Palazzo della Provincia

 

MESSINA. Riceviamo e pubblichiamo la lettera di un dipendente della città metropolitana. Oggi i dipendenti della città metropolitana di Messina partecipano alla manifestazione a Palermo contro il governo regionale. Questa mattina l’incontro fra Musumeci e i deputati nazionali.

«Sono un dipendente della ex Provincia Regionale di Messina, ora Città Metropolitana, che presta servizio all’infopoint turistico di Palazzo dei Leoni. Mi presento cosi perché, anche se spesso non ci si rende conto, alla domanda -chi sei? si risponde il più delle volte dicendo quello che si fa. Nel mio caso la questione è vera solo a metà. Sono finito per diventare quello che faccio. Non sono un operatore turistico, non ho lauree in storia dell’arte, in lingue straniere o in promozione turistica. Ho un mio bagaglio culturale, arricchito nel corso degli anni, stimolato sostanzialmente dal fatto di poterlo mettere in campo per migliorare e qualificare il mio lavoro. La cosa in cui voglio e devo credere!»

«Non si può tornare a casa con la frustrazione di avere svenduto il proprio tempo per quei 4 soldi che troviamo nella busta paga. Il mio lavoro vale molto di più di quello che mi viene pagato. E non perché sono bravo, competente o altro. Il mio lavoro vale perché lo faccio col cuore. Altrimenti non si spiegherebbero tante cose. Non si capirebbe perché succede di ospitare (parlo di vitto e alloggio) per più giorni a casa una famiglia intera di cicloturisti con prole al seguito (3 bambini con età compresa tra i 3 e i 10 anni), in attesa che cessi il maltempo e possano ripartire in sicurezza. Non si capirebbe perché farsi autorizzare un permesso personale per andare a fare da interprete ad una turista il cui marito viene ricoverato d’urgenza per un presunto attacco di appendicite durante l’approdo della nave a Messina. Ricoverato da più giorni la signora che si è recata nel nostro punto informativo ci ha raccontato che si trovava in grande difficoltà con i medici del nosocomio cittadino perché nessuno parlava la sua lingua».

«Non si capirebbe perché diventa normale dare il proprio cellulare per chiamare la banca del proprio paese e cercare di togliere dai casini quel turista che ha subito il furto del portafogli con dentro soldi, documenti e carta di credito, facendo praticamente quasi ufficio da consolato. Non si capirebbe l’impegno profuso per inventarsi tutor e formatori, quando ci è stato chiesto di partecipare al progetto AccogliMe. Il progetto ha visto la formazione e l’affiancamento di 12 migranti minori non accompagnati provenienti da varie zone dell’Africa per renderli capaci di poter accogliere i croceristi al porto così come loro sono stati accolti poco tempo prima. Non si capirebbe come, a volte, si scopre di avere figli con un altro colore di pelle, non si capirebbero le lacrime, le nostre e le loro, quando ci siamo visti e abbracciati per l’ultima volta perché il destino aveva deciso così».

«Potrei continuare a citare un’infinità di aneddoti che io ed i colleghi dell’infopoint viviamo quasi ogni giorno e che si concludono con la scena del turista che va via lasciando il suo contatto con l’invito di passarlo a trovare se mai ci dovessimo trovare per quelle latitudini e con il cuore rinfrancato da tanta umanità. Perché di questo si tratta, quando aggiungi all’informazione che ti viene chiesta un sorriso e la propria disponibilità allora entra in gioco l’umanità, quella che non rientra tra i nostri doveri di impiegati ma in quella di uomini. Non voglio autopromuovermi né come singolo né come ufficio, vorrei solo non avere mai sentito le parole del mio più importante amministratore che mi chiama fannullone perché non lo sono e perché non mi sento tale. Ho parlato del mio ufficio ma sono convinto che tanti altri colleghi avrebbero altrettanti storie di ordinaria efficienza ed umanità da raccontare».

«Non lasciamoci offendere da simili calunnie, non lasciamo ferire la nostra dignità, continuiamo il nostro lavoro con perseveranza, avremo così belle favole da raccontare ai nostri nipoti. Quando saremo vecchi!».

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