MESSINA. Assenza di medici? No, dice l’associazione Sigm (Segretariato italiano giovani medici), perché quelli che mancano, in realtà, sono gli specialisti. E’ infatti questo il tema affrontato da questa (ma anche da altre) realtà di rappresentanza di giovani medici.

“Quando vi racconteranno (e state sicuri che lo faranno) che mancano medici, ricordatevi di quanto leggerete qui: in Italia non mancano affatto i medici, quelli ci sono, ma mancano gli specialisti”, scrivono infatti i membri del Sigm, che in particolare si soffermano sul “numero di contratti per le specializzazioni in medicina cancellati nell’ultimo Decreto legislativo”.

“Nel Decreto ‘Cura Italia’ del Consiglio dei Ministri, è stato eliminato l’articolo che prevedeva lo stanziamento aggiuntivo di 5000 contratti di formazione specialistica (borse di specializzazione), nonostante rassicurazioni e promesse. Il prossimo concorso per le specializzazioni mediche vedrà invece una partecipazione di più di 20.000 candidati, a fronte di circa 8.000 contratti di formazione”, spiegano sul comunicato.

“Perché questo? Come pensa il nostro Governo di tenere in piedi il nostro Sistema sanitario nazionale? Prevedendo uno stanziamento di fondi per finanziare contratti aggiuntivi nella bozza del DL, per poi eliminarlo con una manovra dell’ultimo minuto. Ebbene, è il modo per creare una classe di medici precari disperati, che accetteranno qualsiasi forma di contrattualizzazione pur di lavorare, oppure si troveranno costretti ad emigrare e prestare servizio all’estero”.

“A che prezzo? Quello di rinunciare ad un’assistenza di qualità per la popolazione. Siamo davvero indignati e delusi – concludono – Auspichiamo che l’opinione pubblica prenda coscienza di ciò che è avvenuto in queste ultime ore poiché non riguarda solo il nostro futuro come specialisti, di cui vi accorgerete la carenza, ma riguarda il futuro e la sopravvivenza del nostro Sistema sanitario nazionale”.

Ma i membri del Sigm non si sono fermati a questo, inviando anche una nota ai deputati nazionali e regionali in cui espongono le loro preoccupazioni: “A causa di una mal programmazione che va avanti da decenni, il prossimo concorso per le specializzazioni mediche vedrà invece una partecipazione di più di 20.000 candidati, a fronte di 8.000 contratti di formazione (40% sul totale dei medici generici), tale da non garantire il futuro previsto turn-over”.

Personale invece lo sfogo della ex senatrice accademica dell’Università di Messina, Lavinia Parisi, laureatasi l’anno scorso e membro del Segretariato, spiegando il motivo per cui un 25enne, oltre alla voglia di aiutare, è spinto a partecipare al bando della protezione civile come medico per una retribuzione forfettaria giornaliera pari a 200 euro.

“Lo spinge, io credo, il dramma della disoccupazione. Lo spinge la disperazione dei bandi di continuità assistenziale ancora chiusi, delle borse di specializzazione che sono 8mila per 20mila candidati e la paura di essere fra quei 14 mila medici che il prossimo anno continueranno a non avere uno straccio di lavoro né uno straccio di finanziamento per potersi formare. Lo spinge la voglia di sentire utile quella laurea che ha da un anno, da 8 mesi, che fino ad ora è stata solo un pezzo di carta. Lo spinge l’idea di ‘mettersi da parte due soldi’ per potersi, eventualmente, pagare una formazione in un Paese che non sia l’Italia dove il medico è un eroe ogni giorno, e non solo a marzo 2020 quando si imbraga come un astronauta per salvare la gente dalla propria stupidità e dall’egoismo del non aver rinunciato a un aperitivo 10 giorni fa”, scrive su Facebook la giovane.

“Lo Stato è pronto, adesso, a pagare a peso d’oro quasi chi fa questo lavoro. Lo sia anche domani. Non permetta che vengano nemmeno formulate proposte per le quali ci si accontenterebbe di dimezzare una borsa di 1.700 euro pur di raddoppiare i posti della formazione, e con le quali comunque 4mila persone resterebbero intrappolate nell’imbuto formativo del post laurea. Sono morte quasi 5 mila persone in 2 settimane: rifletta domani lo Stato su quante, con meno tagli alla Sanità, con stipendi dei parlamentari più bassi, con meno finanziamenti alle banche, con ospedali più grandi e con più personale se ne sarebbero potute salvare”, conclude Lavinia, amareggiata, inoltre, perché “da una facoltà a numero chiuso ci si aspetta, a fine percorso, di avere un lavoro, altrimenti non ha senso la limitazione”.

Secondo la giovane, invece, due soluzioni potrebbero essere quelle adottate in Sardegna o in Francia: nella regione italiana il governo regionale ha assicurato quasi 200 borse extra, mentre nel Paese francese prima si quantificano gli specialisti e poi si assegna il numero di borse (in Italia avviene al contrario).

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