MESSINA. “Gravi criticità emerse nell’attribuzione dei Bonus Spesa ai nuclei familiari meno abbienti, attraverso la piattaforma denominata Family Card”. È quanto segnala l’associazione Idea Messina, che ha presentato una richiesta di intervento urgente al Prefetto di Messina Maria Carmela Librizzi, all’assessore alle Politiche sociali Alessandra Calafiore e al responsabile del Dipartimento Salvatore De Francesco, chiedendo che venga adottato il criterio integrativo dell’accertamento “sostanziale” della condizione familiare dei richiedenti attraverso l’ufficio dei Servizi Sociali.

Fra le richieste: Rendere noto ai tutti i soggetti esclusi dal beneficio la possibilità di dimostrare la propria reale condizione familiare; accertare che tutte le famiglie in stato di bisogno, già supportate e/o monitorate dagli assistenti sociali, abbiano presentato istanza ottenendo il riconoscimento dei “Bonus Spesa”; e l’istituzione di una “mappa dei bisogni e delle criticità sociali”.

“Come è noto – sottolinea il presidente Rosita Capano – con l’OCDPC n. 658 del 29 marzo 2020, il Capo del Dipartimento della Protezione Civile stanziava circa 1,7 milioni di euro da impiegare in misure urgenti di solidarietà alimentare. Per determinare i soggetti aventi diritto, il Comune di Messina ha sviluppato una piattaforma on-line che basandosi sul criterio formale delle ‘risultanze anagrafiche’ fotografate al 28 febbraio 2020 ed in base a un’auto dichiarazione attestante l’assenza di reddito, ha distribuito in tempo reale migliaia di buoni spesa. L’unico controllo ha riguardato l’eventuale percezione di sostegni pubblici (cassa integrazione, RDC, pensione, ecc.), mentre nessun paletto è stato adottato in riferimento alle disponibilità economiche del richiedente”.

“Purtroppo – si legge nella nota – poiché il ‘nucleo familiare’ è stato verificato solo attraverso il criterio della residenza/stato di famiglia, sono state automaticamente escluse dal sistema tutte quelle situazioni nelle quali, spesso per cause di forza maggiore, la posizione del nucleo familiare non risulta aggiornata presso l’anagrafe. Ciò si è verificato specificatamente per tutti i richiedenti risultati ancora formalmente componenti di un nucleo familiare dove si rileva un reddito, i quali non hanno ottenuto i benefici a cui hanno diritto. Si tratta di famiglie disgregate che abitano in immobili senza regolare contratto di locazione o che, anche per cause indipendenti dalla loro volontà, non hanno potuto formalizzare il cambio di residenza. I loro componenti hanno di frequente un basso livello di scolarizzazione, sopravvivono di lavoro irregolare e sottopagato, hanno lasciato il nucleo originale per motivi conflittuali. Non mancano le situazioni di violenza contro la donna e l’intero nucleo familiare, che hanno determinato provvedimenti restrittivi emessi dall’Autorità Giudiziaria a tutela delle parti offese. Alcuni casi coinvolgono minori di cui ne è conteso l’affidamento e/o la collocazione ed è in atto l’intervento dei Servizi Sociali”.

“Eppure è chiaro – prosegue Capano – che il ‘nucleo familiare’ ai sensi e per gli effetti dell’art. 3 comma 1 del DPCM 5 dicembre 2013, n. 159 non coincide necessariamente con la ‘famiglia anagrafica’ ed il carattere di eccezionalità e temporaneità dell’intervento disposto dalla Protezione Civile Nazionale impone comunque, proprio a tutela dei nuclei familiari più esposti, un accertamento sostanziale dello stato di bisogno dei richiedenti. Non riteniamo accettabile che famiglie invisibili ed estremamente disagiate, possano essere abbandonate in una congiuntura così drammatica”.

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