MESSINA. È il giugno del 2008, più di undici anni fa. A Rimini va in scena l’ultima giornata del campionato di Serie B tra i padroni di casa ed il Football Club Messina. Il match termina con un mesto tre a zero. È solo l’ultimo scorcio di una stagione anonima, deludente, e l’epilogo di anni infausti per il calcio giallorosso.
Doppia retrocessione dalla Serie A – un record rimasto imbattuto – e anonimato in cadetteria. Nessuno lo avrebbe immaginato, eppure quel passaggio avrebbe rappresentato solo l’inizio della fine. Al termine di quella stagione arriva il primo fallimento targato Franza, cui ne seguiranno altri negli anni a venire con protagonisti che nulla hanno da invidiare al cast di una serie tv.
Diatribe col Comune per lo stadio “San Filippo”, nel frattempo diventato un “Franco Scoglio” che continua a perdere pezzi come una cattedrale nel deserto, allontanano anche l’ombra di possibili progetti di investimento all’orizzonte. Quelli annunciati dalla famiglia Franza, per intenderci. Diatribe ancora esistenti, peraltro, e che il sindaco De Luca, come confermato proprio ieri pomeriggio in tribuna stampa, spera di dissolvere con la pubblicazione “entro dicembre” del bando per la concessione di 99 anni degli impianti sportivi cittadini (che era stato annunciato come “imminente” a febbraio scorso).
E così il vuoto e la D. I cambi di denominazione ed il ritorno all’acronimo Acr. Anche qui annate anonime condite dalla breve parentesi del patron Lo Monaco e da stagioni entrate nel mirino della giustizia sportiva per personaggi e risultati quantomeno preoccupanti.
Poi il Città di Messina, diventato quest’anno Football Club Messina, e la voglia di altri imprenditori di investire nel calcio in città, senza però sporcarsi le mani con la squadra che avrebbe dovuto rappresentare l’unicum anche in termini di popolarità.
Guerre tra poveri (di risultati) ancora in atto. Con l’epilogo di ieri, quando l’Acr Messina è stato sconfitto per tre reti a zero proprio dai concittadini del Football Club Messina, che lo ha anche agguantato in classifica a quota 14 punti. Mentre il Palermo, con 10 vittorie consecutive nelle prime 10 di campionato, vola in classifica.
Siamo nell’ambito del fantacalcio, ma un passaggio vogliamo spenderlo in tal senso, consci che il calcio si pratichi con il pallone in campo e non con i se e i ma spesi in tribuna e al termine dei match. La somma dei punti delle due squadre avrebbe permesso di essere a sole due lunghezze dalla capolista indiscussa del torneo. E non è un pensiero che non può essere passato nella mente di tanti appassionati.
Un’unica società, con l’unione di forze economiche e vision imprenditoriali – sulle quali per il momento preferiamo non aggiungere altro – avrebbe permesso di riportare allo stadio, con costanza, i quasi 3000 messinesi che, in una giornata di pioggia, hanno optato ancora una volta per una scelta di cuore occupando curva e tribuna del “Franco Scoglio”, le uniche zone dello stadio aperte al pubblico, per un insignificante match di quarta serie.
Unica società che avrebbe significato non solo unione di intenti tra privati ma anche evidente appoggio da parte delle istituzioni cittadine, mai davvero interessatesi al calcio in riva allo Stretto se non ai tempi dei riflettori e della visibilità della Serie A.
Nella giornata di ieri il calcio a Messina è stato violentato per l’ennesima volta. E con le dimissioni di tutta la dirigenza dell’Acr al termine della partita e l’annunciato ridimensionamento imposto dalla famiglia Sciotto per la terza, consecutiva, stagione fallimentare, forse per l’ultima.
Bisogna prenderne atto, stavolta senza se e senza ma: in queste condizioni, con i continui personalismi dei protagonisti chiamati in causa in ogni ambito fino a questo momento, a Messina il calcio è morto. O forse, a distanza di undici anni, semplicemente non è mai resuscitato.