Riceviamo e pubblichiamo un contributo sulla giornata di ieri da parte della sociologa Domenica Farinella*.
Di seguito il testo integrale:
Telecronaca di ieri: nelle prime foto la situazione ieri intorno alle 17 allo svincolo di Santa Lucia… una cappa di nebbia e fumo, un incendio preoccupante ma comunque ancora gestibile nella campagna dietro le case che costeggiano il lato sinistro di via comunale; foto successive: l’incendio si allarga a dismisura sia per il vento (questo “sconosciuto”) che per il mancato intervento… non ci sono mezzi, le squadre sono tutte impegnate altrove: la provincia brucia, la Sicilia brucia, e le risorse sono (chi lo avrebbe mai immaginato!?!) insufficienti per affrontare questa emergenza. Risultato: per ore tutta la montagna di Santa Lucia brucia, le fiamme colpiscono alcune case singole, minacciano condomini interi, solo alle 10 di sera arrivano i pompieri. Questo vicino a me, ma nei colli e a ridosso della zona Nord della città lo stesso scenario aveva già un giorno di anticipo, e sembra la fotocopia di quello che sta accadendo in tante altre parti del territorio siciliano.
Cosa resta: una ferita paesaggistica forse insanabile in un’area già martoriata, un danno economico incalcolabile per chi in quelle campagne ha investito (aziende e famiglie), una assurda esposizione al rischio per larghe porzioni di cittadini e di operatori.
E non raccontateci che è una tragica fatalità. Questo è l’esito, scontato e prevedibile, di una mancata programmazione, di una totale incapacità gestionale, sia sul breve che sul medio e lungo termine. Le colpe sono politiche e devono assumersele chiaramente il governo regionale e, in subordine, quello nazionale. Non raccontatela come un evento estremo, una tragica fatalità talmente eccezionale da non essere calcolabile… perché questa, signori e signore, è la telecronaca, surreale, di un disastro annunciato: da oltre due settimane si attende caldo record… puntuale il caldo arriva: 50 gradi per giorni di fila, una cappa irrespirabile ci avvolge tutti. Da buoni siciliani sappiamo che in queste condizioni la campagna, specie quella incolta, è una miccia pronta ad esplodere, soprattutto se il vento “tira”. Eppure niente… in quei giorni tutto tace sul piano politico e amministrativo, quello di chi può ed ha il dovere morale di intervenire per tempo per prevenire eorganizzare, chiedendo risorse e mezzi straordinari in modo da evitare quello che molti cittadini comuni temevano e che è successo. Niente, sul piano amministrativo e del governo del territorio si aspetta inermi che tutto fatalisticamente si compia, mentre opinionisti e giornalisti intervengono sul “caldo record” e danno consigli sull’andare al mare per “rinfrescarsi” e su come evitare i colpi di sole (farebbe ridere se l’esito non fosse quello che conosciamo!). Non basta neanche il secondo campanello di allarme: incendio (allucinante) all’aeroporto di Catania, dinamiche da chiarire, situazione che si aggrava di ora in ora (ieri si parlava di un ritorno alla normalità soltanto da metà agosto) e ancora una volta discussioni fantomatiche pour parler del tipo “i turisti non verranno mai più!“, “stagione rovinata!”; poi inizia a bruciare Palermo e nel giro di due giorni l’inferno, aeroporto di Palermo chiuso, isolamento e disagi per tutti, incendi e focolai che scoppiano ovunque, Per noi messinesi, habitué degli incendi estivi, uno scenario mai visto per la sua capillarità distruttiva: nella provincia le immagini della chiesa di Tindari avvolta dalle fiamme, Oliveri evacuata, autostrada bloccata; in città i colli in fiamme, Messina avvolta da ieri da una cappa di nebbia, caldo e fuliggine, un grigiore irreale che rende l’aria irrespirabile e si aggrava nel pomeriggio e in serata, quando gli incendi divampano in più punti della città e la gente che per evitare di intossicarsi è costretta a tapparsi in casa, con un caldo insopportabile e spesso senza corrente elettrica.
Oggi al risveglio tiriamo le somme ed è una devastazione. Letteralmente. E la rabbia monta a partire da una domanda retorica: era evitabile un disastro di queste proporzioni? Si. Lo dico con cognizione di causa: ad esempio, ieri se qui si fosse intervenuto per tempo, se ci fosse stata almeno una squadra libera per contenere i primi focolai, l’incendio sarebbe rimasto circoscritto! E lo stesso ragionamento vale anche per altre parti del territorio!
L’amarezza mi porta ad altre considerazioni. Dove è scritto che ogni volta dobbiamo arrangiarci? Dove è scritto che ogni volta bisogna sempre aspettare fino a quell’ultimo momento in cui mandiamo allo sbaraglio pompieri, forestali e altri soccorsi, sapendo che comunque sono sottodimensionati per affrontare una situazione del genere, sperando ipocritamente che non gli succeda niente, salvo poi dire che comunque “è il loro lavoro” e omettendo che è un diritto essere messi in condizione di svolgere il proprio lavoro in sicurezza? Dove è scritto che ogni volta bisogna sempre aspettare fino a quell’ultimo momento in cui si mettono inutilmente a rischio intere popolazioni, abbandonate tra le fiamme per ore? Quell’ultimo momento in cui il mio vicino è costretto a prendere una pompa di fortuna per bagnare il terreno antistante il condominio e spegnere le scintille portate dal vento che possono fare propagare le fiamme allo stabile, rischiando di intossicarsi con il fumo? Quell’ultimo momento in cui il contadino (per lavoro o per passione) si trova da solo a fronteggiare il fuoco che distrugge il suo lavoro e rischia, oltre alla vita, anche una sanzione amministrativa?
Perché il “prima” di questo ultimo “fatale” momento, quel “prima” che rappresenta lo spazio dell’intervento e del possibile, del programmabile, non esiste mai? C’è sempre il vuoto? L’inerzia e l’aspettare che il destino fatalmente si compia… nonostante la storia si ripeta ogni anno e ogni anno peggiori? Perché nessuno si assume mai le responsabilità politiche di quello che succede? Io allora chiedo: cosa è stato fatto sul lungo periodo per potenziare la capacità di intervento e di gestione degli incendi e per la messa in sicurezza del territorio? Cosa è stato fatto sul medio periodo? Cosa è stato fatto sul breve periodo, cioè a partire da quando i metereologici ci hanno informato che si sarebbe assistito ad un’ondata di caldo “anomalo”? Chi è stato manchevole? E cosa si prevede di fare ora per evitare che le zone incandescenti post-incendio riprendano fuoco? Cosa si progetterà di fare per il futuro, per evitare che si trasformi velocemente un’altra volta in quel famoso “ultimo momento prima del disastro”?
Avete il dovere morale, ma soprattutto politico, di dircelo, di prendervi le vostre responsabilità, di prendervi, una volta per tutte, gli oneri dell’amministrare e non solo gli onori. E per favore non venite a parlarci di autonomia differenziata, di risorse PNRR, di Ponte sullo stretto come panacee per un fantomatico “sviluppo”, quando non siete minimamente in grado di prendervi cura del territorio e della popolazione che lo abita. Non avete credibilità. E non abbiamo bisogno di ricordarvi per fantomatiche riforme, vi ricorderemo già in peggio per questo.
*Domenica Farinella, è professoressa associata di Sociologia dei processi economici e del lavoro all’Università di Messina, è componente dell’osservatorio Povertà e Risorse della Caritas diocesana che si occupa del report annuale sulla povertà a Messina ed è residente nella zona Sud della città. Tra i suoi temi di ricerca, informalità del lavoro e urbana, questione meridionale, sviluppo locale e rurale.
Complimenti. É necessario che si conducano sempre più disamine complete, che si facciano sentire più voci. Naturalmente questo tipo di analisi indica responsabilità e non piace perché questo é un Paese che va a disastri e spot