MESSINA. Federico Basile è sindaco di Messina, e deve la sua vittoria alla catastrofe del centrodestra, che ha fatto acqua da tutte le parti, ha favorito un grossissimo voto disgiunto, non è riuscito (o non ha voluto) dare credibilità al progetto Maurizio Croce, e soprattutto non è riuscito a mantenere le promesse di sfaceli che le otto liste in campo sembravano destinate a compiere. Non ha funzionato praticamente nulla nella coalizione che sin dall’inizio si è presentata come litigiosa, poco coesa, quasi svogliata nel sostenere il candidato Maurizio Croce, che dalla sua ha il merito di aver costruito passo dopo passo una candidatura credibile che non è stata supportata dai “suoi” candidati, grossa parte dei quali sono stai impegnati, sin dal primo minuto, a remare contro. Alla fine della fiera non ha funzionato nulla, e in una normale dialettica politica, da domani dovrebbero cadere teste a decine, lo dicono i numeri. Gli stessi numeri che invece , pur condannandolo a un inutile terzo posto, concedono l’onore delle armi a Franco De Domenico, che al contrario di Croce è andato esattamente, forse anche poco meglio, come si aspettava che andasse: terzo per poco, a un tiro di schioppo dal centrodestra in difetto di una decina di punti percentuali, al centrosinistra è mancata la forza del Movimento 5 stelle, in città ormai più che marginale. Ma, alla fine della fiera, De Domenico ha poco di che recriminare, e la coalizione non ha proprio nulla da rimproverargli. D’altra parte, non è un caso se il centrosinistra non vince a Messina dal 2005, e quando lo ha fatto è stato per merito di Francantonio Genovese, oggi colonna portante del centrodestra. Non che il centrodestra sia messo molto meglio: non governa da settembre del 2012, data delle dimissioni di Giuseppe Buzzanca, e in quattro tornate è riuscito ad andare solo una volta al ballottaggio, nel 2018 con Dino Bramanti, per quel bagno di sangue che ha visto De Luca maramaldeggiare e bullizzare al secondo turno l’ex direttore scientifico del Neurolesi. Gino Sturniolo e Salvatore Totaro insieme non arrivano nemmeno vicini al 5%. Il primo aveva improntato la sua campagna elettorale, pregna di contenuti, all’allargamento della sua base di sinistra-sinistra: coinvolgente, preparato, e con un consenso unanime anche (forse soprattutto) a destra, Sturniolo è stato vittima della realpolitik, e torna a casa con percentuali che sono un insulto al suo valore. Totaro aveva giocato la carta della contingenza: un progetto di respiro nazionale che coinvolge no vax, no green pass e no Draghi, che ha debuttato non a caso nella città col più basso tasso di vaccinati d’Italia. Non gli è andata bene, e le sue percentuali si attestano su valori prossimi allo zero assoluto. E Federico Basile? Federico Basile ha stravinto, non semplicemente vinto: se il suo è stato un sondaggio sul gradimento di Cateno De Luca è stato superato a pieni voti, se è riuscito a convincere una grossa parte di città a votarlo è merito di una continuità di programma che ha fatto breccia nei messinesi, anche evidentemente parte di quelli riottosi. Con una ulteriore conferma: dai tempi di Mario Bonsignore, sindaco Dc della prima Repubblica, fra fine anni ’80 e inizio anni ’90, nessuna amministrazione era riuscita a riconfermarsi.

I prossimi cinque anni, o quelli che saranno (Messina ha la ventura di aver visto chiudere coi suoi tempi tecnici solo una sindacatura da vent’anni e cinque sindaci), saranno fondamentali per il futuro della città. A Basile, già da domami, tutti gli oneri e gli onori del caso.

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