Ok, sei sopravvissuto ad un volo di 24 ore (anche se ancora non sai nemmeno tu come), hai passato gli inflessibili controlli all’aeroporto australiano e sei pure riuscito a non farti arrestare per la parmigiana di mamma nascosta tra le mutande. E adesso?

Sei pronto e carico per scoprire Sydney, certo.

O almeno, lo sei finchè non ti scontri col nemico numero 2 (dopo la dogana) di tutti coloro che arrivano in Australia: il jet-lag dovuto al fuso orario.

Per ognuno è diversa, ognuno viene colpito in momenti differenti –di solito dopo la prima notte in bianco, ma può succedere anche nel taxi verso l’hotel o l’ostello. In qualunque caso, arriverà. Di questo potete essere sicuri.

Quando succede, è come in quelle vecchie puntate di “Esplorando il corpo umano”, con i personaggi però completamente impazziti: il vostro corpo vi dice una cosa, la vostra mente un’altra, l’ambiente intorno un’altra ancora. Avere un sonno da impazzire a mezzogiorno e restare perfettamente svegli dalle 2 del mattino in poi: esperienze mistiche che, unite alle stagioni invertite, l’acqua che gira al contrario e il trovarvi in un Paese dove la gente sembra ancora vestirsi come se gli anni ’80 non fossero mai finiti, potranno creare un leggero spaesamento iniziale. Tranquilli, non siete soli. Sappiate che ci sono circoli di italiani che, come gli alcolisti anonimi, si radunano e parlano a turno di come il jet-lag li abbia fregati per giorni e giorni (se soffrite di insonnia come me, mettiamoci anche un paio di settimane).

Niente da aver paura: insieme al timbro sul passaporto, il jet-lag certifica che siete proprio arrivati nella Terra dei canguri.

Adesso è da vederla, questa benedetta terra. Una volta smaltito fuso orario e parmigiana, siete pronti per iniziare.

Se siete qui per turismo, nessun problema di tempo. Se invece fate parte della migliaia di giovani e meno giovani che negli ultimi dieci anni sono emigrati qui (o almeno ci hanno provato), già state pensando all’alloggio, al lavoro, al visto e a tutta una serie di deliziose amenità che non vi farà mai annoiare nel vostro periodo australiano.

Ma il lavoro, il visto e tutto il resto possono aspettare, almeno per qualche giorno. Oggi volete concedervi la possibilità di essere anche voi turisti in questa città che troverà il modo di farsi spazio nel vostro cuore (oltre che nella memoria del vostro telefono con centinaia di foto).

Da dove cominciare? Intanto, dal ricordarci che l’Europa è parecchio lontana, e Sydney (come Melbourne) è città diversa da quel che siamo abituati. Troppo giovane per avere la storia delle nostre città, abbastanza lontana per non essere stata beccata dai nostri ritmi e dalle nostre piccole follie urbane. Venendo da una città di 300.000 abitanti dove il traffico sembra scomparire solo per alcune ore notturne, il parcheggio in doppia fila pare quasi un obbligo morale e il clacson è un modo di presentarsi al mondo, Sydney sembra subito un piccolo paesino di mare, per quanto riguarda i suoi ritmi e (centro a parte) la sua pacatezza. Certo, poi ti accorgi che comunque ci vivono 4 milioni di persone (sparpagliate comunque in un territorio vastissimo) e che in centro ci sono grattacieli ovunque ti giri, ma questi sono dettagli.

Da dove cominciare? Ognuno avrà la sua, come in tutto. Personalmente, consiglierei sempre di iniziare dalla passeggiata a Circular Quay (la Passeggiata al Mare di Sydney, se vogliamo), sia perchè sarete nel cuore della città, sia perchè troverete due panorami che anche i più digiuni di Australia potranno riconoscere: l’Harbour Bridge a sinistra e l’Opera House a destra.

In mancanza di canguri e koala che girano liberi per le strade (prima grande delusione di questo viaggio latinoaustraliano), sarà il momento in cui probabilmente vi sentirete davvero in Australia. Il ponte ha una sua fisionomia unica, immediatamente riconoscibile, e se starete a Sydney abbastanza tempo, diventerà la vostra Stella Polare per orientarvi in città. L’Opera House, beh… è unica. Di nuovo, niente di storico o artisticamente rilevante come magari siamo abituati in Italia, ma la sua forma (che ad alcuni ricorda un astronave, ad altri un contenitore pieno di piatti messi ad asciugare al sole) vi sembrerà perfetta per questa città e per questo Paese: ci girerete intorno, ci prenderete una magnifica birra al bar ai suoi piedi che affaccia su tutta la baia, magari ci guarderete anche qualche opera italiana dentro (con un’acustica che però vi farà rimpiangere anche il vostro teatro Vittorio Emanuele), e poi finirete per amarla, un po’ come tutto il resto.

Io l’ho amata da subito, e la mia foto classica, che ormai gira un po’ ovunque, è in fondo la foto di un colpo di fulmine: io con i miei occhiali da sole imbarazzanti a coprire le occhiaie da jet-lag, un sorriso tra l’addormentato e l’incredulo, la felpa con la scritta SICILIA (prima ancora che qualcuno le rovinasse per sempre), e dietro di me l’Opera House immersa in un glorioso giorno di sole, con quel cielo blu in cui l’Australia sembra essersi specializzata.

Quella foto è stata scattata il primo giorno in Australia, e quasi non sapevo nemmeno dove mi trovassi, tra il sonno e lo spaesamento. Eppure, dentro c’è tutto: quel che mi portavo dietro, quel che avrei amato.

E ovviamente anche quel sorriso senza motivo.

Quel sorriso che mi ritrovo adesso, 12 anni dopo, ripensando a quel momento. Uno di quei momenti nella vita dove non vedi troppo davanti a te, e tutto diventa avventura. Sai la strada che hai lasciato, ma non quella che troverai. Fa paura, fa strano, fa male pensare a quanti chilometri ti separano già da tutto quel che hai imparato ad amare.

Ma poi, sotto quel cielo, tra i gabbiani che volano sulla baia e il sole che si riflette nei grattacieli, vi verrà anche da sorridere. Forse è il sonno, forse è lo stranimento, forse la parmigiana di prima. Vi verrà comunque.

E questo, come sempre, fa bene.

Domani magari dovrete già cominciare a cercare lavoro, a studiare, a trovare casa, a darvi da fare, a combattere anche qui, lontano da casa.

Ma tutto questo, domani.

Oggi no.

Oggi siete solo innamorati.

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