MESSINA. Lo scorso 28 settembre, è stata “riaperta” la galleria Inps di Messina, con la cerimonia della sottoscrizione  tra l’inps, ordine Architetti e Fondazione Architetti nel Mediterraneo per la “concessione in uso” della Galleria, alle due istituzioni, le quali si sono impegnate ad effettuare i lavori di restauro e messa in sicurezza della galleria stessa, con l’impegno di destinarla, per il futuro, allo svolgimento di attività culturali connesse, esclusivamente ai loro compiti istituzionali.

Pubblichiamo la riflessione di Umberto Giorgio, presidente la “Fondazione Architetti nel Mediterraneo”, una filiazione dell’Ordine degli Architetti di Messina che specificatamente si interessa di cultura architettonica e di tutela del patrimonio monumentale.

La Galleria INPS di Messina, come  tutte le altre gallerie urbane  appartiene ad una tipologia architettonica  molto particolare quella dei cosiddetti “spazi urbani conclusi” ovvero  grandi ambienti coperti (perlopiù con una struttura di ferro e vetro) concepiti in continuità spaziale con gli spazi aperti circostanti.

Le gallerie in verità, non sono dei fabbricati autonomi ed indipendenti  ma, più esattamente, sono  è una porzione di spazio  delimitato  da corpi edilizi ai quali si annette e  con i quali si  compenetra organicamente fino ad identificarsi con essi, divenendo  un  “unum corpus”.

La nostra galleria è dunque, come “incastonata” nel bellissimo palazzo INA-INPS, pregevole esempio di stile “eclettico messinese” –  costruito nel lontano 1926 – sull’area dell’isolato 318.

Un palazzo dall’impronta stilistica tardo-barocca che riprende e rielabora stilemi estetico-formali  propri di quel periodo e che si configura, senza ombra di dubbio, una delle opere architettoniche più originali tra quelle sorte a Messina dopo il disastroso evento sismico del 1908.

Nelle intenzioni del suo progettista, l’architetto  Gino Peressutti (autore del  più famoso stabilimento cinematografico di Cinecittà a Roma)   la galleria  avrebbe dovuto essere una sorta di  transito d’onore tale da consentire il collegamento diretto  e riparato  tra la Basilica Cattedrale ed il Palazzo Comunale; ovvero tra due prestigiosi edifici, dal marcato valore simbolico (rispettivamente emblemi  della spiritualità religiosa, e del potere civico e politico della  città)  entrambi  ubicati nell’area del così detto ”Umbilicus Urbis”, il nucleo più antico del centro storico di Messina.

Peresutti  aveva dunque concepito la galleria con voluta scenografica magniloquenza; un solenne percorso pedonale  coperto che consentiva il libero  passaggio  dei cittadini, una previsione miseramente naufragata in ragione del fatto che, nella realtà, la galleria è sempre rimasta chiusa, serrata da pesanti cancellate di ferro che ne hanno interdetto  l’accesso, ponendola  in una condizione di perenne isolamento,  avulsa dai fermenti della vita urbana circostante,  con la quale, tranne rarissime occasioni, non si è mai veramente relazionata.

In virtù di questo  intento progettuale, la galleria è contraddistinta da una particolare solennità stilistica: le pareti dei due prospetti interni  –  simmetrici  e frontistanti –   si articolano grazie ad un sapiente gioco alternato di aggetti e rientranze,di pieni e di vuoti, un movimento quasi “sunisoidale” accentuato dal susseguirsi ,intervallato, di paraste giganti e di aperture rettangolari che si sviluppavano lungo tutta l’altezza dell’edificio ed inoltre, da una serie di modanature e cornici  che, sovrapponendosi alla facciata, ne  riquadravano  ampie campiture ora di colore rosso pompeiano, ora giallo ocra, recanti disegni ed ornati del repertorio  iconografico  proprio dell’antichità  classica di epoca romana.

Ma sicuramente la vera  particolarità di questa galleria è rappresentata dalla copertura: un tetto a doppi spioventi costituito da  una struttura portante di metallo  – ricoperta da lastre di in vetro –  riccamente esornata da elementi in ferro battuto, che hanno il compito di mascherare ed attenuare il rigido tecnicismo della struttura stessa, così da armonizzarla con la configurazione estetica dei sottostanti corpi murari dell’edificio.

Il marcato contrasto tra la solida corposità dei corpi murari e la eterea inconsistenza, la trasparente immaterialità vitrea del tetto di copertura, genera una sorta di  contrapposto equilibrio tra le diverse membra architettoniche della galleria sulle quali  si irradia e si rifrange, di volta in volta, la cangiante  luce naturale (ora  il tenue chiarore della luce lunare, ora l’accecante luce solare) che  determina una  variabilità di  effetti luministici  nell’arco dell’intero ciclo notte-giorno mutando di continuo, travisandola, la  percezione visiva  d’insieme della galleria stessa.

La galleria, come già accennato, versa in condizioni di avanzato degrado, anche se lo stato di conservazione delle due facciate interne è profondamente differente : infatti, il comparto edilizio di proprietà dell’INPS, seppur fatiscente conserva ancora, quasi integra, parte della originale compagine decorativa  (sia plastica che cromatica), fortunata persistenza che potrebbe risultare  utile come riferimento  per una eventuale intervento di restauro  della galleria, specialmente nella ricostituzione filologica  degli elementi  danneggiati o mancanti.

L’altro comparto invece, quello cioè di proprietà privata, è stato improvvidamente “risanato” con un sommario intervento di mera ristrutturazione edilizia, dove la parziale quanto indiscriminata sovrapposizione di un nuovo strato di intonaco ed un altrettanto inopportuno “relavage” della facciata ha, irrimediabilmente cancellato, ogni traccia del prospetto originale.

L’eventuale restauro della galleria potrebbe essere l’occasione per effettuare una revisione generale di tutte le  quinte architettoniche  così da riportare tutto il  palazzo  agli antichi splendori, anche attraverso il restauro delle magnifiche  fontane di pietra  poste ai quattro angoli dello stabile e l’auspicabile riattivazione dell’impianto idrico delle stesse, ormai “mute ” da molti decenni.

Infine, l’installazione di un adeguato  impianto di illuminazione in grado di esaltare e  di valorizzare – con un  sapiente gioco chiaroscurale  – la non comune  pregevolezza di questi manufatti, sarebbe la più giusta conclusione di un “progetto di restauro complessivo”  che sembra muovere  i primi  passi, proprio in questi giorni.

 

 

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