre 1919, del suo progetto della nuova Cortina non se ne parlò più.
Il Podestà ing. Salvadore, il 15 febbraio 1929, deliberava di richiedere al Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici il consenso per l’elevazione di un terzo piano sui due previsti. Chiedeva anche che i piani superiori, oltre che ad uso di uffici commerciali, potessero essere destinati ad abitazione. Il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici accoglieva le richieste del Comune e nello stesso anno veniva bandito un concorso nazionale per un nuovo progetto che tenesse conto di tutte le innovazioni apportate e che fu, parzialmente, realizzato. Era il tramonto, definitivo, del sogno di “Palazzata” immaginata da Luigi Borzì nella “Messina Nuova”, grande atto di omaggio filiale alla sua città.
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