MESSINA. Una marea umana, stretta nella memoria, unita dalla rabbia dentro e dagli abbracci fuori, sospinta dalla speranza che nessuna debba mai più morire come è morta Sara Campanella, vittima di femminicidio, uccisa da un ventisettenne e dal suo morboso desiderio di possesso, in una pozza di sangue a qualche decina di metri dalla facoltà che frequentava. Una marea umana che si è riunita nel cortile dell’università di Messina e poi ha preso possesso della via Cesare Battisti e si è ritrovata a piazza Municipio, scendendo in piazza per una causa che non ha avuto colori, padrini e sponsor, solo lacrime e ira, ma anche amore e speranza.
Nonostante la manifestazione fosse stata organizzata dall’università di Messina, e vedesse la presenza della rettrice Giovanna Spatari, del sindaco di Messina Federico Basile, della prefetta Cosima di Stani, di numerose autorità e rappresentanze di università di Catania e Reggio, a prendere la parola sono stati i giovani: studenti, amici, compagni di corso e di facoltà, rappresentanti delle associazioni e del senato accademico, tutti coetanei di Sara Campanella, tutti increduli di fronte a una morte troppo ingiusta, con ancora il ricordo dell’assassinio di Lorena Quaranta che ancora brucia sulla pelle di una comunità come un’ustione che si sperava non potesse più accadere. Tutti consapevoli che a volte è solo un caso se la sua stessa sorte non è toccata a loro, ma convinti che il problema vada affrontato alla radice, in maniera ferma, senza sconti, senza deviazioni, e che non sia soltanto una faccenda di codice di procedura penale, tribunali, polizia, giudici e avvocati, ma una questione culturale ed educativa.
Le parole sofferte e pronunciate con un filo di voce dalla madre di Sara Campanella (qui il video) sono state la testimonianza di chi ha subito il colpo più terribile che la vita possa sferrare, sopravvivere ai propri figli, con una vita davanti a domandarsi, senza mai trovare una risposta, “perchè”: un fardello solo in parte alleviato da una comunità, quella solitamente apatica messinese, che le si è stretta accanto. E’ forse questo il miracolo che ha compiuto Sara Campanella, vittima di un brutale istinto di dominio, di un “amore” che di amore non ha nulla, di una violenza che nasce da lontano e cresce invisibile, come un tumore: aver risvegliato la coscienza sopita di una città, una comunità che ha silenziosamente risposto “presente”. Nella speranza che domani si guardi al prossimo con rispetto, empatia, coraggio, inclusione e amore, quello vero: e non sia più necessario organizzare fiaccolate. Per nessuno.