MESSINA. Tre relazioni. Tante ce ne sono volute perché l’amministrazione Accorinti decidesse le linee guida per il concordato preventivo da sottoporre entro fine giugno al tribunale fallimentare per evitare il crac di Messinambiente. E alla terza relazione si è capito che l’orientamento del concordato andrà in direzione della continuità aziendale e non verso la liquidazione, come era emerso dalla seconda relazione.

A sottolinearlo è Marcello Parrinello, consulente legale di Messinambiente per la richiesta di fallimento che pende sul capo della partecipata. Cosa comportano le due differenti procedure, e perché si è scelta la via della continuità? Col concordato in continuità, di fatto MessinaServizi non sarebbe altro che una Messinambiente “sotto mentite spoglie”: sarebbe trasferito il ramo d’azienda all’interno del quale ci sono i lavoratori ed i Tfr che spetta loro, quindi cinque milioni di gravame che la nuova società erediterebbe prima di aver raccolto dai cassonetti un solo sacchetto. Viceversa, col concordato liquidatorio, si ricomincerebbe sostanzialmente da zero, col licenziamento dei lavoratori, che sarebbero riassunti dalla Srr e poi da questa “dirottati” alla MessinaServizi, che non avrebbe debiti provenienti dal passato. Problema è che…non c’è posto per tutti i dipendenti, ma solo per 454.

E’ proprio sul personale Messinambiente e Ato che dovrebbe transitare nella nuova MessinaServizi Bene Comune,  che Parrinello entra nello specifico: in sostanza, nel concordato con continuità, il trasferimento dei lavoratori da Messinambiente a MessinaServizi verrebbe agganciato al trasferimento del ramo d’azienda. I vantaggi? I lavoratori manterrebbero le stesse qualifiche, ed il Tfr passerebbe alla MessinaServizi, sgravando così Messinambiente dal relativo debito.

“Segnaliamo un passaggio essenziale – sottolinea però Parrinello – gli accordi individuali per essere adeguati ai loro scopi devono essere sottoscritti da tutti, ma proprio tutti i lavoratori”. Perché la sottolineatura? Perché anche questa soluzione, più agevole, comporta comunque l’accettazione, da parte dei lavoratori di ogni profilo patrimoniale che li riguardi. Anche, eventualmente, “eventuali riduzioni” del credito loro spettante, adombra il legale.

Nel concordato liquidatorio, invece, le cose si complicherebbero: “L’unica soluzione – scrive Parrinello – sarebbe quella di licenziare i lavoratori e farli transitare da Messinambiente alla Srr”, e da questa alla nuova MessinaServizi. Dove sarebbe il problema con questa soluzione? Che non si garantirebbe il salvataggio di tutti i posti di lavoro attuali: “Esiste il rischio concreto che si possa applicare solo ai lavoratori in pianta organica alla data del 31 dicembre 2009 e non a quelli sopravvenuti (anche se riconosciuto in forza di sentenza passata in giudicato)”, avverte Parrinello.

A rischiare, in questo caso, sarebbero in 110: una situazione che l’amministrazione aveva ben chiara sin da fine 2016, quando in una lettera, firmata da Renato Accorinti in qualità di presidente facente funzione della SRR Messina Città Metropolitana, dall’oggetto “Avvio dell’operatività della Srr: copertura piano finanziario”, ad un certo punto era espressamente indicato che “dovranno trovare utilizzazione e collocazione nel gestore del servizio del comune di Messina” solo 454 dipendenti.

Problema che sembra superato con la decisione da parte dell’amministrazione di avvalersi del concordato in continuità. Restano sul tavolo tutti gli altri, di problemi, che la scelta si porterà dietro. Decisione favorevole del tribunale permettendo.

Ma oltre alla questione occupazionale, ce n’è un’altra meramente economica. A chiedere il fallimento di Messinambiente è stata l’Agenzia delle entrate, che vanta un credito da settanta milioni di euro nei confronti della partecipata per tributi mai pagati. Messinambiente, spiega Parrinello, gliene riconosce solo dieci, di milioni, in qualità di creditore privilegiato (in quanto promotore dell’azione fallimentare). Per i sessanta milioni restanti, il concordato con liquidazione impone che sia rispettata la percentuale minima prevista dalla legge, cioè il 20%: ulteriori dodici milioni di euro che Messinambiente dovrebbe riconoscere all’Agenzia delle entrate. Viceversa, col concordato in continuità non esistono percentuali minime da rispettare: “si potrebbe prevedere, per esempio, solo il 2%, cioè 1,2 milioni di euro in luogo di 12”, scrive Parrinello nella sua relazione.

 

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Carmelo Scandurra
Carmelo Scandurra
31 Maggio 2017 8:24

Peccato che l’Avv. Parrinello parla esclusivamente nell’interesse di Messinambiente e non di un nuovo sistema rifiuti. Non si mette in conto che il Piano ARO ne prevede l’utilizzo di tutti i lavoratori, nessuno escluso. E’ solo una manovra per salvaguardare tutti quei aumenti di livello illegittimi. Vergogna!!!