MESSINA. Il piani di riequilibrio resterà decennale: il consiglio comunale boccia la modifica che spalmava in vent’anni il rientro dai debiti del comune di Messina, e di fatto delibera contro sè stesso: nonostante il 14 gennaio avesse votato la volontà di riformulare il piano a vent’anni, oggi ha bocciato la delibera che materialmente rielaborava il piano.

Un dietrofront frutto di un’aula che nonostante l’argomento era vuota per più di metà dei suoi occupanti (diciotto consiglieri al voto su quaranta), e un bel problema per i conti di palazzo Zanca. Che adesso dovrà fare fronte ai suoi debiti col “vecchio” piano decennale, e dovrà farlo in cinque anni, dato che il piano originario è stato approvato nel 2014.(oggi si discuteva dell’allungamento dei suoi effetti fino al 2034). E anche se il prossimo sindaco volesse rimodularlo entro tre mesi dall’elezione, si troverebbe comunque questi cinque anni trascorsi invano, anche per la mancata risposta sull’approvazione del piano da parte del ministero degli Interni.

La massa debitoria non è più quella originaria da 425 milioni di euro, nel frattempo alleggerita dal concordato di Messinambiente, dalla transazione tra questa e l’Ato3 e dalla chiusura di alcune partite con le Partecipate, ma resta comunque discretamente alta: e da azzerare in cinque anni.

Nove favorevoli (tre di cambiamo Messina dal basso, con Lucy Fenech assente giustificata e tre su quattro del Pd, e Pippo Trischitta, Carlo Abbate e Rita La Paglia), astenuti la presidentessa del consiglio Emilia Barrile, Antonella Russo, Pietro Iannello, Carlo Cantali, Nora Scuderi ed Alessandro La Cava, contrari Daniela Faranda, Pippo De Leo e Daniele Zuccarello. Nel bene e nel male, una decisione vincolante per la città è passata da chi in aula, pur nella diversità delle posizioni, c’è stato. Assenti giustificati anche Rizzo, Mondello, Perrone e Siracusano, qualcuno malato, gli altri desaparecidos.

Assente (con giustificazione) Peppuccio Santalco, che aveva fatto votare l’immediata esecutività dell’atto il 14 gennaio, ma assente anche tutto l’Udc in massa, e assenti molti dei consiglieri di lungo corso, che tra i banchi di palazzo Zanca ci hanno trascorso quasi due decenni.

E ora? L’amministrazione è stata messa in minoranza, e non è esente da colpe, per il solito cortocircuito per il quale gli atti arrivano tardi e si legittimano i consiglieri dubbiosi a non votarli, ma è a Messina che in realtà saranno i problemi. “La prossima finanziaria sarà lacrime e sangue“, si lascia sfuggire il presidente dei revisori dei conti Federico Basile: centinaia di milioni di euro da far combaciare e metà del tempo che c’era nel 2014. Saranno problemi del prossimo sindaco, ma c’è ancora il previsionale 2018. le prime avvisaglie cominceranno da lì.

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