Troppa trasparenza finisce, o prima o dopo, per ritorcersi contro. Come nel caso del nostro Sindaco, Cateno De Luca, che, nella foga di voler dimostrare la sua correttezza e il suo amore per “Messina bella e produttiva”, si è invece tirato la zappa sui piedi. Il picco verso il basso del livello di gradimento social del primo cittadino lo si è notato in diverse occasioni. Sulla sua pagina la diminuzione di condivisioni dei post, di commenti, di applausi e di follower è nota. Ma non era di certo con la pubblicazione delle foto delle due busta paga  – quella percepita alla Regione, come deputato, e quella attuale da Sindaco – che Cateno De Luca poteva aspettarsi di risollevare l’umore e i toni dei commenti che, anzi, si sono inaspriti sempre di più.

È suonata più come una provocazione che un volersi mettere in discussione la sua domanda “Voi che ne pensate?”, indirizzata proprio a quel pubblico già molto critico verso il primo cittadino, a sei mesi dalla sua elezione. Perché in una città in cui il numero di giovani che partono per cercare lavoro è sempre più in aumento, la quantità delle aziende che falliscono massiccia e le saracinesche che chiudono quasi superiore alla media nazionale, è retorico chiedere cosa ne si possa pensare di uno stipendio da oltre tremila euro. In questo caso, quindi, il sindaco ha decisamente sbagliato la sua strategia di comunicazione che, dal voler essere, appunto, trasparente ed empatica, ha suscitato per lo più astio e disapprovazione.

Finito il Natale, infatti, Cateno De Luca non poteva più giocarsi la carta della zampogna per contornare di un’alone di affabilità la sua immagine istituzionale che ultimamente è stata predominante nel tono dei post su Facebook. Ma la carta dello stipendio non è mai quella opportuna soprattutto se a utilizzarla è uomo che è risultato essere anche il più ricco dei deputati all’Ars con un reddito dichiarato nel 2016 di ben 594.053 euro. Soldi percepiti certamente per una attività – quella da Dirigente generale della Fenapi – precedente a quella politica e, quindi, “insindacabile”. E soprattutto se a parlare è un politico che dai primi tempi all’Ars si è intestato la battaglia contro le caste dei politici privilegiati e che ora, da Sindaco, rimpiange, quasi, quella posizione.

Sui social, si sa, non ci vuole niente a passare dalle stelle alle stalle. Forse erano migliori i tempi in cui Francantonio Genovese non aveva un cyberspazio in cui potersi sottoporre al giudizio della massa, dopo aver dichiarato di aver rinunciato allo stipendio dopo la sua elezione come sindaco nel dicembre del 2005, rispetto ai tempi, in cui, i cittadini che oggi si indignano per la pubblicazione dello stipendio percepito da Cateno De Luca, sono gli stessi che hanno puntato il dito contro Renato Accorinti, letteralmente messo in croce per aver dichiarato, prima delle elezioni, di voler regalare alla città di Messina centomila euro del suo stipendio sotto forma di investimento in acquisti per la città.

Non bisogna essere comunque troppo ingenui da pensare che Cateno De Luca ora possa rischiare di cadere in disgrazia. Ma questa volta il primo cittadino ha forse esagerato nel voler a tutti i costi apparire come la vittima sacrificale del suo atto di eroismo per Messina. Pur credendo nella buona volontà di un uomo che si è voluto “mettere a nudo” rispetto ai suoi cittadini dichiarando con trasparenza a quanto ammonta il suo stipendio, la rabbia nasce proprio da quel voler a tutti i costi sottolineare la rinuncia economica a cui è andato incontro per fare il sindaco piuttosto che il deputato regionale. Sia chiaro: resta eccessivo il compenso dei deputati della Regione Sicilia, soprattutto alla luce dei risultati ottenuti per l’isola.

Ma non ci prenda per ingenui, il Sindaco. Sappiamo tutti – e lo ha dichiarato a più riprese anche lui – che non sono i soldi il suo obiettivo principale ma l’affermazione politica e la scalata verso la presidenza regionale. E piuttosto che essere un burattino nelle mani di altri, come all’Ars, l’indipendenza di essere sindaco – sia pur a contatto con poteri superiori – vale più di quei cinquemila euro lasciati a Palermo.

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Stefano
Stefano
11 Gennaio 2019 18:38

Ho ragione allora, nel commento dove gli si rimprovera che con questo stipendio piagnucolare, forse perché ha difficoltà a restituire i 13.000 euro alla regione dello sperpero e condannato in via definitiva lo scorso mese.