MESSINA. Un’app per parrucchieri, barbieri ed estetisti. Per favorire le prenotazioni e l’incontro fra domanda e offerta. Tommaso Santapaola vive a Bruxelles, lavora in smartworking per una fondazione che si occupa di clima ed energia e da pc, tablet e smartphone difficilmente si distanzia persino nel tempo libero. Deformazione professionale, anche se, a dirla tutta, l’idea gli era venuta ben prima dell’emergenza Coronavirus. La pandemia ha soltanto accelerato i tempi e attualizzato la trovata.
Qualche giorno fa ha sentito il sindaco Cateno De Luca parlare di seconda fase, di riaperture e della necessità di un supporto tecnologico per ridurre gli spostamenti e andare incontro alle categorie più danneggiate. “Chi ha un salone o un centro di bellezza non potrà aprire nell’immediato, è un dato di fatto”, racconta Tommy, messinese del 1989 (l’articolo è stato scritto prima dell’ipotesi riapertura del 18 maggio, ndr).
“Il primo cittadino proponeva un’applicazione che fosse in grado di fare esattamente questo, così gli ho mandato un messaggio, affermando che esistesse già: gratuita e disponibile su Play e App store. Non mi ha risposto, ma spero abbia letto. Viviamo lontano, eppure la nostra terra la portiamo nel cuore: è un modo per renderci utili”. Storie di ordinaria emigrazione e di un legame impossibile da recidere.
Parla al plurale, con lui c’è Laura Fiumara, ventinove anni, da tredici sono fidanzati. Lei è avvocato e dopo diverse esperienze, tra stage e tirocini, trascorre la quarantena alle prese con le lezioni di francese, i curriculum da inviare e numerosi colloqui: “Sto cercando un’occupazione che possa legare il mio percorso di studi a una dimensione più globalizzata. In altri tempi sarebbe stato molto più semplice, il momento però è complicato per qualunque settore professionale”.
In riva allo Stretto si sono laureati, economia e giurisprudenza, poi un master al collegio Studi Europei di Parma, sempre insieme, e, infine, il trasferimento in Belgio: “Abbiamo valutato la possibilità di rientrare, tuttavia, ci hanno già cancellato due voli, l’ultimo fissato il 24 maggio. Dovrebbero rimborsarci, ma i tempi non saranno brevi. Per adesso abbiamo lasciato perdere – continua Laura – ci saremmo messi in autoisolamento per almeno trenta giorni. Sappiamo ne bastano quattordici, ma questo è un virus di cui si conosce poco, la gente è asintomatica, non sa di essere positiva e lo resta a lungo. Volevamo evitare qualunque problema, ma sarebbe stato bello aprire la finestra e guardare il mare”. Invece all’orizzonte ci sono le Ardenne: “Il lockdown qui proseguirà almeno fino a giugno, intervallato da progressive aperture. L’undici ad esempio dovrebbe essere il turno dei negozi al dettaglio, mentre attualmente solo farmacie e supermercati sono operativi”.
Passeggiate e sport all’aperto non sono mai stati in discussione: “Volendo, si può uscire e anche per la spesa non ci sono limitazioni. Nei market adesivi sul pavimento segnalano i percorsi e alle casse i dipendenti sono protetti col plexiglass”. Il vero problema sono state le mascherine: “Ce n’erano pochissime, esclusivamente per ospedali e presidi sanitari. Fino a domenica scorsa non se ne trovavano nemmeno a pagarle oro. Solo negli ultimissimi giorni la situazione si è un po’ sbloccata, anche se i prezzi restano altissimi e tra un negozio e l’altro si passa con facilità da un euro a tre. L’unica soluzione è limitare al massimo gli spostamenti”.
Il Paese d’altronde resta fra i più colpiti, con tassi di letalità superiori all’Italia: “I numeri peggiori non sono nella Capitale, che tutto sommato ha retto bene, ma in Vallonia e nelle Fiandre – spiegano – Le statistiche sono influenzate molto dal basso numero di tamponi. Si sono privilegiati i sintomatici e i casi più gravi, quindi, il totale dei deceduti è proporzionalmente elevato. In Belgio la sanità è pubblica e, ad essere onesti, per la nostra esperienza funziona bene”. Non resta, allora, che farsene una ragione e cercare di sconvolgere il meno possibile abitudini consolidate: “Io lavoro da casa – dice Tommy – e gli infrasettimanali sono piuttosto occupati. Il giovedì sera mi vedo in videocall con i colleghi e trascorriamo un’ora a fare aperitivo e giochi di società. Ogni settimana uno diverso, la scorsa è toccata a me proporre il passatempo: un puzzle”. Laura si dedica al francese: “La scuola che frequentavo fa lezioni ed esercitazioni on line. Manca il rapporto umano, eppure il metodo funziona. Nell’ultimo test, il risultato è stato eccellente”. E poi c’è l’allenamento: “Andiamo in palestra e ben prima di questa situazione erano previsti corsi sul web. Nessuna occasione migliore per cominciare a metterli in pratica”. Ci si arrangia, insomma, ma sempre col sorriso, perché pensare positivo, in fondo, non costa nulla, ma aiuta a sentirsi meglio.