MESSINA. Tra otto anni, Messina potrebbe avere 43mila lavoratori in meno: non posti di lavoro, ma proprio letteralmente persone che quel lavoro lo svolgono. Tra i primati negativi della provincia dello Stretto, ce n’è anche uno… futuro. Una proiezione de Il Sole 24 ore, basata su previsioni dell’Istat, ipotizza che nel 2030 ci possa essere un 11,2% di forza lavoro in meno nella fascia “produttiva”, da 15 a 64 anni, corrispondente a quasi 43mila unità di forza lavoro in meno. Cosa significa? Che il trend della popolazione residente nel 2030 rispetto al 2022, per le fasce in età lavorativa, proietta una perdita globale dell’11,2%: esattamente il doppio della media italiana, che è di -5,3%. Un dato che in numeri equivale a un complessivo di 42.898 unità. Se per la fascia da 15 a 29 i lavoratori in meno saranno meno di diecimila (9254, per l’esattezza), è nella fascia da 30 a 64 anni che ci sarà una vera e propria emorragia:-33.644. Numeri che spediscono Messina al settimo peggior posto tra le 107 province italiane. A cosa è dovuta l’ecatombe di forza lavoro? Secondo lo studio del quotidiano economico, il primo elemento da tenere in considerazione è la spirale demografica in cui è intrappolato il paese: pochi giovani, molti vecchi, in due parole. E i secondi andranno in pensione nel giro di sette anni in numero molto maggiore rispetto a chi ne prenderà il posto. Ovviamente, la perdita non sarà omogenea a livello nazionale, ma penalizzerà le zone a minore attrattività. E Messina è tra queste.