MESSINA. Il gup Simona Finocchiaro ha rinviato a giudizio per omicidio colposo due medici per la morte di Rosa Orioles, un’anziana di 81 anni deceduta nel 2013. Sono stati rinviati a giudizio al 25 giugno prossimo, davanti al giudice monocratico, Letterio Rizzo, medico del reparto di Ortopedia dell’ospedale Piemonte ed Edoardo Epifanio, medico del reparto di chirurgia dello stesso ospedale. Per quanto riguarda l’eccezione relativa all’inutilizzabilità della perizia, il gup Finocchiaro ha ritenuto che la questione deve essere affrontata nella fase del dibattimento.

L’inchiesta ha avuto diversi passaggi con due richieste di archiviazione da parte della procura.

Alla fine di gennaio 2013 la signora fu ricoverata all’ospedale Piemonte per una frattura del collo del femore a seguito di una caduta accidentale. Sottoposta ad un intervento chirurgico, superato senza problemi, fu ricoverata nel reparto di ortopedia. La notte tra il 2 ed il 3 febbraio 2013 l’anziana accusò un malore: tachicardia, forti dolori allo stomaco, al petto, alle spalle, ed alle braccia. Le fu somministrata una fiala contro il senso di nausea e fu visitata da un medico ma la signora continuò a stare male. Il mattino successivo morì.

Secondo l’accusa, un medico si limitò a chiedere una consulenza chirurgica mentre l’altro che intervenne non avrebbe formulato “la diagnosi di ischemia coronarica acuta”, non prescrivendo altri esami ma solo una fiala di plasil. La donna morì la mattina del 3 febbraio 2013 per “morte coronarica”.

I figli della donna presentarono una denuncia affidandosi all’avvocato Nino Cacia. Nell’udienza preliminare i due medici sono difesi dagli avvocati Francesco Marullo di Condojanni e Antonino Di Maio.

“Dopo cinque anni di indagini contrassegnate da ben due richieste di archiviazione entrambe rigettate – afferma in una breve nota l’avvocato Nino Cacia – si è dovuto attendere dapprima l’imputazione coatta di un gip e immediatamente dopo il provvedimento di rinvio a giudizio odierno per celebrare un processo ove accertare la verità”. “Non si può attendere cinque anni per iniziare un processo. – conclude il legale – E ciò sia per le persone offese dal reato ma anche per coloro che rivestono nel procedimento la qualità di imputati”

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