MESSINA. Riceviamo e pubblichiamo un contributo dei Radicali Messina, associazione “Leonardo Sciascia”, sull’utilizzo  della cannabis terapeutica. Una riflessione che trae spunto dalla notizia del primo paziente in Sicilia ad aver mai ottenuto il farmaco gratuitamente.

La consegna è di alcuni giorni fa ed è avvenuta all’ospedale “Piemonte” di Messina che ha ricevuto il preparato da una farmacia convenzionata. Sono stati consegnati 45 grammi di infiorescenza, in tutto 90 capsule, a una messinese che da tempo combatte con la sclerosi multipla. È la prima volta che viene applicato in Sicilia il decreto che è stato firmato circa un anno fa dall’assessore alla Salute, Ruggero Razza, sulla cannabis terapeutica e che dà la possibilità di utilizzarla nella terapia del dolore, a carico del Servizio sanitario regionale.

Di seguito la nota integrale:

Da un anno, infatti, un decreto dell’assessore regionale alla sanità stabilisce che i pazienti affetti da dolore cronico, dolore neuropatico e spasticità da sclerosi multipla possono  accedere alla terapia a spese del servizio sanitario, come avviene ormai da tempo in diverse regioni d’Italia.
Il decreto dell’assessore Ruggero Razza, decreto tardivo e troppo cauto se confrontato  ai tempi e agli orientamenti di altre realtà regionali, ha dato comunque nel 2020 una prima risposta utile ad attivare tutto  il processo  amministrativo che finalmente consente oggi per la prima volta ad struttura pubblica siciliana di consegnare  il primo lotto di cannabis al primo paziente siciliano che, superati i tanti paletti posti, ne ha diritto.
Un ‘primato ‘ che oggi, nel 2021, viene a un anno dal decreto e a oltre due anni dall’istituzione del tavolo tecnico tra assessorato e associazioni di cittadini affetti da patologie gravi e invalidanti che da tempo rivendicavano, anche per i pazienti siciliani, lo stesso trattamento riservato agli italiani di altre regioni evidentemente più solerti nel garantire ai propri cittadini il diritto ad una terapia riconosciuta e regolamentata dallo Stato nel 2007.
Una terapia efficace, che si è rivelata meno invasiva di altre, anch’esse a carico del servizio sanitario, nel trattamento di patologie che vanno dall’insonnia alla cefalea cronica, dall’epilessia infantile alla psoriasi fino alla fibromialgia, alle diverse forme di sclerosi o a malattie come Alzheimer o Parkinson; una terapia che allevia inoltre gli effetti collaterali più pesanti delle cure chemioterapiche o di quelle antiretrovirali.
Come radicali, da mezzo secolo impegnati nel rimediare ai danni causati dalla demonizzazione della cannabis con la conoscenza, la corretta ‘informazione e con innumerevoli azioni di disobbedienza civile, consideriamo importante questo primo passo per almeno due ragioni:
a) si è azionata la procedura amministrativa che porta ad effetto il dettato del decreto: questo fornisce ai medici e ai vari enti pubblici le indicazioni sul percorso da seguire per garantire la fornitura gratuita di cannabis ai malati che ne hanno diritto;
b) a partire da qui, può allargarsi a macchia d’olio la campagna di conoscenza e di corretta informazione sulle terapie a base di cannabis promossa negli ultimi anni dai malati con le loro famiglie, da medici anche veterinari, da farmacisti e da associazioni di pazienti che con l’esercizio della disobbedienza civile hanno assicurato a moltissime persone in tutta Italia una terapia negata da 1) leggi troppo restrittive; 2) carenza di disponibilità sul mercato internazionale cui ricorriamo per la gran parte delle forniture; 3) insufficiente produzione interna del farmaco, affidata nel 2015 allo Stabilimento Chimico Farmaceutico militare di Firenze.
Quanto sin qui detto ci induce alle seguenti considerazioni:
a) La cannabis è un’opzione terapeutica che può dipendere certamente dalle esigenze del paziente, dalle scelte del medico e dalle conoscenze che entrambi hanno intorno al farmaco e alle leggi che ne regolamentano l’uso; ma può anche dipendere da fattori esterni imposti sia da una cultura e da una legislazione proibizioniste, sia dai monopoli produttivi che dettano legge decidendo gli attori e stabilendo quantitativi e prezzi.
b) Dunque, se da un lato l’inserimento di nuove patologie nell’elenco di quelle finora ammesse ad accedere al farmaco, che sia a pagamento o a carico del servizio sanitario, è ormai una priorità per i cittadini malati e per le loro famiglie; dall’altro  la produzione dello stesso farmaco – una produzione diffusa sul territorio nazionale e non concentrata in una regione soltanto – col suo supporto al fabbisogno interno e l’auspicabile diminuzione dei costi potrebbe esserlo invece per le casse pubbliche.
c) A proposito di corretta informazione, va osservato che nel servizio andato in onda su rai3 Sicilia si vede la paziente assumere la cannabis aspirandola da una sigaretta. La  cosa non deve sorprendere: pur non raccomandato dai medici, questo metodo viene utilizzato da diversi pazienti, spesso già fumatori, perché più rapidamente efficace; del resto, fino agli inizi del secolo scorso era possibile acquistare in farmacia ‘sigaretti’ alla cannabis specifici per curare l’asma e altri disturbi respiratori. Mostrare in un servizio televisivo pubblico quel metodo di assunzione può indurre però a credere che sia quello l’unico, quando invece la gran parte dei pazienti ne utilizza altri, decisamente più opportuni: dalla vaporizzazione tramite dispositivi acquistabili presso farmacie e sanitarie, alla somministrazione nella specie di oli, compresse, cristalli o altri preparati galenici forniti sempre dalle farmacie.
d) L’entusiasmo suscitato da questo piccolo importante primo passo non può e non deve oscurare tuttavia il fatto che oggi, in Italia: 1) curarsi con la cannabis comporta ancora troppe difficoltà e lungaggini burocratiche per i malati come per i medici e i farmacisti; 2) lo Stato non riesce a reperire quantitativi di farmaco sufficienti a garantire la continuità terapeutica (tanto per fare un esempio, la paziente messinese ha ricevuto solo 45 dei 90 grammi di cannabis previsti dal suo piano terapeutico; 3) sono sempre di più i pazienti che – non ricevendo gratuitamente il farmaco dal servizio sanitario e non potendolo pagare di tasca propria – per non rivolgersi al mercato illegale decidono di coltivare poche piante e vengono per questo arrestati.
e) Come sosteniamo ormai da decenni, la legalizzazione della cannabis è la soluzione che abbiamo a portata di mano per riparare i danni del proibizionismo: incoraggerà  la ricerca scientifica, e non solo nel settore medico-farmaceutico; regolamenterà un mercato dominato al  momento  dalle organizzazioni criminali, incrementando le entrate fiscali e controllando la qualità dei prodotti; farà diminuire la popolazione carceraria, snellirà una quantità enorme di procedimenti giudiziari e amministrativi, solleverà le forze dell’ordine da operazioni inefficaci a contrastare il traffico illegale (i sequestri di stupefacenti costituiscono appena il 10% delle sostanze in circolazione) e inutilmente dispendiose.
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