MESSINA. “Quando nel lontano 1948 fondammo – con Monnet, Munari e Soldati – il Movimento per l’Arte Concreta (MAC), non ci aspettavamo certo che, nel giro di pochi anni, il nostro appello per un’arte non figurativa, anti-novecentesca, e integrativa dell’architettura e del design, si estendesse così rapidamente lungo tutta la Penisola. E, invece, accanto ai raggruppamenti di Torino, Napoli, Genova, tra i primi a seguire il nuovo verbo dobbiamo ricordare i siciliani Michele Santonocito, Dino Caruso e Aldo Indelicato, soprattutto i due ultimi sin dall’inizio attenti a quella “sintesi delle arti” di cui anche il gruppo milanese e in seguito il MAC-Espace (divenuto internazionale) doveva occuparsi”: così scriveva Gillo Dorfles nel 1998, nel bel catalogo che accompagnava la mostra curata da Aldo Indelicato e dedicata al “MAC siciliano”, allestita al teatro Vittorio Emanuele di Messina.

Mostra “Sei Astrattisti Siciliani” alla Silmarc di Messina, 1960. Da sinistra Caligiore, Caruso, Indelicato, Vanadia, Castagna, Salini

Il Movimento Arte Concreta (MAC) era stato fondato a Milano, il 22 dicembre 1948, dall’allora pittore (poi divenuto critico d’arte) Gillo Dorfles, dall’artista-architetto Gianni Monnet, leader del gruppo, dal designer Bruno Munari e dal pittore Atanasio Soldati, esponente della corrente artistica dell’astrattismo. Un gruppo formato da quei pochi artisti che avevano rifiutato in toto la tradizione del Novecento Italiano, non avevano accettato le attitudini artistiche e ideologiche del realismo sociale e il cui comune obiettivo era quello di promuovere l’arte non figurativa, un libero astrattismo di orientamento prevalentemente geometrico. Un’arte “concreta” che attinga a forme, linee e colori elaborati in maniera autonoma dalla personale immaginazione dell’artista, invece che dai procedimenti di astrazione delle immagini della natura.

Retrocopertina del primo numero della rivista “arte concreta” del MAC (1951)

Il MAC si mosse su un terreno artistico nuovo, proponendo un allargamento della creatività a più discipline e riunendo, perciò, non solo pittori o scultori, ma anche architetti, industrial designers e grafici. Di un rinnovamento del gusto sostanziato da una ricerca di purezza formale, osserva Marina D’Alò, di un nuovo internazionalismo estetico, di un inedito linguaggio espressivo si trattava, fondendo pittura, scultura, design, architettura e grafica: in una parola, la “sintesi delle arti”. Che il messinese Aldo Indelicato, uno dei protagonisti del MAC siciliano, ritenne obiettivo oltremodo gratificante anche se di non facile realizzazione, avvalendosi spesso della collaborazione di artisti come Dino Caruso, Salvatore Castagna e Mario Lucerna.

Copertina del catalogo di una mostra celebrativa della fondazione del MAC

Dal 1953 al 1958, quando il MAC dopo dieci anni si sciolse, Aldo Indelicato da poco architetto (aveva studiato architettura con Roberto Pane e Ludovico Quaroni nelle facoltà di Venezia e di Napoli, dove si era laureato nel 1952) fu nelle sue realizzazioni interprete raffinato e aperto alle correnti europee più avanzate di arte contemporanea, creando architetture che diverranno, e sono, opere-simbolo di quel purismo formale che stava alla base della “sintesi delle arti”. Una di queste “icone” fu il cinema Metropol a Messina (1957-58), in cui l’architettura di Indelicato si sposò, molto abilmente, con la scultura del calatino Gesualdo (Dino) Caruso componente, insieme ad Indelicato e a Michele Santonocito, del gruppo di Catania del MAC.

Bozzetto plafond cinema Metropol, Aldo Indelicato,1956

Cinema Metropol. Disegno a matita di Aldo Indelicato dell’ingresso alla tribuna (1956)

Vetrina porta d’ingresso del cinema Metropol. Disegno di Aldo Indelicato

“Il presupposto critico dell’Arte Concreta – scriveva Indelicato – infatti, consisteva nel servirsi non di rielaborazioni, più o meno alla lontana, della cosiddetta “realtà visibile”, ma soltanto del cromatismo, del contrappunto cromatico e del ritmo compositivo”. Ritmo di “arte totale”, cioè sintesi di architettura, pittura e scultura che trovava, nella tribuna del cinema Metropol sul volume della cabina di proiezione, in particolare, le note di una musicalità che raggiungeva i vertici più elevati dell’espressione artistico – architettonica.

Il Metropol, già, agonia di un’architettura, di un cinema, di un’epoca, del suo creatore, Aldo Indelicato. E che un supermercato, simbolo del becero consumismo di questi tempi, ha stravolto e annientato nell’assordante silenzio della città e delle sue istituzioni.

 

La Tribuna del cinema oggi, deposito merci del supermercato

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