Dell’approccio degli australiani al Coronavirus avevo già accennato nell’articolo precedente: avevano fatto il giro del mondo le immagini dei supermercati australiani depredati (e la parola non rende nemmeno) di tutta la loro carta igienica. Per qualche motivo ancora oscuro, qualcuno ha iniziato a fare scorte, oltre che di cibo, di antibatterici e sapone, anche di rotoli di carta, innescando un meccanismo a domino che ha portato pure me ad affrontare un supermercato all’orario di apertura, per trovarlo già svuotato (alla fine poi sono riuscito ad aggiudicarmene un pacco, ma questo meriterebbe un articolo a parte). 

A questa corsa alla carta igienica (perché in quarantena sì, ma col sedere pulito) si è accompagnato un comportamento quantomeno schizofrenico, dove sono stati ignorati tutti i richiami alla distanza sociale, all’evitare i raggruppamenti di tante persone e a curare maggiormente la propria igiene. 

L’australiano è ligio alle regole, sì, ma solo a quelle in cui crede davvero (o gli sono state imposte bene, e qui la comunicazione balbettante e contraddittoria del Governo ha fatto la sua): non credendo davvero che il Coronavirus potesse colpire qui come ha fatto in Europa, per loro non aveva senso stare attenti (però svaligiare la carta igienica sì, per qualche motivo).

L’apoteosi di questo bipolarismo è avvenuto lo scorso venerdì a Sydney: complice la giornata estiva nonostante il periodo, migliaia di persone si sono riversate nella spiaggia di Bondi, la più famosa tra quelle australiane, tanto da meritare anche un reality show tutto suo (trasmesso anche in Italia). Tutto questo a pochi giorni dal divieto di assembramento in più di 100 e di inviti alla cautela. Le immagini hanno fatto il giro del mondo e scatenato l’indignazione generale, anche perché, trattandosi perlopiù di persone giovani, il messaggio implicito era: questa cosa non riguarda noi, quindi facciamo un po’ quel che ci pare. 

L’indignazione è montata nelle ore successive, fino alla notizia temuta: un nuovo focolaio di 97 casi, e quasi tutti proprio a Bondi, in un ostello della gioventù. Da dettagli emersi in seguito, sembrerebbe che molti dei partecipanti avessero partecipato, nonostante i divieti, ad una festa proprio venerdì sera. 

L’indignazione a quel punto si è fatta rabbia nelle parole del Primo Ministro, che ha prima chiuso l’accesso a tutte le spiagge (un po’ come se da noi chiudessero le rosticcerie) e poi ha avallato il lockdown per Sydney e Melbourne a partire da martedì, con la chiusura di tutte le attività commerciali non necessarie (e dell’impatto che questo ha avuto sugli italiani e siciliani di qui, magari parleremo in un altro articolo ancora).

Naturalmente la misura messa in atto è giusta, ed è bene che accada. Non posso però non pensare a come, ancora una volta, abbiamo tutti sprecato un’ottima possibilità, oltre a metterci in posizioni ancora più vulnerabili in chiave futura. Perché?

Perché abbiamo dimostrato, ancora una volta, che non siamo capaci di badare a noi stessi, ma abbiamo bisogno di qualcuno che lo faccia per noi. Qui come nell’Italia di qualche settimana fa (ma anche di adesso, a vedere le immagini degli sbarchi di domenica sull’Isola da parte di gente venuta dal Nord), abbiamo reso chiaro che la democrazia, col suo carico di privilegi e responsabilità, non fa per noi. Non sto istigando a nessun sovranismo né colpo di Stato, sia ben chiaro: un po’ perché i sovrani mi stanno tutti sulle balle, un po’ perché penso, come ho sempre pensato, che lo Stato siamo noi (come la Storia nella canzone di De Gregori), e la responsabilità civile è un concetto bellissimo e, in casi come questo, disprezzato. Nella stessa idea italiana del Furbo che Ce La Fa (verosimilmente fregando tutti e tutto per arrivare al suo obiettivo, cioè pararsi il proprio sedere e quello dei propri cari) non c’è proprio spazio per gli Altri. 

Ed è ironico che dagli Altri, ora, ci troviamo a dipendere, dopo averli ignorati prima, e messi a rischio dopo. Avevamo la possibilità, prendendoci cura di noi all’inizio di tutta questa orribile storia, di prenderci cura anche degli Altri -e viceversa. Era una grande possibilità e stava a noi, a tutti noi, dal primo della fila all’ultimo. 

Non è stata cosa nostra. 

Già questo è di per sé avvilente, ma lo è ancora di più la ricetta magica che abbiamo trovato: chiedere l’aiuto dell’Autorità. Magica, perché è come quello che fanno i bambini: quando non ci arrivano loro, invocano Mamma e Papà a sistemarla per loro. Il che ha perfettamente senso allora, ma meno quando la posta in ballo è così alta come in questo caso. 

Perché quello che leggo nei social italiani è rabbia verso quegli Altri che non siamo stati capaci di proteggere proteggendo noi stessi. Leggo di delazioni, di foto e denunce, di minacce e risse. E leggo richieste, ovunque, di più controlli, più polizia, più esercito -e, al contempo, di meno diritti, meno concessioni, meno spazi, meno aria, meno aperture.

Sacrosanto, direte voi, data la situazione. Ed io non ne metto il dubbio la necessità ora, sia chiaro. Rifletto, perché solo questo posso fare a 15.000 chilometri da casa, mentre scorro le notizie di nuovi casi, di case di riposo devastate, di auto in coda ai traghetti. Rifletto, e penso a come siamo arrivati fin qui. Guardando la foto di Bondi, mi chiedo la stessa cosa, mentre lo stesso film che state vivendo voi lì, si sta aprendo davanti a noi che, ahimè, ne conosciamo fin troppo bene la trama.

Mi chiedo perché non riusciamo a prenderci cura di noi stessi -non degli Altri, ma di noi. 

Mi chiedo se impareremo a farlo, dopo questa storiaccia.

Mi chiedo se capiremo i rischi di questa situazione, in cui abbiamo chiesto a Mamma e Papà di intervenire. In cui abbiamo riempito le strade di camionette e blindati, abbiamo lasciato che ci controllassero attraverso moduli e celle telefoniche, abbiamo invocato ancora una volta l’Uomo Forte che risolvesse la questione per noi. Perché noi, come detto prima, non ne siamo stati capaci.

So che anche qui a Sydney, a Melbourne, a Perth, le strade si riempiranno di polizia, di lampeggianti, di controlli incrociati, di divieti e di castighi. 

So che ne usciremo, e dovremo stare con gli occhi bene aperti quando succederà. Che saremo provati, e bisognerà ricostruire senza cedere alla tentazione di dire: non ce la posso fare.

Gli imbecilli di Bondi, le grandi fughe dalle Zone Rosse verso il Sud, dimostrano che l’uomo è uguale ovunque, ovunque debole, ovunque rinchiuso in un mondo che arriva fino al suo ombelico. Dimostrano che quell’uomo lì sta imparando, a prezzi di terribili lezioni, che il mondo fino all’ombelico non esiste più, che qui dentro ci siamo tutti, e se cominciamo a spingere da qualche parte qualcuno finirà sotto. 

Che per una volta queste minchia di regole potremmo provare a darcele noi, con rispetto e con empatia, prima di aspettare sempre che sia qualcun altro a imporcele.

Sia in Australia che in Italia, siamo entrati in questa situazioni da bambini, e nemmeno particolarmente svegli: sta a noi, e solo a noi, uscirne da uomini.

E magari, più rispettosi nell’acquisto della carta igienica.

Marco Zangari © 2020

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