MESSINA. Una crisi irreversibile (strutturale, non contingente), e l’impossibilità di trovare una soluzione, se non guardando indietro a un passato che non tornerà mai più: è la situazione del commercio messinese, problema avvertito ormai in tutta Italia, ma che in città, date le caratteristiche socio-economiche (un territorio che vive di impiego pubblico e terziario, e che produce lo zero virgola qualcosa del pil cittadino, quando va bene), assume i contorni di un dramma. Eppure, nel calderone di proposte piuttosto rivedibili per tamponare l’emorragia di acquisti e compratori venute fuori dal consiglio comunale straordinario di due giorni fa, c’è chi, tra i commercianti, non si allinea e propone una voce fuori dal coro. Di seguito l’analisi di un imprenditore (che vuole rimanere anonimo), che commercia in categorie merceologiche molto diverse tra loro (alcune delle quali sul viale San Martino, altre in centri commerciali, altre ancora in altre città).

“La crisi del commercio è una cosa fisiologica, totalmente prevista e risaputa ormai da più di un decennio: quello che impressiona è la rapidità e l’accelerazione avvenuta negli ultimi due-tre anni. Ci sono moltissimi fattori che dipendono principalmente dai mutamenti dei consumatori che preferiscono spendere in “esperienze” piuttosto che in “beni durevoli”: se consideriamo che gli stipendi sono sempre uguali ed erosi dall’aumento dei costi energetici e dei beni primari, ci rendiamo conto di come la disponibilità a fare acquisti in genere si riduce. Questa è un’analisi generale, poi va considerato che il consumatore adesso preferisce la comodità d’acquisto piuttosto che l’esperienza d’acquisto, e infatti cresce l’online a prescindere dalla convenienza, perché è comodo e veloce, e calano meno le attività nei centri commerciali rispetto ai centri storici, semplicemente perchè sono più comodi. La gente si annoia a camminare con buste in mano e quando va nei centri storici preferisce passeggiare e sederci in qualche locale, per cui al massimo compra piccoli oggetti legati al mondo beauty, profumi, creme e cosmetici, che infatti sono l’unica categoria merceologica in crescita“.

Anche il panorama nazionale e internazionale (dal quale dipendono le grosse catene aperte anche in città), è sconfortante: “Le aziende del retail sono tutte in crisi, anche loro stanno avendo grosse difficoltà ad affrontare questi cambiamenti così rapidi, e le catene, soprattutto quelle di abbigliamento, stanno tentando di rispondere passando da una presenza capillare ad una concentrazione in negozi “hub” in location o centri commerciali potenti: nel futuro prossimo si assisterà a molte chiusure, come sta già avvenendo nel siracusano e nel ragusano, mentre Catania regge perchè favorita da fattori puramente geografici, perché è una piazza che serve Enna e la Sicilia orientale. Figurarsi come fanno i piccoli brand a restare aperti. Chi resta è solo perché le aziende contribuiscono alle spese di gestione fino al raggiungimento del break even point, e anche lo sviluppo diretto da parte delle aziende è bloccato”

“Per quanto riguarda Messina i problemi ovviamente sono amplificati dallo spopolamento e dall’età media sempre più alta dei residenti, oltre al fatto che dal punto di vista qualitativo la popolazione rimasta è piuttosto di basso livello socio culturale, e si percepisce da tutti i dati che vengono fuori, e non a caso abbiamo la più alta percentuale di inattivi d’Italia. Aggiungiamo che hanno tolto il reddito di cittadinanza che era a Messina un volano di reddito molto importante. Effettivamente i cordoli stanno contribuendo, ma sono l’ultimo dei problemi e comunque dovremmo a quel punto dare per normale parcheggiare sul viale San Martino, e non mi pare che fosse possibile farlo. Potrei essere più dettagliato ma non serve, ti dico solo che io ho figli a cui ho sempre detto che il mio lavoro sarebbe finito per cui li ho indirizzati da subito a pensare ad altro….confesso però che non credevo finisse così presto“.

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