MESSINA. La Procura di Barcellona Pozzo di Gotto ha aperto un’indagine per strage colposa sull’esplosione in una fabbrica di fuochi d’artificio che ieri pomeriggio ha causato la morte di cinque persone e il ferimento molto grave di almeno altre due persone. L’atto, dovuto vista la presenza di vittime e la non chiara dinamica dell’accaduto e delle responsabilità, al momento non vede nessuno iscritto al registro degli indagati.

Il conteggio delle vittime, nel frattempo, è salito a cinque. I medici, i Vigili del fuoco e gli inquirenti confermano la difficoltà nel ricomporre una delle salme, bruciata nell’esplosione oltre ogni capacità di riconoscimento. Le vittime riconosciute sono la moglie del titolare della ditta “Costa”, Venera Mazzeo, 71 anni,  Giovanni Testaverde, 34enne originario di Merì, Vito Mazzeo, 23 anni, e Mohamed Taeher Mannai, 39 anni, estratto vivo dalle macerie ma deceduto in ospedale.

Arriva la conferma che l’incendio e l’esplosione è stata provocata da una scintilla proveniente dagli attrezzi, probabilmente una saldatrice, che gli operai di una ditta esterna stavano utilizzando per dei lavori all’esterno della fabbrica. La Procura indaga anche sulla regolarità delle due ditte e delle misure di sicurezza sul lavoro.

Ancora riserbo sulle condizioni dei feriti, gravemente ustionati, Bartolomeo Costa, 37enne, con ustioni su oltre il 60% del corpo e  figlio del titolare, e Antonino Bagnato, titolare della ditta che stava eseguendo i lavori.

Bartolomeo Costa, secondo testimonianze visive, non sarebbe stato investito direttamente dall’esplosione, ma si sarebbe provocato le ustioni rientrando all’interno dell’edificio in fiamme per tirare fuori la madre Venera Mazzeo, deceduta invece sul colpo: il sacrificio del figlio è il motivo per il quale fino a tarda sera quello dell’anziana signora è stato l’unico cadavere che è stato possibile riconoscere

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