MESSINA. «Gentile Dirigente, con la presente interveniamo congiuntamente, in qualità di Garante per i diritti della persona con disabilità del Comune di Messina, e Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, a seguito di formale segnalazione da parte della famiglia dell’alunno C. F., bambino di anni 11, affetto da disturbo dello spettro autistico in condizione di gravità certificata ai sensi della L. 104/1992, art. 3, comma 3, in merito al provvedimento disciplinare di sospensione disposto nei suoi confronti per un episodio verificatosi all’interno dell’istituto». Così scrivono al preside dell’Istituto Comprensivo Manzoni – Dina e Clarenza, Michele Bonardelli, rispettivamente Giovanni Amante e Giacoma De Maria, chiedendo di revocare la sospensione dopo essere stati in contatto con la famiglia della persona disabile e con la scuola stessa: «Per la gestione di quanto emerso, per la delicatezza del caso non avevamo informato nessuno, in quanto nei nostri rispettivi ruoli, avevamo tutelato tutte le parti coinvolte, in particolare il bambino disabile, la bambina, nonché l’intera classe, ma per quanto accaduto non possiamo che intervenire pubblicamente», commentano.
«Dalle informazioni raccolte emerge che il minore, pur essendo assistito da personale specializzato, avrebbe posto in essere un gesto istintivo (consistito in una pacca data a una compagna) privo di intenzionalità aggressiva o connotazione sessuale, coerentemente con il suo profilo clinico e con la natura del disturbo che ne condiziona condotta, percezione dello spazio personale e capacità di controllo degli impulsi – scrivono alla dirigente scolastica – Alla luce di ciò, riteniamo necessario formulare alcune osservazioni giuridiche, pedagogiche e di tutela dei diritti, affinché il provvedimento venga riesaminato e riportato entro i confini dilegittimità e proporzionalità previsti dall’ordinamento».
«La Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, stabilisce che devono essere adottati tutti i ragionevoli accomodamenti per garantire il pieno sviluppo della persona, evitando sanzioni che colpiscano comportamenti direttamente derivanti dalla condizione di disabilità – sostengono il Garante per i diritti della persona con disabilità del Comune di Messina e la Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza – L’applicazione di una sospensione, anche con obbligo di frequenza, per un gesto chiaramente riconducibile alle caratteristiche del disturbo, rischia di configurare una discriminazione indiretta, poiché punisce un comportamento non pienamente governabile dal minore».
«La Corte di Cassazione (sentt. n. 36503/2021 e n. 24015/2020) ha più volte ribadito che un comportamento non pienamente controllabile, determinato da disabilità cognitiva o neuropsicologica, non può essere interpretato secondo criteri di intenzionalità tipici della responsabilità ordinaria; sebbene si tratti di decisioni rese in sede civile o penale, esse esprimono il principio generale che non è configurabile alcuna colpa disciplinare quando il comportamento è diretta manifestazione della disabilità e non governabile dal soggetto – fanno presente – Il D.Lgs. 66/2017 e le Linee Guida MIUR 2017/2022 prevedono che: i comportamenti problematici vadano gestiti attraverso interventi educativi e strategie personalizzate, non tramite misure punitive; il PEI debba contenere le modalità per prevenire ed educare ai comportamenti socialmente appropriati; la responsabilità disciplinare è configurabile solo quando lo studente è pienamente in grado di controllare la propria condotta».
«L’applicazione di una sanzione in assenza di intenzionalità e consapevolezza appare pertanto pedagogicamente impropria e giuridicamente non sostenibile. Il provvedimento adottato, anche nella forma attenuata della sospensione con obbligo di frequenza, è in aperto contrasto con la funzione educativa e con gli obblighi di personalizzazione previsti dal D.Lgs. 66/2017, art. 5 e 7 – aggiungono – La sospensione, anche con obbligo di frequenza stigmatizza il minore, compromette il suo percorso inclusivo, può generare regressioni e sfiducia nella relazione educativa, non produce alcun effetto migliorativo sul comportamento, poiché il gesto non deriva da scelta volontaria. È necessario chiarire che la nostra posizione non minimizza né sminuisce il vissuto della minore coinvolta, la cui tutela rimane centrale. Riteniamo tuttavia che interventi educativi mirati, definiti all’interno del PEI e condivisi nel GLO, possano rappresentare la risposta più adeguata e rispettosa dei diritti di entrambi i bambini».
«Alla luce di tali considerazioni, chiediamo formalmente il riesame e la revoca del provvedimento disciplinare, invitando l’istituto a basare ogni intervento sul PEI e sulle strategie educative più idonee; convocare un incontro con la famiglia, il GLO e il personale di supporto; predisporre misure di prevenzione e accompagnamento, non punitive; garantire la piena tutela della dignità e del diritto all’inclusione dell’alunno».






