MESSINA. Un fulmine a ciel sereno: che tale non è, per chi avesse ascoltato con attenzione le conclusioni delle sei ore di seduta d’aula di ieri, in cui il consiglio comunale ha bocciato la proposta di presa d’atto del piano di liquidazione (provocando una sconfitta politica dell’amministrazione di Cateno DeLuca), perché era abbastanza chiaro che lo “sgarro” da parte dell’aula, De Luca avrebbe risposto con una mossa a sensazione. Che è arrivata stamattina, sotto forma di richiesta da parte dei commissari liquidatori di Atm Pietro Picciolo, Roberto Aquila Calabrò e Fabrizio Gemelli di “dichiarazione di liquidazione coatta amministrativa”.

Che non è, come da semplificazione “social” del sindaco, una dichiarazione di fallimento, perché l’Atm, risulta esclusa dall’ambito di applicabilità della procedura fallimentare (in realtà anche la liquidazione coatta amministrativa lo sarebbe, in quanto procedura concorsuale assoggettata al diritto fallimentare …). Proprio per l’incompatibilità tra le finalità della gestione di un servizio pubblico essenziale e gli effetti tipici del fallimento, le normative civilistica (art. 2221 c.c.) e fallimentare (art. 1) prevedono per gli enti pubblici economici un’espressa esenzione dall’applicazione delle disposizioni in materia di fallimento e di concordato preventivo, sottoponendoli alla liquidazione coatta amministrativa, come stabilito dalla Corte dei conti della Campania nel 2018.

La necessità improcrastinabile della procedura concordataria, scrivono i commissari, deriva perché, scrivono, “non è ipotizzabile procedere ad una liquidazione volontaria in assenza del supporto dell’Ente Comunale, assenza conclamata dalla disapprovazione del piano di liquidazione”. Qui arriva il primo interrogativo: se, ha spiegato il sindaco, il voto di ieri non ha alcun effetto sul percorso di liquidazione dell’azienda trasporti, come da parere della segretaria generale Rossana Carrubba, perchè e in che maniera i tre liquidatori legano la decisione di procedere alla votazione che ha bocciato la presa d’atto del piano?

Poi le tempistiche. Se è vero, come scrivono i liquidatori, che si sono riscontrate “gravi irregolarità nella gestione e amministrazione, reiterate violazioni di norme di legge, stato di insanabile insolvenza”, come mai non si è proceduto sin da subito con la liquidazione coatta? La liquidazione votata un anno fa, in sede di SalvaMessina, non sana le insolvenze economiche, e non pone rimedio alle violazioni di legge, quindi perché il provvedimento arriva dopo un anno, se le condizioni erano insanabili e “scolpite nella pietra”?

Tra le righe della dichiarazione dei liquidatori, riportata dal sindaco, emergono altre circostanze singolari: tra i destinatari, per esempio, non c’è la sezione fallimentare del tribunale di Messina, che potrebbe essere chiamata a pronunciarsi sull’argomento, perchè la liquidazione coatta amministrativa si potrebbe aprire anche con una sentenza che abbia accertato lo stato d’insolvenza (che attualmente non c’è, e che deve essere dichiarata da un tribunale, e che è stata “evocata” dai commissari che parlano esattamente di “stato di insanabile insolvenza”). Tra l’altro, la richiesta di stato di insolvenza, e la successiva dichiarazione, permette  di poter applicare le norme sulla responsabilità penale, che De Luca ha spesso invocato, parlando di Atm. Sono invece presenti, tra i destinatari, i due dipartimenti regionali (Attività produttive e Trasporti, insieme al presidente della Regione Siciliana) che sono le autorità amministrative che dovrebbero nominare il commissario liquidatore che seguirà la procedura.

Poi, si parla di “inadeguatezza dei fondi messi a disposizione nell’esercizio dell’attività”. Essendo un ente strumentale del comune di Messina, è Palazzo Zanca che dovrebbe provvedere alla dotazione finanziaria necessaria per portare avanti le attività dell’Atm (non per ripianarne i debiti). Ieri, CatenoDe Luca ha prodotto un documento in cui denunciava con grande enfasi la contrazione nei trasferimenti da parte del Comune verso l’Atm, prevista nel pino industriale redatto dalla precedente governance di Giovanni Foti (presidente) e Gaetano Cacciola (assessore ai Trasporti della giunta di Renato Accorinti). Contrazione che effettivamente esiste, ma che è motivata dall’incremento previsto nei ricavi dello sbigliettamento, e dei contributi regionali sui km percorsi da bus e tram, che determinano un impegno finanziario decrescente, nell’arco del decennio, a carico del Comune.

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