MESSINA. Trent’anni di attesa per un’opera pubblica (l’inizio del progetto risale al 1988), una prima consegna nel 2008 all’allora prefetto Francesco Alecci, poi nel 2009 al sindaco Giuseppe Buzzanca,  un accordo tra Regione, Sistemi Urbani e Rfi firmato a giugno del 2013, la gara bandita dall’Urega nel 2016, quando nel frattempo era subentrata la nuova normativa che imponeva non solo il massimo ribasso ma una proposta migliorativa. Oggi la firma. E prima della fine dell’anno, forse, l’apertura dei cantieri.

Questa, a grandi linee, la storia della via Don Blasco, una specie di araba fenice morta e risorta dalla proprie ceneri nell’arco di tre decenni che oggi sembra sul punto di partire. E di arrivare, dato che il Consorzio stabile Medil Scarl, composto dalle tre ditte aggiudicatarie dei lavori, ha firmato un impegno contrattuale di 320 giorni lavorativi invece dei 417 previsti in appalto, col 17% di ribasso sui 27 milioni di euro di finanziamento.

Ufficialmente, da progetto esecutivo, si chiama “Strada di collegamento tra il viale Gazzi e l’approdo delle Ferrovie”: è la via che dovrebbe impedire l’attraversamento della via La Farina ai tir, che negli anni di vittime ne hanno mietute abbastanza, e che è stata finanziata dalla regione in massima parte, e dall?Autorità portuale per cinque milioni di euro.

Come è possibile che perchè si possa apporre la firma sul contratto che ufficializza l’avvio dei lavori su un’opera pubblica ci si impieghino trent’anni? Lo ha spiegato Antonio Rizzo, a capo del pool di cieci progettisti che hanno messo su carta l’opera: “Si tratta essenzialmente di ritardi nel finanziamento – spiega schiettamente l’ingegnere – poi nel 2013 l’allora assessore regionale alle Infrastrutture Antonino Bartolotta, messinese, scoprì fondi residuali per la viabilità di accesso ai porti ai quali nessuno mai aveva pensato di attingere. fatto questo, tutti i tasselli sono andati al loro posto”.

Trent’anni di attesa potrebbero fare immaginare chissà quali difficoltà ingegneristiche. Macchè, spiega lo stesso progettista. “Tutti i problemi sono stati di natura burocratica. Un esempio? Tre aggiornamenti ai prezziari regionali: in tutti questi anni in cui il progetto è stato fermo, l’opera è passata da otto miliardi di lire degli anni ’90 ai 24 milioni di euro di oggi. Personalmente – racconta – ho conosciuto 15 tra dirigenti e funzionari Rfi, ed il passaggio da Metropolis a Sistemi urbani nella società che si occupa del patrimonio immobiliare delle ferrovie: cambiavano i protagonisti e si rimetteva tutto in discussione”.

Particolari problemi di fattibilità, d’altra parte, l’opera non ne presenta: “C’è qualche nodo più difficoltoso, ma nulla di impossibile – conferma Rizzo – Il sottopasso di via santa Cecilia è uno di quelli, perchè passa sotto una linea ferroviaria ed impone lavorazioni particolari, poi la zona torrente Zaera e viale Europa, è complessa perché si lavora in un alveo di torrente, e al “curvone” di Gazzi ci sono deposito atm, linea del tram, e sottopasso delle ferrovie dello stato, ma niente di irrisolvibile”

Tutto pronto, quindi? Non ancora. C’è il nodo espropriazioni: i terreni, cioè,  che il Comune dovrà espropriare e risarcire a due imprese ed un centinaio di proprietari. Per questo, è stato creato un apposito ufficio al Comune: “Non dovremmo avere problemi legali, perchè per l’opera ci sono le dichiarazioni di pubblica utilità, e comunque oltre il 50% degli espropriati hanno risposto alla convocazione del Comune per risolvere la questione a tavolino”, ha spiegato Giovanni Bruno, dirigente di Palazzo Zanca e responsabile dell’ufficio.

In tutto, la strada misurerà 3,8 km, e si lavorerà “per 11 tronchi in contemporanea”, come ha sottolineato Flavian Basile, responsabile dell’impresa. “Tutto controllato da remoto, in maniera da avere in tempo reale il quadro dei lavori e l’andamento rispetto alla tabella di marcia”, ha aggiunto Rizzo. “Dopo la cessione delle aree di via santa Cecilia da parte di Rfi si inizia”, hanno comunicato l’assessore ai Lavori pubblicvi Sergio De Cola e il segretario generale Antonio Le Donne:  3,2 su 3,8 km sono aree già disponibili. “In gergo si chiama “ultimo miglio”, il fondamentale collegamento tra porto e rete urbana”, ha spiegato Ettore Gentile dell’Autorità portuale. Chiude il sindaco Renato Accorinti: “Insieme al porto di Tremestieri stiamo liberando la città dalla schiavitù dei mezzi pesanti. Un merito che ci va riconosciuto”.

 

Subscribe
Notify of
guest

0 Commenti
Inline Feedbacks
View all comments