MESSINA. «Non può e non deve esistere un partito o una formazione politica che possa legittimamente definirsi di sinistra se non pone al centro della propria azione la lotta a tutte le disuguaglianze. Una delle più macroscopiche ed intollerabili disuguaglianze del nostro Paese è senza ombra di dubbio quella tra uomini e donne. E ciò, ahimè, vale ancor di più nella nostra Regione, tenuto conto che in Sicilia non è ancora prevista neanche la doppia preferenza di genere in sede elettorale, nonostante lo stesso art. 3 dello Statuto regionale preveda espressamente che “al fine di conseguire l’equilibrio della rappresentanza dei sessi, la medesima legge promuove condizioni di parità per l’accesso alle consultazioni elettorali”» a commentare la situazione Francesco Capria, il candidato alle Regionali per il Partito Democratico.

«Trascurare l’applicazione di un principio statutario- spiega- specie in materia di diritti, è chiaramente indicativo di quella che è l’attenzione (o meglio l’indifferenza) che certa politica ha sinora riservato nei confronti delle donne e questo non è più ammissibile in un territorio che voglia definirsi civile. Considerato, infatti, che la popolazione siciliana è costituita per oltre il 50% da donne e che, nonostante ciò, la Sicilia è la regione con il più basso tasso di occupazione femminile in Italia, ritengo doveroso e non più rinviabile affrontare innanzitutto la questione occupazionale, predisponendo una formazione funzionale al mercato del lavoro ed assicurando assistenza nell’inserimento, ma anche nel mantenimento, del posto di lavoro senza pregiudizio per le necessità familiari»

«La legge Gribaudo sulla parità salariale ha sancito un principio fondamentale, ma adesso è necessario applicarlo ed applicarlo bene e, per fare ciò, deve affrontarsi la questione in modo organico e sistematico -continua- Occorre, quindi, favorire il miglioramento dell’equilibrio fra vita professionale e vita privata – ad esempio attuando un regime di congedi per motivi di famiglia equamente ripartito tra i generi (e che tenga conto delle rispettive necessità ed ambizioni) – come anche modalità di lavoro flessibili ed ulteriori servizi di assistenza, intervenendo altresì sotto il profilo dell’incidenza fiscale del secondo reddito familiare. Le iniziative per affrontare gli squilibri di genere nell’istruzione, nella formazione e nel mercato del lavoro sono azioni doverose di una politica degna di questo nome: una Sicilia più equa, più giusta e più inclusiva sarà una Sicilia più competitiva»

«Una finale considerazione – conclude-non posso che riservarla, però, alle recenti prese di posizione della leader di Fratelli d’Italia in materia di aborto. Se da un lato, queste farneticazioni consacrano definitivamente l’impianto evidentemente medioevale della proposta politica del centrodestra, dall’altro costituiscono l’occasione per far luce su di un dato che non può più essere trascurato: la percentuale di ginecologi obiettori di coscienza in Sicilia supera l’80%. Ciò significa che i princìpi già riconosciuti e disciplinati da oltre 40 anni non trovano, nel concreto, pieno riconoscimento. Che ciò avvenga per convinzione morale o, invece, per opportunismo carrierista cambia poco: la tutela del diritto delle donne è e deve essere un obiettivo primario per uno Stato e come tale deve essere disciplinato e garantito.  Per superare questa inaccettabile condizione, vedo solo due alternative: eliminare dal testo della legge 194 l’articolo 9 che permette e regola l’obiezione di coscienza, cosicché i ginecologi obiettori, se antiabortisti per convinzione e non per mera opportunità, possano rifiutare autonomamente di intraprendere la carriera negli ospedali pubblici; oppure legiferare stabilendo delle soglie minime di medici non obiettori nei reparti di ginecologia. La tutela dei diritti non può essere un’opzione, ma un obbligo a cui lo Stato non deve sottrarsi»

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