MESSINA. Alle 15 sbarcherà a Messina la Aquarius di Sos Méditerranée, dopo tre operazioni di salvataggio di 292 persone, complicate dall’intervento della Libia. Intervento per il quale adesso l’equipaggio della nave chiede alle autorità italiane di chiarire quali siano esattemente gli accordi internazioneli con i libici.

«Le condizioni attuali delle operazioni di salvataggio in mare sono inaccettabili», esordisce così Sophie Beau, vicepresidente di Sos Meditérranée. E chiede chiarezza: «Esortiamo vivamente le più alte autorità europee e internazionali a chiarire il quadro d’intervento dei diversi attori in questa zona marittima, la più mortale del mondo. Se questo quadro è cambiato di recente e presto potrebbe non consentirci più di salvare vite in pericolo, se non possiamo più esercitare la nostra missione in sicurezza, crediamo che noi e i cittadini europei dovremmo esserne informati per primi».

All’origine della richiesta di maggiore chiarezza soprattutto l’ultimo soccorso in mare, quello di sabato 31 marzo. Dall’equipaggio di Aquarius riferiscono, infatti, che dopo essere stati avvertiti da Roma del naufragio di un gommone, sono stati poi bloccati dall’intervento di una motovedetta libica, ricevendo da Roma l’istruzione di seguire le direttive dei libici e potendo così soccorrere soltato 39 persone: in sostanza i casi più urgenti.

I 292 in arrivo a Messina sono stati infatti soccorsi durante tre operazioni di salvataggio. In tutti e tre i casi, Sos Méditerranée riferisce di essere stata avvertita dal Centro di coordinamento del soccorso marittimo di Roma (Imrcc), che ha indicato loro i luoghi del naufragio volta per volta

Giovedì, avvertiti dall’Imrcc l’equipaggio di Aquarius è intervenuto salvando 122 persone, senza intoppi che sono iniziati, invece, venerdì, quando sempre avvertiti dall’Imrcc sono intervenuti per il salvataggio di un gommone in difficoltà avvistato da un elicottero della Marina Militare Italiana, a 38 miglia nautiche a nord di Zuwarah. «Questa operazione di salvataggio è stata delicata, il gommone era in pessime condizioni, parzialmente sgonfio e con il fondo di legno rotto. Abbiamo dovuto dispiegare delle scialuppe per mettere in sicurezza le persone prima di poter distribuire i giubbotti di salvataggio», ha spiegato il vice coordinatore di Aquarius.

“Mentre il salvataggio è in corso, la motovedetta 648 della Guardia costiera libica – racconta l’eqiupaggio in una nota –  si avvicina alla nave Aquarius ad alta velocità. Il salvataggio di 131 persone in difficoltà, tra cui 12 donne e 24 minori non accompagnati, è completato appena prima del suo arrivo. La nave Aquarius declina l’offerta di assistenza della Guardia costiera libica”.

Sabato 31 marzo, alle 10,30 la Aquarius riceve sempre da Roma l’indicazione di un gommone alla deriva, ma una volta arrivati sul luogo: “Alle 11:34 il Centro di Coordinamento del Soccorso di Roma informa la nave Aquarius che la Guardia costiera libica assume il coordinamento delle operazioni (caso SAR 183) e dà alla Aquarius l’istruzione di non interferire e di restare in standby – continua la nota -. La nave Aquarius, arrivata sulla scena prima della motovedetta della Guardia costiera libica, informa l’Imrcc Roma della necessità di stabilizzare la situazione distribuendo i giubbotti di salvataggio a bordo della imbarcazione sovraffollata, che continua ad avvicinarsi. La Aquarius riceve in seguito una telefonata dal centro operativo della Guardia costiera libica che si dichiara responsabile del coordinamento e l’equipaggio avverte quest’ultima dell’urgenza di distribuire i giubbotti di salvataggio. La motovedetta Al Khifra 206 della Guardia costiera libica, sulla rotta verso la scena ma ancora distante, riceve le stesse informazioni simultaneamente via radio. Una volta acquisita l’autorizzazione della Guardia costiera libica, la Aquarius lancia le sue due scialuppe di salvataggio e comincia a distribuire i giubbotti di salvataggio. 
I soccorritori constatano la presenza di bambini, tra cui un neonato e alcuni casi medici urgenti, e ottengono dalla motovedetta della Guardia costiera libica l’autorizzazione ad evacuare i casi più vulnerabili sulla Aquarius, ma si vedono interdire il soccorso delle altre persone a bordo del gommone.

Soccorrono in tutto 39 persone, tra cui un neonato, delle donne incinte e numerosi bambini con i loro genitori  mentre circa 90 persone vengono intercettate dalla Guardia costiera libica e riportate in Libia. La nave Aquarius riceve l’ordine di rimanere a distanza durante l’intercettazione.

Gli eventi descritti dall’equipaggio sono gli stessi che hanno portato all’accusa da parte della procura di Catania per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina sulla Ong spagnola Open Arms che aveva rifiutato di seguire gli ordini di Tripoli.

«Le attuali condizioni di salvataggio in mare, sono sempre più complicate e con dei trasferimenti di responsabilità confusi e pericolosi durante le operazioni, sono inaccettabili – ha continuato Sophie Beau –Le navi di salvataggio si ritrovano costrette a negoziare caso per caso, in alto mare, in una situazione di urgenza e di tensione pericolosa, l’evacuazione di persone in difficoltà, malate, ferite, esauste, verso un luogo sicuro dove saranno curate e protette. Mentre i mezzi in mare per salvare vite sono sempre più insufficienti, le operazioni sono ritardate, delle vite umane sono minacciate, è data priorità al rinvio delle persone in difficoltà verso la Libia, anziché alla loro messa in sicurezza».

«Non siamo né giuristi né decisori politici – ha concluso la vicepresidente di Sos Méditerranée International -. Siamo un’associazione europea e civica di soccorritori in mare a bordo di una nave ambulanza che interviene là dove delle persone sono in pericolo di morte. Rispettiamo scrupolosamente, fin dall’inizio della nostra missione nel marzo 2016, il diritto marittimo internazionale e le autorità marittime e lavoriamo nel rispetto dei principi di umanità e solidarietà che hanno fondato l’Europa e sono il Dna della gente di mare».

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