Di Armando Donato

La conquista dell’aria e il conseguente utilizzo in guerra della “terza dimensione”, condussero gradualmente gli Stati Maggiori delle grandi potenze a studiare quale impiego effettivo potessero avere le nuove macchine volanti sui campi di battaglia.

In questo contesto si inquadra la morte in azione del tenente Manlio Candela, nato a Santo Stefano Medio dalla signora Antonietta Martino, vedova Candela e sorella del quattro volte sindaco di Messina Antonino Martino, padre del futuro ministro Gaetano Martino del quale l’ufficiale era cugino primo. In servizio da circa un anno, Candela promosso tenente, alla data del 1 gennaio 1917 risultava inquadrato nella 11a squadriglia Caproni (modello 300) dell’ VIII gruppo squadriglie aeroplani (11a , 85a e 116a squadriglie), partecipando a molte rischiose missioni di bombardamento e ricognizione fotografica. La 11a squadriglia fu formata nel 1916 su richiesta specifica del Comando Truppe Italiane in Albania al Ministero della Guerra. Il compito era quello di assicurare la difesa dei territori in quel settore effettuare missioni di attacco e bombardamento contro obiettivi nemici Non essendo ancora pronto il campo di Valona, la squadriglia fu inizialmente dislocata in quello di Grottaglie (gestito dalla R. Marina). Nell’agosto dello stesso anno l’unità seppur incompleta si trasferi in volo nel nuovo campo di Molini di Tahiraga presso punta Tameok, sotto il diretto controllo del XVI Corpo D’Armata (ten. generale Bandini, poi Ferrero). Nel 1916 la squadriglia effettuò 22 voli di guerra e 29 nel 1917. Nel 1918 a causa delle condizioni atmosferiche fu possibile effettuare le prime missioni ad aprile e maggio. A luglio invece il numero delle attività si intensificò notevolmente. Il 6 luglio, a poche settimane dalla fine della seconda battaglia del Piave, si verificò la tragedia in cui morì il giovane tenente Manlio Candela.

Il Ca n 4164 con equipaggio: piloti tenente Magnocavallo e asp. ufficiale, Boeri; osservatori – mitraglieri capitano Giuliano e tenente Candela, scortato da caccia italiani e inglesi, si alzò in volo per bombardare il campo nemico di Fleri. Si trattava della terza missione nello stesso giorno. Ultimato l’attacco l’aeroplano sulla rotta di ritorno verso Valona, a quota 700 metri fu attaccato dalla caccia nemica e colpito perse quota. I piloti tentarono di mantenere il controllo del velivolo planando per avvicinarsi al suolo e atterrare. Tuttavia l’aereo prese fuoco a causa dei serbatoi perforati dal mitragliamento ed esplose uccidendo tutto l’equipaggio.

L’attività della 11ma squadriglia continuò le attività con personale ridotto, concludendosi per tutto il 1918 con 43 voli di guerra e vari encomi e decorazioni. In totale effettuò 94 voli di guerra con 6 caduti sul campo dell’onore,1 medaglia d’oro al VM, 4 d’argento, 8 di bronzo e 3 croci di guerra.

La morte del tenente Candela fu comunicata l’8 luglio dal comandante della squadriglia capitano Livi al Comando Superiore di Aeronautica, il cui comandante maggior generale Bongiovanni avvisò la famiglia inviando le condiglianze. Nel contempo egli ordinava al Comando di gruppo di preparare un dettagliato rapporto sull’accaduto e al Comando del XVI corpo d’armata di utilizzare non più di due ufficiali per gli equipaggi dei Caproni.

Intanto la madre e il fratello, dopo alcune lettere scritte il 31 ottobre ai rispettivi comandanti della squadriglia e del gruppo, il 2 dicembre inviarono una ennesima missiva direttamente al generale Bongiovanni, chiedendo chiarimenti sull’accaduto. Nella lettera si contestavano le cause non chiare della morte del congiunto, il cui aereo in un primo rapporto era stato indicato come arbitrariamente uscito fuori rotta e per questo divenuto facile bersaglio della caccia nemica, nonostante la scorta di un caccia inglese e tre italiani, accusati di non essere intervenuti per evitare l’accaduto. La madre inoltre lamentava il fatto che suo figlio nonostante tanti mesi di onorato servizio spesso in condizioni di salute non ottimali, quel giorno si era offerto volontario sostituendo un collega senza che nessun superiore lo avesse impedito. In ultimo fece richiesta di traslare la salma dal cimitero di Valona a quello di Messina.

L’8 dicembre Il generale Bongiovanni rispose dichiarando di aver ordinato all’ VIII gruppo di inviare tutte le informazioni nonostante non esistessero rapporti dettagliati, in quanto l’unico testimone che volava (cioè lo stesso capitano Livi, divenuto nel frattempo comandante interinale del gruppo) su un altro aereo, era a sua volta caduto in azione qualche giorno dopo, e il comandante successivo non aveva preso in considerazione una risposta. Inoltre affermò che per motivi di guerra nulla era possibile fare riguardo la traslazione della salma.

Il 14 dicembre il Comando dell’ VIII gruppo replicò al generale Bongiovanni affermando di aver già risposto alle lettere della vedova Candela e del fratello, inviando un rapporto sui fatti. Il 14 dicembre il Comando dell’ VIII gruppo inviò una ultima lettera alla vedova Candela, indicando le motivazioni per le quali non si era potuto impedire al figlio insieme agli altri componenti dell’equipaggio, di offrirsi volontari, ovvero per evitare che il diniego sistematico di tali richieste inibisse lo spirito dei volontari stessi e dei commilitoni. Il Comando inoltre confutò le affermazioni circa un combattimento tra un caccia inglese e un nemico, affermando che il Caproni del figlio si era allontanato deliberatamente isolandosi e non potendo quindi essere raggiunto in tempo dalla scorta. In accoglimento della richiesta fatta dal comandate dell’ VIII Gruppo, il tenente Candela fu decorato di medaglia di bronzo al Valore MIlitare con la seguente motivazione:

“Candela Mario, da Messina, tenente osservatore 8° gruppo aeroplani 11a squadriglia Caproni.Osservatore di aeroplano e ardito. Eseguiva numerose ricognizioni e bombardamenti sulle linee nemiche, rientrando più volte con l’apparecchio colpito. Con le azioni da lui portate a termine dava continua prova di singolare valore e di grande forza d’animo, anche nelle più gravi contingenze. Di ritorno da un contrastato bombardarmento, al quale volontariamente aveva preso parte, attaccato da un caccia avversario e colpito nella impari lotta da numerose scariche di mitragliatrice nemica, precipitando con l’apparecchio in fiamme trovava la morte. Cielo d’Albania 6 luglio 1918″.

 

Già durante quegli anni si era dunque compreso l’elevato potenziale dell’aereo quale nuovo mezzo fondamentale e risolutore in guerra. L’allora tenente colonnello Douhet, strenuo sostenitore della netta superiorità dell’aereo rispetto al dirigibile, affermava che il principale scopo delle forze aeree fosse la conquista del dominio dell’aria in modo da esplicare le azioni sugli obiettivi nemici a terra A partire in particolare dal 1917, i mezzi aerei furono impiegati a massa e utilizzati nel campo strategico con compiti di distruzione materiale e morale. Lo scopo era quello di agevolare l’azione bellica principale dell’esercito. Secondo l’autorevole parere del generale britannico Smuts a seguito dell’attacco tedesco su Londra nel giugno 1917, il bombardamento aereo si poneva quale nuova dimensione per la condotta della guerra, talmente potente da rendere secondarie e subordinate le azioni militari e navali. Lo stesso Smuts consigliava azioni di contrattacco mediante forze da bombardamento appositamente formate e gestite da preposti comandi indipendenti.

Anche l’Italia si era nel frattempo adeguata alla novità del più pesante dell’aria. Nel 1907 fu fondato a Roma il primo Club Aviatori a cura del maggiore Moris, capo sezione aeronautica della Brigata Specialisti del Genio. La prima scuola di pilotaggio fu inaugurata nel 1910, mentre le esercitazioni con compiti di osservazione nell’agosto del 1911. Spetta all’Italia il debutto nella storia circa la mobilitazione dell’aviazione sia per la ricognizione che per il bombardamento. Infatti nell’ottobre 1911 (conflitto italo-turco) la 1a flottiglia aeroplani di Tripoli compì i primi voli al mondo in zona di guerra con i capitani Piazza e Moizo, seguiti dai primi esperimenti di lancio di bombe del tipo Cipelli, a cura del tenente Gavotti. Nel 1913 fu istituito l’Ispettorato Aeronautico presso il Ministero della Guerra e due anni dopo nacque il Corpo Aeronautico e fu promossa l’Istruzione per l’impiego delle squadriglie aviatori.

Nel 1915 l’aviazione fu dunque costantemente utilizzata per azioni di ricognizione e attacco in territorio nemico, acquisendo nel tempo sempre maggiore consistenza e importanza per la condotta della guerra, tanto da essere decisiva per il successo delle operazioni a terra, in modo particolare durante le ultime fasi del conflitto. All’inizio della guerra l’aviazione Italiana possedeva 91 piloti e 20 osservatori, con altri 200 piloti in corso di addestramento e 86 velivoli suddivisi in 4 squadriglie, ciascuna composta da 5 aerei con uno o due di riserva. Già durante l’offensiva dal 17 agosto al 15 settembre 1917 le azioni e il numero dei mezzi italiani utilizzati erano cresciuti enormemente, tantoché ogni giorno operavano oltre 200 aerei e dirigibili, furono sganciate circa 99 t di bombe sugli obiettivi e abbattuti 52 aerei nemici.

La sconfitta di Caporetto aveva coinvolto anche l’aviazione, costretta a ritirare velocemente le 17 squadriglie negli aeroporti dietro il Tagliamento e poi il Piave. Stabilizzata la situazione, il 20 novembre la forza disponibile ammontava a 59 Squadriglie e 2 sezioni per un totale di 378 velivoli. L’impiego dell’arma aerea con tutti i servizi sussidiari ricevette nuovo impulso e fu avviata verso il massimo sfruttamento per la ricognizione, la caccia e il bombardamento. Esemplificativo lo sforzo dell’industria, che nel 1918 riuscì a produrre 6488 aeroplani. Anche le tattiche di combattimento furono aggiornate e adeguate alle esigenze. La principale era quella di acquisire e mantenere il dominio dell’aria attraverso l’impiego a massa (più pattuglie e più squadriglie contemporaneamente)

Nel marzo 1918 l’Ufficio Servizi Aeronautici fu abolito a favore del Comando Superiore d’Aeronautica. Il 23 giugno si era conclusa la seconda battaglia del Piave col fallimento dell’ultima grande offensiva austraungarica. Ciò consentì al Comando Supremo Italiano di organizzare l’ultima grande offensiva, il cui successo porterà alla definitiva sconfitta nemica.

Bibliografia

Enti di conservazione

Archivio Ufficio Storico Aeronautica Militare, Roma Faldone Prima Guerra Mondiale Busta 077, fascicoli 150, 151,152,153, 154, 155, 156, 157 Busta 113, fascicoli 734,739

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LUCA
LUCA
12 Luglio 2020 8:59

BELLISSIMA E COMMUOVENTE STORIA

Teresa Broccio
Teresa Broccio
13 Febbraio 2022 21:54

Mia nonna, Giuseppina Martino, era cugina prima di Antonietta Martino, la mamma di Manlio. Nella tragedia generale della guerra la perdita di questo ragazzo ventenne in circostanze così terribili fu un vero fulmine . Mia nonna ne parlava spesso e aveva anche un libro contenente fotografie di Manlio. Che riposi in pace, povero ragazzo.