MESSINA. Pescispada, barche, reti e ami da pesca, figure antropomorfe trasfigurate con grottesche sembianze neonatali, un’ambientazione a metà tra il postmoderno e il distopico, e una feroce critica anticapitalista, antitotalitaria, antimilitarista ma soprattutto antireligiosa: era fine luglio del 2013 quando l’ultima pennellata sulla facciata dell’allora teatro occupato Pinelli svelava a Messina il talento di Blu, il misterioso writer di Senigallia, “di stanza” a Bologna, che qualche mese prima era stato segnalato dall’Observer tra gli autori delle 10 migliori opere di street art del mondo, accanto ai nomi di Banksy e Keith Haring.

 

Un dipinto a tutta parete per lo stabile di via Alessio Valore, ex Casa del portuale in quel momento occupata dal collettivo Pinelli dopo lo sgombero del teatro in Fiera, che ridava luce e colore (azzurro, blu, celeste) ad un luogo grigio, simbolo di una industrializzazione forzata e fallita nel cuore di Messina, a due passi dal mare, in una viuzza di servizio stretta tra i magazzini generali, il parcheggio Cavallotti, il mercato ittico e i Silos granai.

 

Sei anni e mezzo dopo, dell’opera dell’artista (citata da Tripadvisor come la 159ma delle 178 cose da fare in Sicilia) non resta pressochè nulla. Sbiadito totalmente il blu, di tutte le gradazioni di colore presenti nel disegno originale non rimane che un alone tenue e inintelligibile. Restano invece, anche se sbiadite anch’esse, le retinature in nero del resto del disegno: orfane della parete colorata, non hanno più molto senso nè visuale nè concettuale. Ovviamente, il muro è stato preso di mira da slogan, simboli (un paio di svastiche, cancellate alla bell’e meglio, qualche simbolo anarchico) e scritte di ogni tipo, soprattutto politico.

Qualche protocollo d’intesa e le dichiarazioni di tre assessori alla cultura dell’amministrazione di Renato Accorinti (Sergio Todesco, Tonino Perna e Federico Alagna), della Soprintendenza, e dell’assessore Regionale Aurora Notarianni, che avrebbero voluto per l’opera una segnaletica illustrativa, e una costante pulizia e manutenzione, negli anni si sono scontrate con la burocrazia, e col fatto che la Casa del portuale fosse di proprietà regionale. Lo sgombero, un paio di incendi e la sostanziale trasformazione di via Alessio Valore in un parcheggio degradato hanno fatto il resto. Confermando forse, per uno strano paradosso, l’essenza stessa della street art. Destinata a nascere, svilupparsi e morire in strada.

 

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