MESSINA. Il giorno del giudizio è arrivato lunedì sera tardi. Alle 22.30, dopo nove ore di camera di consiglio, il presidente della prima sezione penale del tribunale Silvana Grasso ha letto la sentenza di primo grado che infligge un durissimo pugno allo stomaco al consiglio comunale messinese: condanne per truffa e falso per tutti gli imputati, provvisionale altissima (diecimila euro da pagare immediatamente, per tutti e diciassette gli imputati), e Comune da risarcire in sede civile per i danni subiti, nonchè rifusione delle spese sostenute dallo stesso Comune, quantificate in 3500 euro ciascuno, oltre alle spese accessorie di legge.

Il pugno di ferro il collegio giudicante lo ha riservato alle condanne, che in parecchi casi sono andate oltre le richieste del pubblico ministero Francesco Massara: per Nino Carreri  l’accusa aveva chiesto 3 anni e 6 mesi e multa di 1500 euro), il giudice ha disposto quattro anni di reclusione. Quattro anni anche per Santi Sorrenti (richiesta 3 anni e 7 mesi e multa di 1600 euro), Andrea Consolo (richiesta 3 anni e 8 mesi e multa di 1700 euro), Carmelina David (richiesta 4 anni e 1 mese e multa di 2100 euro), Angelo Burrascano richiesta (4 anni e 3 mesi e multa di 2300 euro), Nicola Crisafi (richiesta 4 anni e 10 mesi e multa di 3100 euro) e Pio Amedeo (richiesta 4 anni e 7 mesi e multa di 2800 euro).

Pena aumentata rispetto alla richiesta per Piero Adamo e Nicola Cucinotta: per entrambi condanna a quattro anni e otto mesi, a fronte di una richiesta da 4 anni e multa di 2000 euro, e per Giovanna Crifò, che a fronte di una richiesta per 4 anni e mezzo e multa di 2600 euro, ha ricevuto una condanna a quattro anni e dieci mesi.

Condanna più mite, rispetto alle richieste, per Carlo Abbate, Santi Zuccarello e Benedetto Vaccarino: quattro anni e mezzo invece di, rispettivamente, 4 anni e 9 mesi e multa di 3000 euro, 4 anni e 11 mesi e multa da 3200 euro, e 5 anni e multa da 3500 euro. Condannati a 4 anni e 3 mesi Paolo David e Fabrizio Sottile, per i quali in sede dibattimentale le richieste del pm erano state di 4 anni e 9 mesi e multa di 3000 euro, e 4 anni e 8 mesi e multa di 2900 euro.

Per Libero Gioveni e Nora Scuderi, Massara aveva chiesto l’archiviazione: il collegio invece ha disposto una reclusione di tre mesi per entrambi, oltre spese, risarcimento in sede civile e provvisionale, come per tutti gli altri imputati.

In questo bagno di sangue, c’è un unico lato positivo, per i diciassette consiglieri: nessuno di loro decadrà ai sensi della legge Severino, perché per tutti l’abuso d’ufficio, che avrebbe comportato la sospensione e la sostituzione immediata coi primi dei non eletti, è stato ritenuto non commesso, e per quello specifico capo d’imputazione sono stati tutti assolti.

E ora?  Le prime conseguenze si vedranno stamattina stessa, durante la seduta di consiglio comunale: la prima dopo la tempesta, e le pesanti condanne. A caldo, nessuno degli imputati si è sbilanciato, sia per questioni di opportunità che, soprattutto, per il senso di smarrimento che ti arriva addosso quando accanto al tuo nome senti una condanna che per nessuno (tranne due) è stata inferiore a quattro anni. Per immaginare come si comporteranno i consiglieri condannati in primo grado, ma anche i colleghi, servirebbero davvero poteri divinatori. 

La prima, la madre di tutte le domande è: che legittimità può avere un consiglio che ha subito questo violentissimo montante al mento? Perché è la prima volta in oltre dieci anni che i consiglieri sono condannati nell’esercizio delle loro funzioni: era accaduto nel 2005 con la condanna al risarcimento di un debito fuori bilancio di Messinambiente a carico di chi l’aveva votato, e per molti mesi l’attività fu bloccata dal “terrore” che circondava il voto su ogni atto amministrativo. E quello eletto nel 2013 non è mai stato un consiglio comunale che globalmente ha brillato per efficienza.

Piero Adamo, uno di quelli che in consiglio c’è stato attivamente, ed in commissione Cultura ha lavorato davvero e con risultati tangibili, con che spirito proseguirà dopo una condanna che per la sua storia di militanza politica vivrà come uno stigma? E Andrea Consolo, consigliere che, lo dimostrano i numeri, all’accumulare sedute per percepire gettoni di presenza non ha mai dato troppo peso, come riparametrerà il suo impegno? E tutti gli altri, come accoglieranno le proposte dell’amministrazione, sapendo che il Comune sarà la loro controparte in sede civile quando ci saranno i danni d’immagine da liquidare?

Perché, nonostante siano finiti tutti nello stesso calderone, le storie personali, politiche ma anche di impegno reale in consiglio non sono le stesse per tutti i consiglieri. E ieri alla sbarra si sono ritrovati quelli che hanno lavorato sodo a coronamento di una storia di impegno e militanza e quelli che nell’aula hanno trovato un modo rapido e non troppo faticoso per arrotondare (o assicurarsi tout court) lo stipendio.

E gli elettori? Di queste condanne se ne ricorderanno tra un anno (o tra tre mesi, casomai qualcuno avesse avuto ambizioni da deputato regionale) o come sempre passerà in cavalleria il fatto che tra i condannati ci sono i consiglieri che hanno fatto incetta di preferenze nel 2013 quali Vaccarino e Cucinotta (secondo e terzo più votati nel Pd dopo Emilia Barrile) o Giovanna Crifò (prima nelle liste del Pdl) o ancora Burrascano e Amadeo (secondo e terzo nel Megafono)?

Arriveranno dimissioni o si continuerà perché, prosaicamente, i diecimila euro di provvisionale da pagare immediatamente sono sproporzionati rispetto al profitto che quel pugno di gettoni di presenza “facili” ha procurato? E in secondo grado arriverà qualcuno a smontare le tesi sostenute dall’accusa e accolte dal collegio giudicante, magari basandosi su quelle che nel processo “stralcio” a tutti i consiglieri indagati sono valse il proscioglimento per ipotesi di reato pressochè sovrapponibili?

Domande le cui risposte, non facili, si riverbereranno in tutta l’attività di Palazzo Zanca, a partire da stamattina. Perchè il comune di Messina un momento così delicato, per cento motivi, non l’aveva mai vissuto. Ieri, alle dieci e mezza di sera, dopo un interminabile pomeriggio ed una serata in cui la tensione era palpabile, e al termine di una estenuante camera di consiglio di nove ore, è arrivato lo spartiacque definitivo. Perché dopo Gettonopoli, niente sarà più come prima.

 

 

 

 

 

 

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