La prima del 2019, per alcuni forse la seconda se avete letto in ritardo quella di Capodanno, ma poco importa: abbiamo superato anche l’epifania che tutte le feste si porta via e ora fino ad aprile sarà un periodo senza alcun rosso sul calendario se non quella domenica tanto bramata—forse perché anticiperà ogni settimana di ventiquattro ore circa l’arrivo della playlist di Lettera Emme, il rimedio per un lunedì poco traumatico? Domanda lecita in fondo, perché oggi possiamo permettercelo, dato che questa è una settimana importante: sono i giorni in cui si celebra David Bowie, nato un 8 gennaio e andato via da questa terra il 10 di tre anni fa. Per quanto sia difficile, proveremo a parlare di lui non parlandone direttamente. Non del tutto, almeno.

 

Nex Cassel – Il figlio del padre

 

Era il gennaio del 2016 quando Nex Cassel pubblicava il pezzo probabilmente più strano della sua discografia. Rapper bianco era un disco al tempo molto atteso nella scena e questo singolo spiazzò praticamente tutti: la produzione di St Luca Spenish ha un che di esoterico, il rapper veneto si riscopre spirituale in un episodio ingiustamente messo alla berlina, da alcuni fan duri e puri, della sua carriera musicale. Spogliatosi della veste più puramente hip hop, contenuta comunque nel resto della sua discografia (compreso lo stesso Rapper bianco), Nex mostra una faccia inedita, insolita e che personalmente spero possa approfondire meglio in futuro, perché questo brano spacca.

 

Kendrick Lamar – i

 

 

Nel 2015 Kendrick Lamar ha pubblicato un disco spartiacque per questa generazione, ovvero To pimp a butterfly. Il singolo di lancio fu questa i, scritto in minuscolo, di cui ci godiamo qui la album version (per chi scrive, migliore rispetto alla prima rilasciata con il video); una canzone sfacciatamente positiva, con un verso profondamenete significativo: “Look at me, motherfucker, I smile”, a conclusione di una strofa in cui elenca quanto di peggio sta accadendo da quella parte del mondo. È un rapper atipico, Kendrick: spirituale anche lui, come il brano precedente di Nex e come una buona parte di quanto scritto da Bowie. Spirituale, non strettamente religioso, perché non sono sempre concetti strettamente correlati. Avete mai ascoltato Blackstar del Duca? È stato ispirato, tra gli altri, anche da To pimp a butterfly.

 

Arcade Fire – Neighborhood #1 (Tunnels)

 

Qualche tempo fa ho letto una storia che non ho mai controllato se fosse vera o meno, ma a me piace pensare di sì quindi ve la riporto così come la ricordo (non voglio incappare in un triste deunking internettiano—Caspanello non sarà fiero di me): qualche anno fa, quando gli Arcade Fire non erano ancora enormi come adesso, a un concerto a New York andò anche un tale chiamato David Bowie. Cantò ogni canzone e acquistò ogni disco al banchetto quella sera per poterlo dare ai propri amici&conoscenti e far sì che la band che aveva appena pubblicato Funeral, primo tassello della loro discografia, potesse diventare globale. E così fu. Ora: leggendola al tempo mi sembrò una storia credibile, e qualora invece non fosse vera sarebbe comunque verosimile. E poi l’amore reciproco tra Bowie la band di Win Butler è risaputo, quindi da oggi sarà vera per tutti noi, ok?

 

Nine inch nails – Wish

 

 

Ho provato a prenderla larga ma ho resistito poco, ne sono pienamente consapevole. Esiste una versione meravigliosa di Wish contenuta nel live del 1995 del Dissonance tour, quello che portarono avanti insieme i Nin insieme proprio a David Bowie. Era il periodo appena successivo a The Downward Spiral, quel disco incredibile che nella prima metà degli anni ’90 riscrisse la storia incidendo per sempre il nome di Trent Reznor nell’olimpo di quelli che questa faccenda della musica sanno davvero come maneggiarla. L’unione con Bowie, il tour insieme, I’m afraid of americans, la presenza in Twin Peaks nella puntata più lynchiana di sempre sono solo altre medaglie da appuntarsi al petto per una band enorme, una di quelle che ha saputo dare forma al disagio, alla sofferenza, alle voglie più nere di un essere umano. Che spettacolo i Nine inch nails, ragazzi. 

 

David Bowie – Lazarus

 

 

Tre anni fa esatti David Bowie pubblicava questo video, Lazarus, che anticipava di ventiquattro ore l’uscita di Blackstar, il suo ultimo disco. Consapevole della malattia, consapevole che quanto è effettivamente successo poteva accadere da un momento all’altro, Bowie usò ancora una volta la musica e le immagini per dire al mondo tutto quanto, a modo suo. Quelle sere le ricordo perché le passai guardando il vuoto, sentendo dentro di me una mancanza che ancora oggi fatico a descrivere, perché Bowie è stato qualcosa di unico, e averlo scoperto in età post adolescenziale mi ha aiutato a idealizzarlo meno e a capirlo di più. Ma quando io pensavo di capirlo, lui cambiava, si nascondeva, mi mostrava altri scenari. Fino a mostrare l’ultimo, il sipario, quello calato con questa Lazarus. Sono passati tre anni senza di te, ma sembrano trenta. Ora ti guardo, ancora una volta, e sei in cielo. Ciao Duca.

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