Non è bello parlare di opportunità quando ancora si contano morti, disoccupati e attività economiche in difficoltà a causa di un evento drammatico. E’ un approccio che ci piace poco, ma è pur vero che la storia insegna come di fronte a certi spartiacque si è sempre  ripartiti e spesso con scatti evolutivi positivi.
A toglierci da questa impasse arriva il soccorso del sommo filosofo – Jurgen Habermas –  che a proposito di quello che stiamo vivendo non parla di opportunità ma della necessità di una risposta costruttiva  a questo shock che ci ha investito. Habermas, purtroppo per lui non è cresciuto mangiando granite con i piedi a mollo nello Stretto, parla quindi di Europa e del futuro  del nostro continente. Noi de Lo Stretto Digitale che siamo più fortunati ma anche più modesti  ci occupiamo di individuare queste risposte costruttive per la nostra più piccola e bellissima area dello Stretto di Messina.

Ne abbiamo individuate tre di risposte  costruttive che hanno il digitale come comune denominatore.  
Più che risposte potremmo definirle azioni o Re-Azioni non rimandabili,  aree sulle quali agire, formarsi ed investire. Si tratta di E Commerce, South Working e Smart Working. Ci scusiamo per i fastidiosi inglesismi, purtroppo hanno questo impagabile vantaggio della sintesi.
Vediamo quindi perché si tratta di temi così importanti e cosa serve per farne una risposta costruttiva alla tempesta che il 2020 ha portato sullo Stretto come nel resto del mondo.

  • 1) E-commerce : Ovvero del comprare i prodotti che ci piacciono, da chi ci piace a prescindere da dove siamo e della necessità di trovare facilmente qualcuno che ce li venda.

I numeri della crescita del commercio online  sono stratosferici. Anche i più restii si sono dovuti arrendere durante la quarantena. Tantissime persone nel mondo hanno provato per la prima volta tra marzo e aprile, molti una volta provato stanno continuando a fare acquisti online. Superato il blocco psicologico evidentemente si apprezza la comodità, il risparmio e la possibilità di scelta ed è sempre più naturale acquistare prodotti e servizi online. Pensiamo al potenziale inespresso di un territorio come lo Stretto con eccellenze nella enogastronomia o nel vivaismo per limitarci agli ambiti più tradizionali, centinaia di migliaia di expat in giro per il mondo ed altrettanti turisti di passaggio che conoscono e apprezzano questi prodotti. Di fronte ad una domanda potenziale enorme, ed ad un sistema logistico-infrastrutturale che di fatto oggi permette di vendere prodotti (ma anche servizi) a tutto il mondo, l’offerta è ancora scarsa. Sono poche le realtà dello stretto in grado di sfruttare questo canale.

Prima risposta costruttiva: investire per creare le competenze e la cultura per vendere i propri prodotti e servizi in tutti il mondo. Tutte le realtà imprenditoriali, artigianali, gli studi professionali devono avere al loro interno figure in grado di mettere in campo un’offerta che sia accessibile a tutto il mondo, non solo al cliente locale. Facciamolo, Formiamoci e restiamo! (a vendere online)

 

  • 2) South Working: Ovvero del Lavorare stabilmente da dove ci piace e del perchè non è che basta prendere un aereo verso sud per farlo seriamente.

In questi mesi in molte grandi città del mondo, tanti uffici sono chiusi. Molte persone non sono tenute a vivere in città o a raggiungerla quotidianamente. Molti uffici riapriranno a gennaio (o più avanti) e sono in corso lavori per rimpicciolirli.   Si è capito insomma che si può fare. Certo non in una forma così estrema, ma si può consentire alle persone di lavorare per lunghi periodi a centinaia di km di distanza. Anche in questo caso la piaga della fuga dei cervelli diventa una inaspettata risorsa per aree come la nostra. Lo Svimez approfondirà la questione nel prossimo rapporto, ma statistiche a parte il fenomeno è già chiaramente visibile. Bisogna attrezzarsi per cogliere e mettere le persone nelle migliori condizioni per lavorare o studiare da questo benedetto South!! Esistono dalle nostre parti spazi di lavoro e studio in grado di attrarre lavoratori di passaggio che magari vogliono trascorrere un mese con vista sulle Eolie lavorando per un’agenzia con sede a Dublino o Amburgo?
Perchè South Working non vuol dire tornare a lavorare da eremita nella stanzetta a casa di Mamma, con la connessione altalenante e con i vicini ei nipoti che ti trapanano le orecchie. Vuol dire creare spazi adeguati e stimolanti che attraggono persone e diventino un polo per questi lavoratori di passaggio (ma a lungo termine).  Ci sono le condizioni e c’è la domanda potenziale (le risorse umane che rientrano), manca l’offerta di spazio. Non lavorarci adesso sarebbe davvero un peccato.

Seconda risposta costruttiva: Trovare degli spazi attrezzati e attrattivi per portare tante persone di diversa estrazione ed in molti casi di grande valore a lavorare tante settimane all’anno in questi spazi. Creare un ambiente del genere e costruirci una serie di servizi accessori intorno può diventare una leva enorme per riportare valore nel territorio. Difficile aspettarsi che lo faccia un’amministrazione o un ente pubblico in tempi rapidi e con risultati adeguati. Mano al portafogli e chi ha voglia si faccia avanti.

 

  • 3) Smart Working Ovvero Lavorare organizzando la giornata come preferiamo e limitando gli spostamenti e del perchè, come tutte le cose nuove, va fatto seguendo regole nuove. 

Anche i più paleolitici dei datori di lavoro avranno notato una cosa incredibile in questi mesi di smart working forzato: I lavoratori migliori e più brillanti hanno continuato a portare risultati migliori e brillanti. I lavoratori svogliati hanno continuato a trascorrere le giornate su Facebook e produrre poco e male.

Chi potrà, difficilmente tornerà ad una presenza fisica per 5 o 6 giorni a settimana e con orari di ingresso e di uscita fissi.  E’ antieconomico e poco funzionale sia per i dipendenti che per i datori di lavoro. Una estensione dello smart working è una benedizione in grandi città con grandi distanze, ma non è da trascurare in realtà più piccole come Messina e Reggio Calabria caratterizzate da traffico congestionato, mezzi pubblici di trasporto inaffidabili, flussi rilevanti di persone dalla provincia al capoluogo (o tra Messina e Reggio). Abbiamo anche qui un fenomeno sdoganato ed in crescita ed una resistenza culturale che si va sgretolando. Ma fare Smart Working non significa solo dire ai tuoi collaboratori vieni in ufficio quando e come ti pare. Bisogna farlo e gestirlo con modi e competenze adeguate.

Terza risposta costruttiva: Investire su una cultura della smart working. Lavorare da remoto,  implica competenze digitali spiccate, dimestichezza con strumenti, linguaggi, gestione di tempi e risorse. Una serie di conoscenze diverse da quelle che abbiamo maturato nella nostra esperienza  di lavoratori in presenza. Anche in questo caso la formazione digitale non è più rimandabile.

 

Curiosi di leggere i vostri commenti e le considerazioni su questi spunti. Vi aspettiamo ad i pross

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