MESSINA. Tutto pronto stasera, giovedì 3 ottobre 2024, al Retronouveau per il concerto di Marta Del Grandi, finalista al Premio Tenco 2024 nella categoria Miglior Opera Prima. La cantautrice, di origini lombarde, cittadina del mondo, torna in Sicilia, dopo il live di quest’ estate all’Ypsigrock di Castelbuono, in occasione del suo tour autunnale nazionale nei club, per tre date che la vedranno impegnata a Messina nella serata di oggi, al Mercurio Festival a Palermo domani, 4 ottobre 2024, ed allo Zo di Catania il 5 ottobre 2024. Dopo aver studiato voce al conservatorio G. Verdi di Milano, ed aver proseguito gli studi presso il Royal Conservatory of Ghent, Marta Del Grandi ha intrapreso un percorso, personale e artistico, che l’ha portata a modellare la propria visione delle cose confrontandosi con culture lontane e meno lontane, dalla Cina all’India, passando dal Belgio fino al Nepal, abbracciando uno stile raffinato, contraddistinto da una continua ricerca, soprattutto timbrica, e incessante sperimentazione nell’ arte dell’arrangiamento, che include luoghi e suoni della musica jazz, raga, pop, blues, post rock, elettronica, trip-hop ed etnica. Tutto ha inizio nel 2016 quando fonda la sua prima band Martarosa, per poi darsi a progetti condivisi con Fossik Project e Mon Ensamble, fino ad arrivare, nel 2021, al suo primo progetto da solista, per l’etichetta britannica indipendente Fire Records, con la pubblicazione del suo album d’ esordio “Untile We Fossilize”, con atmosfere Lynchiane e arrangiamenti cinematici, a cui segue l’uscita il 20 ottobre 2023 di “Selva”, un disco di 12 tracce in cui l’artista si muove tra art rock, indie folk ed elettronica minimale. Marta Del Grandi è capace di alterare contaminazioni ritmiche e schegge elettroniche, modellare synth, voce e violoncelli, senza mai perdere l’attitudine jazzy, per un ascolto ai confini tra un etereo dream-pop ed un onirico folk-noise, il tutto accompagnato da una voce ipnotizzante e da un’incantevole presenza scenica. I versi sono pochi, la scrittura è essenziale, diretta e profonda, così come profondi, intrinsechi e ancestrali, sono i temi narrati e le domande retoriche che l’artista spesso si pone, l’idioma di regola è la lingua inglese, ma nell’ultimo lavoro è proprio la track list “Selva” a spiccare come unico testo scritto e cantato in italiano. Tutto questo, e molto altro, come l’immaginario fiabesco a cui è capace di rimandare, rende la sua produzione musicale mai banale, superficiale, stereotipata o convenzionale, confermando Marta Del Grandi come una delle voci attualmente più interessanti ed autorevoli dell’art-pop moderno internazionale. (Apertura porte ore 20.20, inizio live ore 22.00, biglietti in vendita su Dice o in cassa fino ad esaurimento capienza)

Tre canzoni, più una, per conoscere e capire chi è Marta Del Grandi

“C’ è una canzone che una volta una persona mi ha dedicato dicendomi che quella canzone ero io, ed ho capito perché dato che poi ascoltandola mi sono rivista in tantissimi aspetti di quel brano e si tratta di “That’s what you are” dei Knower: una bellissima ballad, con dei bellissimi archi che è come se costruissero il suono dell’oceano. Poi c’ è una canzone che amo particolarmente che è “Paper Bag” di Fiona Apple, e sono molto legata a “Seven Worders” dei Fleetwood Mac. Delle mie canzoni quella che mi definisce di più è “Somebody new” e si trova nel mio primo album.”

Cosa porti nella tua musica di tutti i posti fantastici in cui hai vissuto?

“Credo che i posti che ho visitato, le esperienze che ho fatto, soprattutto tra i 20 ed i 30 anni, sono stati i luoghi dove ho avuto modo di intraprendere un percorso per scoprire me stessa ed anche definire la mia identità in senso sia più ampio che più specifico. Di conseguenza questi luoghi sono stati fondamentali per costruire la persona che sono e la persona che poi riverso nella musica che faccio. Non c’è stata secondo me un’influenza culturale, però secondo me sicuramente io sarei una persona diversa se non li avessi vissuti.”

Il 20 ottobre è il primo compleanno di “Selva”, cos’è successo in quest’ anno?

“È stato un anno incredibile, non avrei mai pensato che avrebbe dato così tanti frutti. Quando esce un disco non sai mai le cose come andranno, puoi presagire qualcosa ma non più di tanto. Ed è stato bello vedere che in Italia sia da subito è stato accolto con grande affetto, ed è stato ancora più bello vedere quest’ affetto, da parte della stampa e del pubblico, crescere nel tempo. Sono stata all’ Ypsigrock, ed altri festival estivi, ed è stato bellissimo venire a sapere che tante persone si erano affezionate a questo disco ed altre lo avevano appena scoperto. Ed è stata una bellissima sorpresa vivere tutto ciò.”

Perché “Selva”?

“Il titolo è stato scelto perché nei suoi brani, ma è una cosa che ho sempre fatto nella mia scrittura, uso delle metafore botaniche. Parlo spesso di alberi, di piante, del bosco, e quindi cercavo un termine che potesse rappresentare tutto questo, e dopo varie opzioni è uscito fuori il titolo Selva che mi è piaciuto molto, anche perché ho scoperto che nella lingua italiana ha anche il significato di moltitudine eterogenea. E questo significato in particolare mi sembrava molto giusto per questo disco dato che quando ho finito l’album, trovato che tutti i brani avevano al loro interno un modo tutto loro ed inizialmente, poi ci sono riuscita, non riuscivo a sentirli parte di un gruppo coerente. All’ interno c’ è tanto racconto personale, più che nel passato, e poi questo, rispetto al primo che avevo registrato da sola, è un lavoro molto più condiviso. Untile We Fossilize è un disco più elettronico e più sperimentale, Selva è un disco di canzoni ed è un disco molto più aperto.”

In Selva scrivi: se non per l’amore per cosa si vive?”

“E’ una domanda retorica che nel periodo in cui scrivevo il disco mi ponevo spesso, stavo attraversando delle vicende personali che mi ci facevano pensare continuamente. Nel prossimo disco vedremo quale sarà il sequel di Selva.”

Hai avuto modo di percepito delle differenze tra l’essere un’artista donna in Italia ed un’artista donna all’estero?

“Onestamente non ho trovato nessuna differenza, nel senso che la discriminazione di genere è di base molto diffusa ovunque lavorativamente parlando in questo settore. Partendo dal presupposto che sono stati fatti grandi passi avanti nell’ inclusivitànel settore, e che viviamo paradossalmente in un periodo in cui ci viene detto che ci offrono contratti discografici perché siamo donne ed i discografici vogliono sempre più donne, e che effettivamente ci sono molti più contratti per voci femminili rispetto a quanti ce ne siano mai stati in passato, questo arriva sempre fino ad un certo punto perché poi la discriminazione di genere nell’ industria musicale l’ ho sperimentata in qualsiasi posto io abbia vissuto.”

C’è qualcosa della scena musicale italiana che cattura la tua attenzione?

“D’ estate tra il tour che ha assorbito molto e la vita estiva molto frenetica e veloce sono riuscita ad ascoltare poco, ma settembre ed ottobre sono dei mesi perfetti per l’ascolto di cose nuove, sto più a casa, ho più tempo per ricercare. Sono un po’ nerd, sono abbonata a Rumore, che è per me una grande fonte di novità, e di conseguenza leggo molte recensioni e mi segno tutto ciò che mi incuriosisce. In queste ultime settimane ho ascoltato dei dischi che mi sono piaciuti molto: quelli di Nilufer Yanya l’ho trovato molto interessante, quello di Malice K, l’ep di un ragazzo di Vicenza NicT, devo dire che mi rivedo di più negli italiani che scrivono in inglese, ma mi sono piaciuti anche lavori scritti in italiano come quello di Gaia Morelli. La scena italiana non mi dispiace, trovo pochi lavori in cui mi rivedo, anche quello di Arianna Pasini mi è piaciuto.”

Cosa succederà stasera al Retronouveau?

“Porteremo un set più lungo rispetto a quello ad esempio che abbiamo suonato all’ Ypsigrock, sempre in band, a cui abbiamo aggiunto tante novità alcune appena provate.”

Hai il potere di sdoppiarti: chi porteresti con te ad un tuo concerto?

“Ci andrei con Kurt Cobain, ma perché andrei ovunque con Kurt Cobain”

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