Com'è cambiata Messina dal 2001, prima puntata: il consumo del suolo negli ultimi 20 anni
Di Giampiero Neri e Alessio Caspanello
MESSINA. Solo 2018 il cemento si era mangiato già 280mila metri quadrati di territorio. Nel 2020 la provincia di Messina è stata privata di altri 19.527 ettari di suolo, consumati dal cemento. Un tema che va avanti da vent'anni, e che in città ha una data d'inizio ben precisa: 18 ottobre 2002, giorno della pubblicazione in Gazzetta ufficiale della "Approvazione del piano regolatore generale, delle prescrizioni esecutive e del regolamento edilizio del comune di Messina". Come e quanto è cambiato il volto della città in vent'anni. Molto. In alcune zone a tal punto da renderle quasi irriconoscibili. Inizia così il viaggio in quattro puntate in cui, con l'ausilio di una fotogrammetria interattiva, LetteraEmme racconterà per immagini come è cambiato il territorio dal 2000 ad oggi.
Si parte con la zona nord, la più pregiata, e quella che fino all'ultimo ha resistito all'assalto del cemento e dei mattoni, salvo riceverne in quantità durante gli ultimi due decenni.
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L’ʼarea della Panoramica dello Stretto è il miglior esempio. Nel 1976, il piano regolatore Tekne aveva previsto, a monte della strada, una fascia di ampiezza variabile tra i due ed i trecento metri di “zona di interesse naturale e paesistico”. A valle, a parte il borgo dei pescatori di Paradiso, comunque vincolato, i palazzi non potevano superare i due piani dʼaltezza. Un carico antropico sopportabile.
Dalla foce del torrente Annunziata a Pace, i palazzoni sono spuntati come funghi. Perchè? Superato il borgo delle case basse di Paradiso, il piano regolatore attuale prevede, tra la litoranea e la panoramica, un’enorme zona di edilizia di complemento (contrassegnata dalla sigla B4d), per undici metri d’altezza e tre piani fuori terra, che prosegue senza soluzione di continuità lungo tutta la costa.
E’ andata peggio alle colline a monte della Panoramica, da Paradiso a Contemplazione, zona che da ”interesse naturale e paesistico” è diventata area di complemento B4c, con la possibilità di trarre dai fabbricati ben sei piani fuori terra per un’altezza massima di ventuno metri e settanta. Di più, in tutte le altre zone della città, il Prg non ne prevede. Nè piani, nè metri. Con costi, tra l’altro, esorbitanti. Perchè solo per evitare che le case scivolino a valle, raccontavano gli ingegneri all’epoca della corsa al cemento, è stato necessario mettere in sicurezza le fondamenta con palificazione da diciotto metri.
Dalla “barbarie” non si è salvata nemmeno la laguna di capo Peloro. Lungo il lago grande, a monte le colline sono state “aggredite” dalle villette, risultato di un mezzo centinaio di piani di lottizzazione e di zonizzazione C4, C5 e C6, che prevedevano residenze stagionali con insediamenti ricettivi o strutture alberghiere, in una zona che di alberghi non ne ha visto mai mezzo.
Alessio Caspanello - Giampiero Neri