Queste sono le parole che avremmo voluto leggere per te in chiesa e che è stato possibile leggere solo al cimitero di Faro Superiore, insieme alle persone che ti hanno amato.

Tutto avrei pensato fuorché potessi essere tu a costringermi a scrivere le parole più pesanti della mia vita. In questi giorni mi hanno contattato tantissime persone chiedendo di te. Da Messina, da Trieste e anche da molto più lontano. Qualcuno ha detto di aver saputo fossi il tuo migliore amico. Oggi volevo dirti davanti a tutte queste persone che ti hanno conosciuto, rispettato, voluto bene o amato, che non lo so se sono stato il tuo migliore amico; ma il più fortunato lo sono stato di sicuro.

Ed oggi è importante fare capire a chi non ha avuto modo di apprezzarti nel corso di questi 25 anni chi fossi davvero. Quando qualcuno scompare, Pè, subentra la solita retorica: “Era una brava persona”. Ma non tutti lo sono, né tutti possono esserlo stato come lo sei stato tu.

Dovete sapere che Peppe era quel tipo di ragazzo che, se c’era da fare la spesa, preferiva andare lui nonostante stesse studiando pur di non far andare la mamma. Peppe era quel tipo di persona disposta anche a fare le pulizie in casa o cucinare pur di aiutare Wilma e non farle pesare la gestione della famiglia mentre il papà Giovanni era su e giù tra le ambulanze.

Peppe era quel tipo di persona che ha amato i suoi fratelli e li ha sempre ripresi come un fratello maggiore avrebbe dovuto fare. Quel tipo di persona che preferiva restare a piedi pur di dare il motorino o la macchina a Francesco e Riccardo. Peppe era quel tipo di persona che il sabato sera, ai tempi del liceo, quando ci riunivamo a casa mia per mangiare i pitoni o guardare le partite, preferiva stare a casa se c’era sua mamma sola perché il papà lavorava.

Preferiva andare in chiesa, in questa chiesa, con la famiglia, perché sapeva che ai genitori avrebbe fatto piacere la sua presenza. Peppe è stata la persona presente ad assistere suo nonno quando suo nonno è scomparso, ed era sempre lì a far le notti e ad essere pronto ad aiutare chiunque. Chiunque tranne che se stesso. Ed è così che se n’è andato.

Il suo altruismo, i suoi sorrisi, il suono della sua risata e quegli occhi profondamente buoni sono ciò che hanno contraddistinto la sua presenza nelle nostre vite. Peppe è stato troppo buono con tutti, spesso non ricevendo in cambio tutto l’amore che era stato in grado di dare.

Ti ricordi quando andavamo all’asilo insieme, Pè? E che fuori ad aspettarci c’erano i nostri nonni lo sanno le persone? Tu andavi su per quella via piena di ciottoli che ti avrebbe riportato a casa, io scendevo verso il negozio dei miei nonni. E ogni tanto mi raccontavi che tuo nonno se n’era andato in Australia ed io sognavo quanto lontana fosse quella terra.

Oppure, Pè, glielo dobbiamo raccontare che i nostri genitori sono cresciuti nella stessa zona, e noi dopo di loro? Era destino, Pè. E te lo ricordi quando il pomeriggio, ai tempi delle medie, dopo essere stati a scuola insieme giocavamo a calcio in piazzetta, Pè? Sempre a San Licandro. Ti ricordi gli anni delle medie insieme in sezioni diverse ma con classi attaccate come se fosse destino che stessimo vicini? E la gita in Campania quando mi prendevi in giro perché andavo vestito con la maglietta del Napoli? Per fortuna ci sono le foto, Pè.

Ti confesso un segreto, però, una cosa che non ti ho detto mai: Lo sai che mi trasferì al Bisazza, nella sezione A, solo perché sapevo che ci saresti stato tu? E che lì avresti trovato persone straordinarie come Andrea lo sapevi? In questi giorni e queste notti, Pè, ci siamo ritrovati, abbiamo avuto l’esigenza di trascorrere del tempo insieme per parlare e raccontare di te. E questa lettera, oggi, questo onore che mi è stato concesso da parte della tua famiglia e di tantissimi amici, nasce dalle telefonate di questi giorni, dagli incontri, dagli sguardi e dagli abbracci ricevuti e dati.

Anche da parte di estranei, Pè. Sì, perché sei riuscito in un miracolo: hai fatto tornare a parlare, hai fatto riabbracciare e rivedere persone che non avevano e che non volevano avere più rapporti tra loro da anni. E hai fatto tutto questo con l’amore che hai trasmesso a tutti nel corso della tua vita.

Abbiamo parlato di tutte le risate in classe, ho ripensato alla tua felpa bianca e rossa della Nike, quella con cui venivi spesso a scuola e che ti contraddistingueva. E tutti gli anni del liceo te li ricordi, Pè? Le sparate da scuola, le corse in motorino? O quando siamo saliti sui colli mentre saremmo dovuti essere a scuola perché c’era la neve e dovevamo per forza andare a toccarla? E abbiamo registrato tutto, per fortuna, così quel video possiamo rivederlo con i compagni che ti hanno voluto bene e che in questi giorni pensano solo a te. E che avevamo lo stesso motorino che faceva schifo te lo ricordi, Pè? E che andavamo a scuola insieme tutte le mattine? Te lo ricordi quando mi citofonavi dicendo di scendere ma sapevi già che il suono del citofono sarebbe stato la mia sveglia?

E ti ricordi le volte in cui siamo stati compagni di banco? O quando lo sei stato con Andrea e Piero? O quelle in cui il pomeriggio ci vedevamo per studiare insieme e finivamo col giocare a Madden o parlare di cosa sognavamo di fare da grandi? Ti ricordi, Pè, quando ti eri messo in testa che dovevi sistemare l’acquario di casa mia? E che, ogni volta che mia mamma ti vedeva, e che ti ha cresciuto come un figlio, chiedeva a te consiglio su cosa fare e cosa comprare? E lo sai, Pè, che a me gli acquari non sono mai piaciuti ma che ne ho ancora uno grande in casa e lo curo con Ruth solo per merito tuo?

Ti ricordi quel pomeriggio in cui abbiamo preso una barca dall’arenile di Casa Bianca e, senza sapere di chi fosse, siamo usciti insieme all’avventura? E di quando lo abbiamo rifatto insieme ad Andrea? E gli allenamenti di Football insieme? E le trasferte in giro per la Sicilia con i Caribdes quando tu giocavi ed io facevo la cronaca della partita e dei lanci di OTS che saresti stato in grado di ricevere da Wide Receiver?

E te li ricordi i natali, capodanni, compleanni, pasquette e ferragosto insieme? E tutte le mangiate di carne in campagna a Castanea? O le giocate a carte che organizzavo ogni Natale a casa da me? E le tombolate che organizzavano i tuoi genitori a casa vostra. Non ce ne importava niente del posto, Pè: bastava stare insieme. Come quando salivamo da te in campagna a Faro Superiore, dove hai organizzato quella festa di carnevale con tutta la classe.

Non mi perdonerò l’ultimo di Ferragosto, quando saremmo dovuti stare insieme a vedere i fuochi d’artificio e tu ti addormentasti a Casa Bianca. E le rispettive partenze di quei giorni che ci impedirono di salutarci. I giorni di festa erano rimasti gli unici momenti da trascorrere insieme da quando ti eri trasferito a Trieste e poi a Viareggio. Poi le nostre lunghe telefonate e gli audio infiniti di Whatsapp. Ogni volta che stavano per arrivare le feste, con loro ricevevi il mio messaggio: “Quando scendi?”

Peppe non era felice a Viareggio, conduceva una vita molto stressante e tutti sapevano quanto amasse Messina e quanto gli mancasse insieme alla sua barca a Portorosa e al suo mare. Guardare il mare e pensarti è stata l’unica cosa che mi ha permesso di respirare in questi giorni. Mi sento in colpa per non esserti stato accanto la sera di giovedì, per non essere stato lì con te a giocare: forse avremmo provato ad intervenire prima. Lo sai che ricorderò per sempre quell’ultima pausa pranzo trascorsa insieme al telefono? Del coraggio che ci trasmettevamo a vicenda e che ci siamo sempre trasmessi nella nostra vita te lo ricordi?

Fratelli non ne ho mai avuti, ma se ne avessi potuto avere uno so che avrei desiderato te al mio fianco. E sarei voluto morire io al posto tuo. E avrei voluto te come testimone, semmai un giorno mi fossi sposato. Avrei voluto sentirti per raccontarti ogni cosa bella della vita. Per fortuna ci sono stati Laura e Andrea, lì, e Ruth e la mia famiglia qui per sostenerci a vicenda. E grazie a loro ho potuto rispondere a tutte le persone che mi hanno scritto o telefonato per chiedermi se non fosse un incubo. Perché qui nessuno ci crede ancora, nemmeno io.

Salvo Bonanno avrebbe voluto dirti in chiesa che “nel corso della vita si incontrano tante persone delle quali un istante dopo non ricorderai neanche il nome. E poi ci sono le persone come Peppe, che sarà impossibile dimenticare”.

Ti prometto, Pè, che continuerò a raccontarti quello che succede nella mia vita, che starò accanto alla tua famiglia, a Francesco e Riccardo, e che ogni volta che mi chiederanno cosa significhi la parola Amicizia, risponderò: “Peppe, Peppe significa Amicizia”. Ti prometto che continuerò a guardarti sempre con gli stessi occhi di quando eravamo bambini, ovunque io possa incrociare i tuoi tra le stelle. Con tutto l’amore che ho. Sei nell’anima. Ciao Pè.

Adesso, però, è possibile realizzare qualcosa di concreto. La famiglia di Giuseppe Sorrenti ha deciso infatti di donare un defibrillatore alla Perini Navi, che per Peppe ha pensato ad una iniziativa da presentare il prossimo giugno. Nel frattempo, gli amici più stretti non sono rimasti con le mani in mano istituendo un conto PayPal sul quale sarà possibile inoltrare le donazioni direttamente ai familiari.

La donazione è libera e sarà possibile partecipare anche solo con un contributo simbolico in memoria di Giuseppe e per aiutare concretamente i giovani messinesi. I fondi raccolti, infatti, permetteranno l’acquisto di uno o più defibrillatori da inserire negli istituti scolastici cittadini.

Queste le coordinate del conto PayPal al quale sarà possibile accedere in un qualsiasi tabacchino oppure tramite computer, cellulare o con l’apposita applicazione: Selezionare “effettua un pagamento”, scegliere di destinare ad “amici e familiari” ed inserire questo indirizzo email: sorrentifoundation@gmail.com

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