MESSINA. Non cessa la guerra intestina tra i commissari liquidatori di Atm ed i revisori dei conti, che si inserisce in quella più ampia tra nuova gestione, vecchia gestione, e opposizione politica. Che stavolta si è coalizzata, coi revisori dei conti a fare da “quinta colonna”. Il campo di battaglia? La procedura di liquidazione della vecchia azienda speciale Atm, e la trasformazione in Atm Spa.

Qualche giorno fa, il Movimento 5 stelle aveva proposto un’interrogazione e un atto di diffida sulle procedure di liquidazione, sulla scorta di una pesantissima nota da parte del laboratorio di partecipazione politica MessinAccomuna (al cui interno ci sono esponenti della scorsa amministrazione), in cui si sosteneva che senza un piano di liquidazione approvato dal Consiglio comunale sarebbe vietata ogni azione di gestione non ordinaria: tipo l’asta per la vendita dei mezzi pubblici, proposta dai liquidatori per far cassa e pagare i creditori.

La risposta dei commissari liquidatori Piero Picciolo, Roberto Aquila e Fabrizio Gemelli è lunga quanto una geremiade: “La procedura di liquidazione messa in atto è conforme alla legge e rispetta tutti gli interessi legittimi dei creditori”, è il riassunto. E’ il come ci si arriva che è molto lungo e dettagliato. “Specifichiamo che, avendo appieno condiviso l’interpretazione fornita del segreterio generale del Comune di Messina in sede di presentazione ed approvazione del piano di liquidazione, questa commissione nel tutelare gli interessi dei creditori, ha definito l’ambito civilistico nel quale la liquidazione dell’azienda deve essere ricondotto, ovvero gli articoli 2489, 2490 e 2491 del Codice Civile, ed ha applicato le regole previste per la liquidazione delle società di capitali.  Gli articoli 2278 e 2280 del codice civile stabiliscono inoltre  che il comportamento dei liquidatori deve tutelare gli interessi dei creditori sociali, vietando al liquidatore di ripartire tra i soci, anche parzialmente, i beni sociali. “Se pure semplicemente enunciato – proseguono i commissari  liquidatori – quale vulnus, ma non espressamente rilevato, si fa presente tra l’altro, che la sola apposizione della firma di Pietro Picciolo sul bando del 29 aprile 2020 (impropriamente definita asta pubblica) consegue alla sua qualità di R.U.P. espressamente attribuitagli con la deliberazione della commissione dei liquidatori, correttamente sottoscritta da tutti i componenti.
Incoerente inoltre appare la disamina sulla inapplicabilità delle procedure concorsuali di concordato e fallimento essendo espressamente statuito dalla normativa vigente l’assoggettabilità delle aziende speciali alla procedura di liquidazione coatta amministrativa, percorso che come anche dichiarato dagli esponenti è stato avviato, come per legge, dalla commissione dei liquidatori in data 17 dicembre 2019. La vendita dei beni mobili registrati di proprietà della Atm in liquidazione è necessaria ed indifferibile e non avrebbe dovuto né potuto essere sottoposta alla valutazione del consiglio comunale per i seguenti motivi.
La disposta cessazione dell’esercizio provvisorio del trasporto  pubblico locale e dei servizi connessi comporterà la inapplicabilità del contratto di servizi con il Comune, il quale non potrà corrispondere a tale titolo alcun importo, e pertanto ne consegue che, non procedere alla vendita dei detti beni,  avrebbe comportato un illegittimo aggravio di costi per tassa di possesso, assicurazione, manutenzione oltre ad un inevitabile deperimento degli stessi e dei relativi componenti conseguenti alla inutilizzabilità e pertanto possono rientrare nella definizione di beni soggetti “a facile deperimento” (melius certa svalutazione ).  E’ opportuno evidenziare che il bando di gara è supportato da una valutazione dei beni affidata ad un tecnico terzo che ha redatto una attenta perizia di stima”.
“Stupisce  inoltre l’approssimazione con la quale dopo avere fatto peraltro una asserita rappresentazione tecnico legale sulla disciplina relativa alle aziende speciali. Attribuendosi competenze giuridiche ( sebbene i riferimenti normativi attengano alla disciplina delle aziende speciali in fisiologia e comunque viene richiamata normativa già abrogata), gli esponenti abbiano la necessità di verificare se la procedura di licenziamento collettivo avviato dalla Atm in liquidazione debba ritenersi sospesa o meno in virtù della disciplina vigente che sarebbe sufficiente leggere e che prevede all’art. 46 del DPCM 18 del 17 marzo 2020 la sospensione interviene “….per le procedure pendenti avviate successivamente alla data del 23 febbraio 2020.
Con riferimento alla considerazione relativa a ciò che potrebbe accadere dal 1° giugno 2020 “due aziende pubbliche (………) non in grado di esercitare legittimamente il servizio di Trasporto pubblico locale in città” si rappresenta che tale evenienza non potrà verificarsi salvo a porre in essere gli atti proposti dagli esponenti, i quali oltre ad essere in evidente contrasto con la manifestata volontà dell’ente comunale, comporterebbero di fatto uno ostruzionismo, un aggravio di costi ed un inspiegabile conflitto fra due enti di natura pubblica comunale”.
Non sono dello stesso avviso i revisori dei conti: in una lettera a sindaco, e consiglio comunale, invitano a ritirare il bando di vendita all’asta dei mezzi Atm (che i liquidatori ritengono “necessaria ed indifferibile”) perchè violerebbe l’articolo 50 dello statuto comunale, secondo cui ogni variazione patrimoniale dell’azienda dovrebbe essere approvata dal consiglio comunale con modifica del piano di liquidazione (mentre i liquidatori sostengono che “non avrebbe dovuto né potuto essere sottoposta alla valutazione del consiglio comunale”). Piano che è stato bocciato dal consiglio comunale stesso, e che ha provocato nei liquidatori la “rappresaglia” della richiesta di liquidazione coatta. Che però la regione ancora non ha concesso. In sostanza, secondi i revisori, quel bando va annullato in autotutela, annunciando “opportune denunce” nelle sedi competenti.
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