LETOJANNI. “Poi gli metti uno scarabocchio…”. Antonio Corica e Antonino Ferlito, i due medici del servizio di emergenza sanitaria del 118 del Comune di Letojanni arrestati per truffa aggravata e falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, si coprivano a vicenda. Secondo gli investigatori si mettevano nei turni alternandosi per non effettuare del tutto la notte in cui restava in servizio uno solo, accordandosi così dello “scarabocchio” da apporre sul registro delle presenza.
A svelare il sistema, incrociando intercettazioni e l’esame dei registri delle presenze, un’indagine svolta dal Commissariato di Taormina diretto da Enzo Coccoli, che è sfociata nell’ordinanza del gip Salvatore Mastroeni su richiesta del sostituto procuratore Annamaria Arena.
Le indagini hanno permesso appurare atteggiamenti spavaldi nei confronti di altri colleghi che avevano capito cosa accadeva. “Emerge con chiarezza disarmante – scrive il gip nell’ordinanza – come i due continuino nella condotta criminosa, pur avendo la consapevolezza che i colleghi di lavoro avevano scoperto le assenze e le false sottoscrizioni, e avevano fotocopiato all’occorrenza il registro da dove si evidenziava lo spazio lasciato in bianco per essere riempito successivamente con la firma autentica”.
Un atteggiamento di sfida che i due medici avrebbero avuto nei confronti di quanti avessero pensato di denunciarli: “E perché, vallo a dimostrare tu infatti la mia parola contro la sua”.
Il sistema sarebbe andato avanti almeno dal 2014. Gli episodi contestati a Corica sono 40, mentre 36 quelli per Ferlito. Nel loro complesso hanno portato al sequestro preventivo di somme per equivalente di circa 16mila euro per il primo e 14.999 euro per il secondo per il danno arrecato alla Pubblica Amministrazione. I due medici sono difesi dagli avvocati Filippo Mangiapane e Michele Ragonese.
LE PAROLE DEL GIP. Una “serialità di condotte”, scrive il gip, che sottolinea come “il pregiudizio arrecato alla collettività, avuto riguardo alla particolare delicatezza delle funzioni affidate agli indagati, ai quali era demandato un servizio di urgenza, probabilmente ritardato o reso più difficoltoso dalle condotte di abuso poste in essere”. Il gip sottolinea poi come non si tratti di qualche assenza: “Qui si verte in assoluta mancanza del servizio (ovviamente per i casi possibili) ed in un disprezzo di esso e degli obblighi di carattere eccezionale. Vi è quasi una definitività che sistematicità dell’agire in violazione della legge e dei doveri connessi alle funzioni, un disprezzo di un lavoro, nobile in sé e indispensabile”. Secondo il gip il campo dei reati contro la pubblica amministrazione andrebbe ridefinito come nuovo campo criminale e parla di “percezione di denaro pubblico con una firma, appena ve ne sia la possibilità concreta, lo Stato come bancomat”.
Infine il gip Mastroeni, spiegando le esigenze cautelari, fa anche una riflessione su quelli che sono i reati contro la Pubblica amministrazione. “Quello che va rilevato – scrive – è che forse tali fattispecie specifiche di reato appaiono, sotto il profilo della valutazione di criminalità, talvolta sottovalutate anche per dato terminologico e di classificazione”.
Mutuando il termine dai “colletti bianchi”, il gip parla quindi di una “criminalità bianca”, “ma grave, pericolosa e dannosa”, una criminalità che “divora e distrugge in immagine ed efficienza, dall’interno, le istituzioni statali”.