MESSINA. Si terrà questa sera il terzo appuntamento di “Mume20 off”, la rassegna teatrale estiva nel Giardino del Museo Regionale di Messina a cura di Clan Off Teatro. Ad essere inscenato, lo spettacolo scritto e diretto da Tiziana Francesca Vaccaro, con l’aiuto regia di Giovanni Tuzza e le musiche di Andrea Balsamo, intitolato “Terra di Rosa – Vite di Rosa Balistreri”.

Lo spettacolo nasce dall’incontro con Rosa Balistreri, figura decisiva del folk siciliano degli anni ‘70 e racconta la terra di una bambina che diventa donna e che da quella terra sente il bisogno di staccarsi, ma allo stesso tempo non ne può fare a meno. Un’unica terra dalla quale non si parte mai del tutto. Rosa imparerà a leggere e scrivere a ventidue anni per non essere più schiava. Canterà di liberazione e rivoluzione, facendo risuonare il suo canto per tutta la Sicilia, come un urlo. Con la sua voce girerà il mondo, tenendo i piedi sempre ben piantati nella sua terra d’origine, per non perdere mai il contatto con la vita, difficile, aspra, appassionata. E sarà vita non come vermi sotto terra, ma alla luce del sole.

“La Cantatrice del Sud”. Così, profeticamente, definì Rosa Balistreri lo scrittore siciliano Ignazio Buttitta. E così è riconosciuta oggi Rosa in tutto il mondo. A lei il merito di essere tra i grandi protagonisti della riscoperta della canzone popolare siciliana. Povera e orgogliosa, varcò i confini in cerca di fortuna, imparò a prendere una chitarra in mano e a gridare in faccia a tutti quello che pensava. Cantava nei campi, in mezzo alla terra, sin da piccola Rosa, tra un raccolto e l’altro. Cantava, e il marito la picchiava e gli uomini abusavano di lei. Cantava e cresceva Rosa, nella sua Licata mafiosa e fascista. Una vita sempre in prima linea, senza cedere mai, scontrandosi e pagando di persona, il suo tempo e le sue regole, ma credendo fermamente nell’amore, crudele indispensabile motore di una vita. “Vogliu spaccari, spaccari li cieli pì fari chioviri, chioviri amuri”. Amore per la sua terra bella e amara, in cui le donne dovevano (e devono, purtroppo ancora oggi) restare al loro posto. 

Rosa non si è mai adeguata, non ha mai incarnato il ruolo che famiglia e società avevano fissato per lei. E il suo canto le resterà appiccicato fino alla fine. “Canto e cuntu, cuntu e canto, pi nun perdiri lu cuntu”. Cantare per non dimenticare il racconto, cantare per ricordare.

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