MESSINA. Una contaminazione estesa su tutta la zona tra idrocarburi, metalli, diossine. È il risultato del documento riassuntivo ufficialmente chiuso oggi, del piano di caratterizzazione della Zona Falcata. Le attività, partite da ottobre 2018 dopo l’accordo tra l’Autorità Portuale dello Stretto e l’Università di Messina, hanno portato tra il 2020 e il 2021 a un’analisi che ha permesso di conoscere nel dettaglio le “linee guida tecniche” di tutti i contaminanti presenti nella zona. Lo studio sottoposto anche all’Arpa, servirà all’Autorità di Sistema per poter valutare i costi della bonifica.

Le analisi svolte negli ultimi due anni nella Zona Falcata e nelle aree circostanti hanno portato a galla metalli sullo strato più superficiale del sito e idrocarburi e diossine di vario genere nel suolo più profondo. I contaminanti sono stati ritrovati anche nelle acque del sottosuolo (che però si depuravano più velocemente per un processo naturale) e nei sedimenti marini, che non presentano biotossicità, quindi nessun livello di rischio.

Quali potrebbero essere le conseguenze? In tutta l’area c’è un alto livello di rischio cancerogeno, soprattutto nell’Ex Degassifica, andando a decrescere.

«I risultati delle analisi – ha spiegato Mario Mega, presidente dell’ADSP-sono serviti a creare una ricostruzione tridimensionale (che tiene in considerazione anche delle analisi di Arpa) della situazione della contaminazione in tutta l’area. La zona non tornerà ad essere industriale ma sarà dedicata alla permanenza continua delle persone, questo ovviamente ha comportato delle attenzioni particolari (devono essere rispettati standard maggiori). Ancora non si può entrare nei progetti, questa fase serve a determinare in maniera più certa i costi delle bonifiche nelle varie aree. Da piano regolatore portuale, poi, tutta l’area per due terzi è interessata da un vincolo archeologico determinato dalla real cittadella, obiettivo anche riportare l’edificio alla sua originaria bellezza.»

«Da piano regolatore portuale, poi -sottolinea Mega- tutta l’area per due terzi è interessata da un vincolo archeologico determinato dalla real cittadella, obiettivo anche riportare l’edificio alla sua originaria bellezza. Di tutta l’area manca lo studio dell’area dell’Ex Eurobuker perché quando sono cominciate le analisi era ancora in concessione della vecchia società concessionaria»

«Oggi- continua Mega- abbiamo il quadro chiaro: la zona è contaminata. Chiederemo l’isolamento totale dell’area. Noi con la realizzazione delle recinzioni nel 2020 abbiamo impedito la continuazione dell’utilizzo ddell’area come discarica. Chiederemo a chi ha competenza sanitaria di valutare l’isolamento totale fino alla bonifica»

Per lo studio di fattibilità l’Autorità di Sistema e Unime hanno incaricato anche Sogesid, che ha svolto in una prima fase l’incarico di direzione delle indagini. Adesso, invece, svolge lo studio di fattibilità del progetto (azioni che l’Università non poteva svolgere perché non rientrano nei compiti del terzo settore).

«È la dimostrazione che se le istituzioni parlano, le cose si fanno. Credo che dobbiamo lavorare nell’interesse della città e dei cittadini.»

Dopo l’approvazione del piano di caratterizzazione da parte dell’assessorato (quindi la spiegazione di cosa si deve fare per capire se il sito è contaminato) è partita la fase due. «Si tratta – spiega la Professoressa Candida Milone, coordinatrice del gruppo- di 17 ettari di zona falcata in cui si sono susseguite nel tempo una serie di attività che ne hanno determinato la vita futura. Le indagini hanno riguardato suolo, acque sotterrane e sedimenti marini, sono stati campionati e caratterizzati anche a livello tossicologico anche i sedimenti marini dell’area antistante la zona Falcata. Alle attività di analisi sono state aggiunte attività attorno all’area che ci fanno avere una fotografia generale»

«Si tratta di un sito contaminato, non c’è un rischio rilevante sulla permanenza, fuori dal sito, invece, non c’è nessun rischio» spiega Milone

Come sono state svolte le analisi? In tutto sono stati campionati 177 campioni si suolo, 25 di acqua sotterranea a 30 di sedimenti marini, il risultato sono 15mila determinazioni analitiche per suolo e sottosuolo, 2mila per le acque sotterranee e 2.500 per i sedimenti marini.

 

 

 

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