MESSINA. «Con questa legge, dire la verità sulla natura dell’uomo diventerà reato». È quanto sostengono i partecipanti alla manifestazione “#RestiamoLiberi”, che nel pomeriggio di ieri hanno preso parte al sit-in organizzato a Piazza Unione Europea per dire no alla legge contro l’omotransfobia. Circa un centinaio di persone che con il “bavaglio” alla bocca e un cartello in mano hanno espresso la loro contrarietà al testo unificato del deputato Alessandro Zan, adottato lo scorso 14 luglio dalla Commissione Giustizia della Camera (in attesa degli emendamenti delle varie forze politiche).

Vari gli interventi nel corso del sit-in, fra i quali quello dell’ex consigliere comunale del Pd Nicola Cucinotta (finito nella bufera nel 2015 per un commento pubblicato su Facebook: «Per quanto mi concerne, meglio essere definito “omofobo” “razzista” “troglodita”, piuttosto che “sessista”, anziché “peccatore”, “ipocrita” e “sodomita”»). Alla manifestazione si è unito anche il sindaco di Furci Sicilo Matteo Francilia (Lega)

 

 

Cosa non andrebbe bene della legge secondo i manifestanti? Le ragioni sono contenute in comunicato stampa, dato che nessuno di loro, in base alle disposizioni nazionali, era autorizzato a rilasciare interviste alla stampa.

«La legge – si legge nel documento – è del tutto ingannevole, poiché si presenta come necessaria per punire le violenze nei confronti di persone dello stesso sesso, ma chiunque sa già che ogni violenza è punita dal nostro ordinamento giuridico. Ed esistono anche le aggravanti da applicare ove necessarie. Una legge inutile quindi. Ma una legge soprattutto pericolosa perché mira ad istituire un nuovo reato, quello di omotransfobia appunto, che non viene definito dal legislatore, lasciando così enormi spazi a interpretazioni e derive liberticide che colpiranno chiunque esprimerà un pensiero non allineato al mainstream», prosegue il testo, che pone poi vari quesiti, fra cui i dubbi sull’eventuale accesso negli spogliatoi femminili “ai maschi cosiddetti transgender che si sentono donne” o sulla libertà per un sacerdote di citare pubblicamente la dottrina cristiana sul matrimonio e sulla sessualità.

 

 

Cosa prevede la legge? Attesa da quasi 25 anni (e molto contestata nelle scorse settimane dalla Cei e da varie associazioni anti-lgbt), ha l’obiettivo di modificare gli articoli 604-bis e 604-ter del codice penale in materia di violenza o discriminazione per motivi di orientamento sessuale o identità di genere. Il provvedimento sintetizza insieme cinque disegni di legge che ampliano l’attuale “legge Mancino” del 25 giugno 1993 e mette sullo stesso piano la discriminazione su base razziale a quella in ragione dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere.

Obiettivo della Legge – un traguardo civile raggiunto a distanza di cinquantuno anni dai moti di Stonewall e dopo sei (vani) tentativi parlamentari – è quello di mettere un freno ulteriore alle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale.

Quali libertà limita? Nessuna. Chiunque, infatti, potrà continuare a professare ed esprimere liberamente la propria visione di mondo, qualunque essa sia, comprese le interpretazioni della realtà più bizzarre, fantasiose e irrazionali. Purché non si istighi a commettere (o non si commettano) atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali, religiosi o fondati sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere, a tutela della dignità delle persone. 

A testimoniare la necessità di una legge ad hoc (adottata nella maggior parte dei paesi dell’Ue) sono i dati: dal 17 maggio 2019 ad oggi, secondo Arcigay, sono 138 le storie di omotransfobia censite sulla stampa e avvenute in Italia nel corso degli ultimi 12 mesi. In 32 casi si è trattato di vere e proprie aggressioni, in 31 di discriminazioni o insulti in luoghi pubblici come bar o ristoranti, in 17 di scritte infamanti su muri, auto, abitazioni. Nel conteggio rientrano anche 25 episodi di incitazione all’odio (sia online che offline) scatenato da esponenti politici, organizzazioni o movimenti. Una rilevazione che rappresenta solo la punta di un iceberg, dato che, secondo i dati raccolti dal progetto Hate Crimes No More del Centro Risorse Lgbti, ammonterebbe al 73% la percentuale delle persone appartenenti alla comunità Lgbtqi che ha subito violenza di matrice omotransfobica, ma pochissimi fra questi hanno denunciato l’accaduto.

Sulla questione, proprio ieri Lettera Emme ha pubblicato la lettera di uno studente 23enne, Umberto Albanese, che affronta, da un punto di vista molto personale, il dibattito in corso sulla proposta legge Zan-Scalfarotto: “Se approvata dal Parlamento, non toglierà diritti a nessuno. E a chi insiste a parlare di liberticidio e di imposizione di bavagli voglio proprio chiedere: cos’è che esattamente pensate di perdere, a causa di questa legge?”.

Qui il testo integrale della legge

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