MESSINA. Dodicesima puntata (qui le altre puntate) della rubrica che spiegherà ai messinesi perché il rione, il quartiere o la via in cui vivono si chiama come si chiama: un tuffo nel passato della città alla ricerca di radici linguistiche, storiche, sociali e culturali, che racconta chi siamo oggi e perché.

ZAERA: Rione, all’incrocio fra il viale Europa, e le vie Cesare Battisti e Catania.

Zaera è toponimo che, nella classica lettura storica, è riferito all’ampio pianoro alluvionale delimitato a occidente dalle prime pendici di Montepiselli, a oriente dalla contrada delle Moselle, a Nord dalle mura della città e a Sud dal ramo meridionale del torrente Camaro.

Il toponimo Zaèra – Ciaèra – Cièra ha la propria chiave di lettura nel termine siciliano cièra, seggia, seggiola. È infatti questa la chiave di lettura proposta da Girolamo Caracausi nel Dizionario Onomastico della Sicilia (1994) che a proposito di Zaera scrive: «[…] cfr. sic. cera, ciera ‘sedia’, ant. Sic. chayeri oy segi, da francese antico chaiere, chiere, zaere, a sua volta dal latino cathedra». Si è dell’avviso –  in conclusione – che il nome Zaèra (Ciaèra, Cièra) indichi e ricalchi il toponimo Largo Seggiola, che ne costituirebbe  il primario nucleo storico.

La trascrizione Chaerie (1419) è leggibile in una bolla che ratifica la donazione al Capitolo della Cattedrale di un orto in contrata Chaerie (Regesti delle pergamene dell’Archivio Capitolare di Messina, 1275-1628). Sia Francesco Maurolico nel Sicanicarum Rerum Compendium (1562) che Tommaso Fazello nella Historia di Sicilia (1573), indicando i villaggi di Messina, scrivono Zaera. Giuseppe Carnevale nella Historia et Descrittione del Regno di Sicilia (1591), elencando i casali di Messina, ricorda La Chaira.  Placido Samperi (1644) registra la dizione più popolare: «Contrada che chiamiamo della Ciaèra […]». Il palermitano Francesco Ambrogio Maja (Isola di Sicilia passeggiata, 1682-1687) ricorda Cièra come primo tra i «Casali doppo di Messina dalla parte verso mezzogiorno». Lo storico Rocco Pirri nella Sicilia Sacra (1733) cita, più volte, il toponimo messinese Ciaèra.  Nel Dizionario Topografico della Sicilia Vito Amico (1757) riporta invece la scrittura Cièra.

Emerge l’indifferente reciproco scambio e la perfetta equivalenza delle tre dizioni Zaèra – Ciaèra – Cièra, e la prima di esse, Zaèra, si evidenzia piuttosto come versione emendata dal vernacolo.  La più antica lettura etimologica è quella di Giuseppe Bonfiglio che in Messina Città Nobilissima (1606), rifacendosi alla trascrizione popolare Ciaèra spiega che «[…] il nome indica come qui fu la città primieramente», ovvero “là era”, avvalendosi della coeva scoperta di antichi insediamenti abitativi sulle prime pendici collinari di Montepiselli e nella bassa valle del Camaro. Caio Domenico Gallo nell’Apparato agli Annali (1745) manifesta tuttavia il proprio dissenso sulla spiegazione del Bonfiglio per il quale «[…] la voce Zaèra importi lo stesso che la città un tempo colà era, o già era in quel luogo». L’accezione del Bonfiglio è comunque accettata dagli storici successivi che nulla aggiungono alla compressione del toponimo.

Una singolare spiegazione dell’etimo venne formulata, ai primi del ‘900, da Carmelo Grassi da Motta Camastra, cultore di storia locale, che in una sua pubblicazione (1905) espresse la congettura sull’origine araba che rimanda al nome della città araba Zahara. Eppure tale curiosa convinzione fu benevolmente commentata nel VI volume della prima serie dell’Archivio Storico Messinese (1905). Più di recente Pietro Bruno, direttore dell’Archivio Storico del Comune negli anni ’60, ebbe modo di criticare la curiosa etimologia data da un anonimo studioso messinese che, nel corso di una tavola rotonda in tema di storia patria, indicò che Zaèra così era detta dal greco classico dià ghèrra, ovvero ‘attraverso le capanne’, essendo, a suo dire, quella contrada caratterizzata in epoca classica dalla presenza di numerose capanne. Questa spiegazione venne poi sostenuta dallo studioso Vincenzo Sardo Infirri (forse l’anonimo interlocutore indicato dal Bruno) in una sua pubblicazione pubblicata postuma (1994).

Dal punto di vista urbanistico è di definizione cinquecentesca come spiega Giuseppe Bonfiglio (Messina città nobilissima, 1606) che lo cita, con Luscinie, S. Deo e Porta Reale, come uno dei coevi quattro borghi della città.  La borgata è tuttavia di strutturazione più antica, essendosi definita sulla arcaica forcella delle due Vie. Il Dromo o Rua magna, naturale proseguimento, da meridione, della via Consolare Valeria, subito dopo avere superato il torrente S. Cecilia, si biforcava in due assi viari: il primo, quello pedemontano, definito da Placido Samperi (Iconologia, 1644) il Dromo grande, sfiorava la chiesa dello Spirito Santo e, oltre la Porta Imperiale, entrava decentrato nella città continuandosi nella via dei Monasteri; il secondo, subito più a valle, costeggiava il complesso del monastero della Maddalena e, attraverso la porta del Siniscalco, poi della Giudecca e di Laviefuille, penetrava nel cuore della città. Il nucleo storico della Zaera, Ciaèra o Cièra, incuneato nella immediatezza delle due Vie a Sud e delle mura cinquecentesche a Nord, tra i due poli architettonici e religiosi dello Spirito Santo e della Maddalena, rimanda al largo Seggiola.

 

Contributo  già pubblicato dall’autore sulla rivista “Messina Medica 2.0”

A cura di Carmelo Micalizzi, medico e scrittore. Classe 1953, ha pubblicato un centinaio di saggi, articoli e contributi sul territorio dello Stretto. Particolare riguardo ha dedicato alla Toponomastica storica peloritana e alla Storia della Fotografia messinese (dalle origini al 1908). Ha dato alle stampe due monografie su Antonello da Messina (2016, 2018). Cura la rubrica “Questioni di Lingua” per «Messina Medica 2.0», rivista on line dell’Ordine dei Medici della Provincia di Messina.

 

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Alessandra
Alessandra
8 Dicembre 2019 16:36

Complimenti per i suoi scritti… ha saputo ricucire quel filo fra presente e passato che nella nostra città è forse più sottile che altrove… la mia curiosità resta però per il mio quartiere, Provinciale, pensa di dedicargli un articolo nei prossimi appuntamenti?