MESSINA. Un medico ed un’infermiera sono stati assolti dall’accusa di omicidio colposo per la morte di Flavia Carciotto, una giovane deceduta il 31 gennaio 2011. La donna aveva problemi di cardiopatia e coronaropatia. Per due volte si era recata al pronto soccorso, ma dopo due ore di attesa era andata via senza sottoporsi alla visita. Tornata a casa, era morta.  Il giudice monocratico Fabio Pagana ha assolto Antonino Labate, medico curante, e Natalia Patanè, infermiera addetta al triage dell’ospedale Piemonte. Il medico era accusato di aver prescritto una terapia controindicata in un soggetto a rischio, mentre l’infermiera, secondo l’accusa, non aveva rilevato la gravità delle condizioni di salute della donna al momento dell’accettazione al Pronto Soccorso, dandole un codice verde.

Il 29 gennaio 2011,  alle 18,53 la donna si era presentata al pronto soccorso del Policlinico perché aveva nausea, dolore alle braccia ed alla gola. Fu registrata con codice giallo. Dopo due ore mezza di attesa, dal momento che si sentiva meglio, tornava a casa. Il giorno successivo,  accusando gli stessi sintomi della sera prima, aveva deciso di recarsi al pronto soccorso del Piemonte. Secondo i consulenti di parte civile, rappresentata dall’avvocato Anna Scarcella, tutti i sintomi accusati dalla donna e l’episodio del giorno precedente  avrebbero dovuto far pensare ad una ischemia. A diverse conclusioni, invece, è arrivata  la perizia disposta dal giudice nel processo che ha scagionato sia il medico che l’infermiera, difesi dagli avvocati Agatino Allegra e Rina Frisenda. I consulenti hanno stabilito che la terapia prescritta dal medico non è correlata con la causa della morte della donna e, per quanto riguarda l’infermiera, secondo i CTU “anche se l’infermiera avesse sottoposto a più attenta valutazione clinica  la paziente, il codice di triage attribuitole non necessariamente sarebbe stato differente”. Ed inoltre: “Il ricovero non avrebbe garantito il precoce riconoscimento e trattamento dell’evento fatale”.

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