MESSINA. Come mai la ex Banca di Roma e l’edificio della ex Cassa di Risparmio Vittorio Emanuele, acquistate dal comune di Messina con lo scopo di farli diventare il secondo Palazzo di Giustizia della città, sono costati così tanto? E’ l’interrogazione che il consigliere comunale del Pd Alessandro Russo ha rivolto all’amministrazione comunale, e verte su alcuni quesiti relativi alla valutazione di congruità dei prezzi di cessione e acquisto, alla valutazione dei costi di ristrutturazione e allo stato di avanzamento dei lavori, la cui fine era prevista entro 14 mesi dalla stipula del contratto  di acquisto

“L’amministrazione è addivenuta ad un accordo di compravendita per euro 16.200.000 per entrambi gli edifici“, scrive Russo nella sua interrogazione, aggiungendo che “il prezzo di acquisto pagato a Unicredit S.p.A., originaria proprietaria dei due edifici, da parte delle due società venditrici, è stato di euro, rispettivamente: 3.200.000 per l’edificio della ex Cassa di Risparmio Vittorio Emanuele e 600.000 per l’edificio della ex Banca di Roma”, e che “il parere di congruità per l’acquisto redatto per conto della società “Patrimonio Messina” da un architetto quantifica un valore di mercato, per i due immobili allo stato di fatto della redazione del proprio parere di congruità pari a, rispettivamente: 6.314.000 euro per l’edificio ex Cassa di Risparmio Vittorio Emanuele e 2.679.000 euro per l’edificio ex Banca di Roma”, e infine che “il parere di congruità del perito  riporta come congrua stima di prezzo post lavori di ristrutturazione le seguenti cifre: 11.300.000 per l’edificio ex Cassa di Risparmio Vittorio Emanuele e 5.829.503,40 per l’edificio ex Banca di Roma”.

Russo dall’amministrazione vuole sapere un bel po’ di cose: “Le motivazioni per le quali il valore di mercato dei due edifici sia stato valutato, in fase preliminare all’acquisto, con una quotazione per metro quadrato superiore a quella operata secondo le stime dell’O.M.I. dell’Agenzia delle Entrate per quella tipologia e destinazione di immobile. – Le ragioni per le quali la quotazione di vendita finale dei due edifici, che ha tenuto conto della valorizzazione conseguente alla ristrutturazione dei palazzi, sia stata accettata sulla base del parere di congruità che espressamente fa riferimento a criteri di calcoli tabellari e presunti genericamente riferiti a tipologie di lavoro e non sia stato invece effettuato un procedimento di validazione delle stime proposte sulla base di un computo metrico estimativo da parte di uffici tecnici dell’Amministrazione o della società “Patrimonio Messina”. – Se nel computo della superficie complessiva dei due edifici siano state comprese come “area commerciale” sfruttabile e/o utilizzabile ai fini di uffici giudiziari anche spazi dei palazzi non utilizzabili a fini di ufficio, come gli ambienti nel piano sotto strada dell’edificio ex Cassa di Risparmio Vittorio Emanuele. – Se le ditte venditrici hanno dato seguito alla richiesta di documentazione integrativa pervenuta negli scorsi mesi dal Genio Civile di Messina, come da loro comunicazione del 17 marzo u.s., che attesti la condizione di sicurezza e vulnerabilità sismica dei due edifici da destinare a secondo palazzo di giustizia. – Se le ditte venditrici hanno alla data odierna prodotto progettazione di adeguamento e ristrutturazione dei due immobili alla Soprintendenza BBCCAA di Messina al fine di avviare i previsti lavori nel rispetto del pregio storico e architettonico degli edifici interessati e se di tale progettazione sia pervenuta informazione all’Amministrazione. – Se, infine, i termini contrattuali dei quattordici mesi previsti all’atto di efficacia definitiva del contratto di acquisto per la consegna all’Amministrazione dei due edifici completamente riadattati e rifunzionalizzati per l’uso di nuovo palazzo di giustizia saranno rispettati stante l’attuale fase di non apertura dei cantieri in entrambe le strutture.

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