MESSINA. “Dopo dieci anni la mia paura più grande si è materializzata: il fuoco è entrato a Villarè”. È quanto scrive sui social Marzia Villari dell’Azienda Agricola Villarè, colpita ieri da un incendio.

“É entrato sí, non è nato dentro l’azienda, e ha colpito la parte più alta, dove crescono i peri e i meli, piante giovani che ci hanno appena donato i loro primi frutti. È lì che il fuoco ha mangiato, dopo essersi fatto strada tra rovi, erba alta, campagne abbandonate, e non in luoghi lontani ma dentro la città, a pochi passi dal Policlinico e dalle case”, spiega.

“Quando parlo dell’agricoltura come strumento di rigenerazione urbana, intendo proprio questo. Immaginate, se quelle campagne fossero state curate, coltivate, avessero ospitato progetti di agricoltura sociale. Immaginate orti, frutteti, terrazzamenti: spazi vivi, sostenibili, in equilibrio con la natura. È questo che l’agricoltura può fare: addomesticare territori e paesaggi: ma ancora oggi, nel 2025, non abbiamo imparato a valorizzare questo grande strumento di rigenerazione. E il fuoco, lasciato libero di espandersi, diventa famelico, invade anche i luoghi curati, quelli amati e protetti”.

“Abbiamo perso i peri. Eppure – prosegue – il giorno prima avevamo raccolto i primi frutti: tre anni di attesa, tre anni di attenzioni, che almeno ci hanno regalato la gioia di assaggiarli. Villare non è mai stata abbandonata: noi siamo sempre lì, ogni giorno, a prendercene cura. E se oggi si è salvata è proprio perché qualcuno c’era. Perché qualcuno ha avuto il coraggio di correre verso le fiamme, di usare quei modesti strumenti che aveva a portata di mano, come l’impianto di irrigazione per bagnare, difendere, resistere. Per questo dico grazie: grazie a mio padre, per l’amore e il coraggio. Grazie a chi ha sentito la puzza del fumo ed è corso a dare aiuto. Grazie ai vigili del fuoco che hanno risposto subito alle mie telefonate disperate, quando temevo che il fuoco arrivasse fino a colpire gli animali della fattoria. Ma non basta ringraziare. Dobbiamo batterci di più per la nostra terra, per la nostra città. Non esiste solo il centro urbano, esistono anche le campagne intorno che rendono Messina unica. Quelle stesse campagne che oggi vengono abbandonate all’incuria, senza un tagliafuoco, senza una gestione minima.
E alla fine, a chi lotta ogni giorno, viene detto: “La prossima volta, fallo tu.” E sì, la prossima volta lo farò io. Non possiamo più raccontarci di essere sulla strada della transizione ecologica se prima non impariamo a prenderci cura del territorio. La rigenerazione urbana inizia dalle periferie e dal verde che le circonda. Oggi il danno economico non conta: conta la ferita morale. Vedere bruciare piante “vive” per colpa di chi non ha rispetto dela comunità e per i luoghi in cui abita. Eppure, nonostante la rabbia e l’amarezza, rimane la certezza che Villarè continuerà a lottare. Perché l’agricoltura è questo: resistenza, cura, amore per la natura e per il territorio. Con amarezza, ma anche con tanta determinazione”.

 

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