MESSINA – Termina con cinque condanne e un’assoluzione il processo, in primo grado, di fronte la seconda sezione penale di Messina, sul concorso pilotato alla facoltà di Farmacia e suull’approriazione di somme dal fondo economale.

Dovranno essere inoltre risarciti l’università di Messina, con 10 mila euro e il candidato che aveva raggiunto il punteggio più alto con 50 mila euro.

Tutte le condanne:

sette anni, invece, per l’ex preside di Farmacia, Giuseppe Bisignano (assolto per due capi d’imputazione), sei anni per il professore ordinario di Microbiologia e Microbiologia chimica, Giuseppe Teti (assolto per un capo di imputazione), quattro anni per il gestore dell’economato, Cesare Grillo, un anno e sei mesi per l’allora delegata del rettore, Maria Chiara Aversa, un anno invece per il docente di Biochimica dell’università di Catania, Giuseppe Nicoletti. Stralciata la posizione di Sandro Ripa dell’università di Camerino.

Per Teti e Bisignano interdizione perpetua dai pubblici uffici per la durata della pena. Per i primi due e per Grillo anche estinzione del rapporto di lavoro con la Pubblica amministrazione. Grillo, che è stato anche interdetto per 5 anni dai pubblici uffici dovrà risarcire di 10 mila l’università di Messina. Aversa, Bisignano e Teti dovranno pagare invece 50 mila euro alla parte civile, Salvatore Papasergi, candidato che aveva ottenuto il punteggio più alto all’epoca ,danneggiato dai favori tra docenti per il concorso. Pena sospesa e non menzione della condanna per Aversa e Nicoletti.  Gli imputati rispondevano a vario titolo di peculato, concussione, abuso d’ufficio e falso.

“Sei anni dell’avvio delle indagini, poi il rinvio a giudizio e quatto lunghi anni di udienze – commenta l’avvocato di Tomasello, Nino Favazzo –  nel corso delle quali il nome del professore Tomasello è stato pronunciato solo dal cancelliere, nello scorrere l’elenco degli imputati. Questi i numeri di una vicenda su cui oggi il Tribunale di Messina, ha posto la parola fine, assolvendo l’ex Rettore con formula ampia, per non aver commesso il fatto. Un esito atteso e favorevole che non cancella, però, la “pena” che ogni processo, per il sol fatto di celebrarsi, infligge.”

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