MESSINA. Una persona su 20, a Messina, è di origine straniera: quasi dodicimila persone che contribuiscono a popolare (e a ringiovanire) una città che anno dopo anno si fa sempre meno popolosa e più vecchia. A descrivere lo status quo è il rapporto demografico 2017 del Comune di Messina, che oltre a tracciare un resoconto (piuttosto allarmante) sulla perdita di forze produttive, racconta di una città sempre più multiculturale, con abitanti stranieri provenienti da 109 paesi diversi: un piccolo e variegato campionario di umanità che fa della città dello Stretto un crocevia di culture.

Secondo il report pubblicato da Palazzo Zanca, su 11.885 residenti stranieri, circa il 14% è nato in città (1.676 unità), mentre il quartiere con maggiore concentrazione di cittadini non autoctoni è il quarto, con il 9,28% (quello con la più bassa è il secondo, 1,80%).

La provenienza prevalente è dal continente asiatico (58,2%), mentre le comunità maggiormente presenti sono quella Srilankese (4.003 unità), quella Filippina (2.382 unità) e la Rumena (1.567).

Il dato più interessante è tuttavia legato a questioni anagrafiche: in una città in cui ogni cento giovani ci sono 175 anziani,  l’età media dei cittadini stranieri è di 37,13 anni (a fronte dei 44,7 anni di media complessiva). La comunità più giovane, tra quelle maggiormente presenti, è quella Cinese, con un’età media di appena 30,9 anni, seguita da Bangladesh (31,12), Marocco (34,63) e Sri Lanka (34,87). Numeri che acquisiscono ulteriore pregnanza prendendo in esame i due “estremi”: se la popolazione straniera inferiore ai 5 anni ammonta al 4,66%, gli stranieri in età senile sono solo lo 1,29%.

 

 

La prima, grossa ondata migratoria a Messina si è registrata nei primissimi anni ’80, con le prime comunità filippine e srilankesi: i primi si sono stabiliti al centro, e infatti la loro presenza nel primo e sesto quartiere è pressochè nulla rispetto agli altri quattro. Viceversa, gli immigrati dall’isola indiana hanno preferito il mare: le prime comunità avevano casa sulla litoranea, nelle vecchie abitazioni dei pescatori che oggi, rimodernate, valgono centinaia di migliaia di euro ma all’epoca erano pochissimo considerate. Poi, man mano che gli arrivi in città ne hanno fatto la comunità più numerosa, hanno iniziato a spostarsi verso il centro: Intere vie, oggi, odorano come piccole Brick Lane londinesi, di spezie orientali. La via Placida per esempio, piena di botteghe di generi alimentari indiani, e il mercato del Muricello, vero punto d’incontro culinario multiculturale, in cui i nativi dello Sri Lanka la fanno da padroni.

Perpendicolarmente c’è la via Palermo, ormai una piccola Chinatown, visto il fiorire di negozi cinesi (e la via Tommaso Cannizzaro ed il viale della Libertà ci si avvicinano). Una specie di mistero, questo. Perchè di cittadini provenienti dalla Cina a Messina ne risiedono pochi, 386, a tal punto che ci sono quasi più negozi con le lanterne rosse fuori che residenti. La comunità cinese contava settecento membri dieci anni fa, e oggi è quasi dimezzata. I suoi esponenti, però, si sono inseriti nel tessuto produttivo messinese, a tal punto che fanno affari che gli autoctoni non sembrano più in grado di assicurare.

Parecchio radicata in città è anche la comunità marocchina, che a partire dalla fine degli anni ’70 si è stabilizzata, sparpagliandosi da nord a sud: all’inizio perlopiù presenze individuali, commercianti o lavoratori stagionali che dopo qualche tempo riuscivano a ricongiungersi con le famiglie, i marocchini rappresentano la maggioranza musulmana messinese.

Rumeni e polacchi sono arrivati quasi contemporaneamente all’inizio degli anni ’90, quando la caduta dei regimi comunisti ha permesso l’espatrio di chi andava in cerca di libertà e fortuna. I secondi, una volta più numerosi, si sono assottigliati di parecchio, i rumeni sono stabili, e oggi rappresentano la terza popolazione straniera per numero.

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