MESSINA. Ad un certo punto, ieri notte, un minuto prima della scadenza del termine perentorio per la presentazione, Messina non aveva un piano di riequilibrio: alle 23.59, infatti, il moloch “SalvaMessina”, con la settantina di allegati, tutti piuttosto pesanti, era ancora nell’iperspazio del web tra la casella di posta elettronica del Comune e quella della sezione controllo della Corte dei Conti. Alle 23.59 e 58 secondi, infine, è arrivato il messaggio di trasmissione riuscita. Due secondi. Non bastasse la narrativa epica del “SalvaMessina”, ci si è aggiunta anche la chiosa di suspance. E’ l’unica volta, in un’ora e mezza di conferenza stampa, in cui il sindaco Cateno De Luca indulge in qualcosa che non siano numeri.

Numeri per spiegare il piano di riequilibrio, numeri per spiegare che il dissesto è tutt’altro che scongiurato. Anzi. Ma non dipenderà più dal Comune, se dovesse essere default. Che sarà conseguenza in massima parte dall’atteggiamento che i creditori (soprattutti i grossi creditori), avranno nei confronti di Palazzo Zanca: se concederanno, cioè, una rateizzazione e se accetteranno un consistente abbattimento del debito (quasi 170 milioni di euro certi, e altri 71 di giudizi ancora in corso): altrimenti non potrà che essere dissesto.

Come si ripagherà il debito del Comune, ben oltre il mezzo miliardo? Il “progetto Manhattan” dell’amministrazione di Cateno De Luca è la partecipata che si occuperebbe di patrimonio immobiliare, che gestirebbe un monte immobili da “seicento milioni o un miliardo – ha spiegato De Luca – ovviamente anche se dovesse fruttare solo duecento milioni di euro per noi sarebbe ottimo. Con 200 milioni di euro di entrate dal patrimonio immobiliare noi chiudiamo il piano di riequilibrio in cinque anni“.

Un’altra voce, che vale quasi 89 milioni di euro nel vent’anni di durata del piano di riequilibrio (quindici in realtà, perchè scadrebbe nel 2033) sono gli introiti dalla lotta all’elusione dei tributi, in massima parte Imu e Tari (casa e spazzatura). Una voce che De Luca, in conferenza stampa, non ha enfatizzato particolarmente, “perchè abbiamo capito a quali argomenti è sensibile chi dovrà giudicare il nostro piano, e se le dismissioni sono una scelta politica, e dipendono da noi e dal consiglio comunale, la riscossione di 88 milioni di euro è un po’ più complicata”, ha spiegato efficacemente.

Un impegno che De Luca ha preso pubblicamente è quello di portare in consiglio comunale il monitoraggio semestrale dell’andamento del piano di riequilibrio “per discutere e suggellare la condivisione delle scelte”.

E se nessuna delle misure in campo dovesse funzionare, a cominciare dall’abbattimento del debito coi creditori? “Entro fine anno porterò in aula la delibera di dissesto, e quindi mi dimetterò. Non ho intenzione di governare Messina in fallimento, questo è certo”, ha concluso Cateno De Luca.

 

 

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