MESSINA. Ben prima di Robert Francis Prevost, anche Messina ha avuto un “suo” Papa, Leone II, l’unico pontefice nato in riva allo Stretto, che restò in carica meno di un anno.
A ricostruirne la storia, l’architetto Nino Principato:
“Nella via Garibaldi, dirimpetto al teatro Vittorio Emanuele, esisteva un tempo la famosa fonte del Pozzoleone, così detta in onore del papa messinese Leone II che in quei paraggi aveva la casa di abitazione. Nato nel 611, San Leone II fu il secondo dei cinque papi che ha avuto la Sicilia, successe ad Agatone e fu pontefice per meno di un anno, dal 17 agosto 682 al 3 luglio 683. Fu poi santificato dalla Chiesa, “siciliano, figlio di Paolo, eloquentissimo, nelle divine scritture sufficientemente perito, esercitatissimo nel greco e nel latino, nel canto e nella salmodia, più che scolastico pulito ed erudito; eccitatore di ogni opera buona, maestro piacevole e carissimo al popolo, amante della povertà e sommamente caritatevole” (Liber Pontificalis del 1955).
Uomo molto colto, le sue lettere furono così interessanti da essere unite a quelle dei Padri della Chiesa. Istituì, inoltre, “l’aspersione dell’acqua benedetta sul popolo” e “lo scambio del segno della pace” nella Santa messa, in uso ancora oggi nella Chiesa cattolica.
Fece restaurare la chiesa di Santa Bibiana nella quale fece trasferire i corpi dei santi martiri Simplicio, Faustino e Beatrice, e, San Giorgio al Velabro a Roma. Rifece, inoltre, l’importante accordo con la Chiesa di Ravenna, la quale rinunciò al privilegio, ottenuto nel 666 con l’Imperatore Costante II, di essere indipendente dalla Chiesa di Roma.
Nel 682 eresse in diocesi autonoma quella di Castro, in Puglia e nel 683 ordinò sacerdote il palermitano Sergio, che nel 687 divenne il terzo Papa siciliano col nome di Sergio I. Morì a Roma il 28 giugno o il 3 luglio 683 ed è sepolto in San Pietro (le sue reliquie, con quelle dei pontefici Leone I, III e IV, vennero traslate nella nuova basilica di S. Pietro sotto l’altare di S. Maria de Columna, alla presenza di Papa Paolo V il 27 maggio 1607). La sua festa si celebra il 3 luglio.
Placido Caraffa, nel suo libro “La chiave dell’Italia” del 1670, di lui così scrive:
“Vidde poi Messina l’Ecclesiastico Triregno sul capo venerabile di Leone Secondo Suo nobilissimo cittadino figlio di Paolo; che regnò nel Pontificato dieci mesi, e diecisette giorni; uomo di molta sperienza, Santità e dottrina: come può facilmente argomentarsi dall’opere, che ad utilità pubblica scrisse divinamente. Così non doveva all’illustrissima Zancla mancare questa prerogativa, d’essere fortunata Patria di Sommi Pontefici, ascritti nel catalogo de’Santi”.
Scrive lo storico messinese Caio Domenico Gallo nei suoi “Annali della Città di Messina” del 1758 che “nell’annus domini 682, essendo passato a godere la mercè dei beati Papa Agatone di Palermo, diede la Sicilia, anzi Messina, un altro Pontefice, questo fu S. Leone, eloquente ed instrutto nelle sacre lettere, perito nella greca e latina favella e nella musica, e amatissimo dei poveri. Egli fu figliuolo di Paolo, nobilissimo cittadino messinese.”.
Più recentemente, il professore Giuseppe Impallomeni, citando San Leone nelle sue opere scrive: “La figura di S. Leone si vede nel mosaico della Cattedrale di Messina assieme a Gregorio Magno sin dal 1298 […] Una porta della città a lui dedicata (una delle 18 porte dell’antica Palazzata) recava la scritta “Portam Leonam” e la data 1622. In sua memoria, il tratto di torrente dal mare al Viale Aranci, prese il suo nome. Un quartiere prese pure il suo nome, da Giostra al Boccetta”.
I familiari del Pontefice certamente furono messinesi e diedero origine al casato nobiliare dei Papaleoni. Giuseppe Buonfiglio e Costanzo, nella sua “Messina Città Nobilissima” del 1606, scrive: “Papaleoni, nobili antichissimi, la cui famiglia si estinse, come di simili e altre cose il tempo fura e consuma. Dicesi questa famiglia esser discesa da Papa Leone Messinese, e secondo di questo nome sedendo nell’anno 682.”.
Il padre Paolo ebbe un lascito di proprietà terriere nelle campagne dell’ennese e durante uno dei suoi viaggi conobbe la donna nativa di Aidone (Enna) che poi sposò. Proprio a questo paese si riferisce una leggenda ben radicata, conosciuta come “la maledizione di S. Leone”.
Si narra che una volta divenuto papa, Leone diede incarico di mandarla a prendere e condurre a Roma dopo che, rimasta vedova, era tornata nel suo paese d’origine, Aidone. Vestita di stracci a causa della sua povertà, il figlio pontefice appena la vide si arrabbiò al punto che maledisse gli abitanti di Aidone che l’avevano trattata in quella maniera e che nessun aiuto le aveva dato aiuto, pronunciando la frase: «scintini eritis in saecula saeculorum», cioè “sarete miserabili (“scintino” è una parola aidonese che indica un poveretto, uno che fa pena) e lo sarete per sempre”. Da allora la cittadina è avvolta dalla nebbia per molta parte dell’anno, che gli abitanti attribuiscono proprio alla maledizione di papa Leone II, e così avviene ancora oggi.
“Il nostro Signore Gesù Cristo è uno della santa ed inseparabile Trinità ed è composto di due e in due nature in modo inconfuso, indiviso” (S. Leone II, dalla lettera “Regi regum”)
Nino Principato