di Armando Donato (storico militare)

Da qualche anno a questa parte si commemorano a Messina i marinai russi indicati come primi soccorritori dei messinesi immediatamente dopo il fatale sisma. Tuttavia ciò, almeno in parte, non corrisponde al vero.

Quella tragica mattina il porto della città era pieno di bastimenti adibiti al trasporto merci (circa una ventina) e navi militari (circa 13) in massima parte non complete degli equipaggi e soggette a lavori vari. Tra queste l’incrociatore Piemonte e le torpediniere Saffo e Spica della Regia Marina. Il comandante del Piemonte, capitano di vascello Passino, era sceso a terra per passare la notte insieme alla famiglia. In porto vi erano anche due grossi piroscafi della Navigazione Generale Italiana, ovvero lo Scrivia e il Montebello, mentre altri erano in navigazione verso Messina.

Tra i vapori commerciali presenti vi erano anche quelli inglesi Ebro, Mariner e Afonwen, per un totale di 60 uomini. La squadra navale russa non era a Messina, poiché ancorata tra Augusta e Catania, mentre quella inglese si trovava a Siracusa e la Divisione Volante italiana, composta dalle navi Regina Elena, V. Emanuele e Napoli al comando del contrammiraglio Viale, era in navigazione tra Napoli e Golfo Palmas.

Alle 5,20 le potenti scosse colpirono l’area dello Stretto e i conseguenti effetti arrecarono danni anche alle navi in porto. Sul Piemonte, essendo il comandante assente, prese il comando il primo ufficiale capitano di corvetta Ciano, poi sostituito dal parigrado Cerbino. Essendo completamente saltati i collegamenti con la terraferma, Ciano ordinò di calare in mare quando possibile una lancia con una squadra di soccorso, mentre la Spica si allontanò per cercare una stazione telegrafica funzionante sulla costa e la Saffo accostava per sbarcare anch’essa una squadra di marinai. Intanto il piroscafo inglese Afonwen, col suo comandante Owen, manovrava tra i rottami galleggianti nel porto allo scopo di raggiungere un punto di attracco.

I primi a sbarcare nell’immediato per dare soccorso e cercare di raggiungere il consolato inglese, furono proprio 5 marinai dell’Afonwen e il suo comandante. Poco dopo anche l’altro piroscafo inglese Mariner riuscì a sbarcare una pattuglia che portò a bordo una ventina di feriti poi trasportati a Palermo, stessa destinazione del terzo piroscafo inglese, sul quale erano stati caricati 16 feriti e il console inglese Gaston.

Mentre la Regia Marina istituiva un posto di medicazione per feriti gravi e dopo un ospedale da campo, dalla torpediniera Saffo erano sbarcate due squadre (armate) di soccorso composte da 8 marinai al comando del capotimoniere Donini che alle 8 del mattino riuscirono a salvare 15 persone, mentre un altro gruppo di marinai agli ordini del comandante della torpediniera tenente di vascello Saccarese, prendeva sucessivamente terra. Effettuati i soccorsi la nave si adoperò per il trasporto di viveri.

Anche i marinai del Piemonte erano nel frattempo riusciti a sbarcare alla ricerca di superstiti e del loro comandante (perito con la sua famiglia), mentre la nave cominciava ad imbarcare 50 feriti e 300 tra donne e bambini. Nella mattinata stessa partirono pieni di feriti i piroscafi Tirreno, Scrivia, Montebello, Avvenire, Amicizia P., Loreto, Trapani e Simeto. Alle 20 e 30 del 28 dicembre il Ministero della Marina ricevette il primo dispaccio telegrafico inviato alle 17 e 25 dalla torpediniera Spica presso Marina di Nicotera. Nella notte tra il 28 e il 29 si mobilitarono varie navi militari per il trasporto di materiali, mentre a Messina si organizzavano le prime opere di soccorso, vigilanza e sicurezza pubblica.

Mentre i marinai italiani e inglesi erano dunque all’opera già sin dai primi minuti, la squadra navale russa con le corazzate Cesarevtch e Slava e l’incrociatore Makaroff giunse dopo 27 ore seguita da quella inglese con l’incrociatore corazzato Sutlej e il cacciatorpediniere Boxer. Nella mattinata del 29 arrivò a Messina anche la suddetta squadra volante italiana. Dopo 10 ore dall’allarme la mobilitazione era a buon punto, tanto che poté partire una squadra italiana di navi ausiliarie (6 più 3 cisterne) con medicinali, viveri, attrezzi per lo sgombero macerie e disinfettanti. Furono inoltre utilizzati grossi piroscafi per offrire ricovero ai feriti e superstiti, mentre altri navi militari e civili si adoperarono per il trasporto di feriti e materiale vario.

Nell’arco di 24 ore si era dunque attivato il meccanismo internazionale di soccorso che vedeva mobilitarsi varie potenze europee in aiuto dei messinesi.

Da questa breve sintesi si evince ed è bene ricordarlo, che di fatto i primi e immediati soccorsi furono portati tra immense difficoltà dai marinai inglesi e italiani delle navi presenti in porto, che nonostante i mezzi inadeguati e i rischi derivanti da ulteriori scosse, crolli, incendi e bande di saccheggiatori e galeotti, salvarono molte vite iniziando l’opera di recupero che fu poi continuata dal personale delle marine russe, inglesi, italiane e gli altri stati via via intervenuti.

 

 

L’incrociatore Piemonte e i marinari italiani, russi e inglesi impegnati nei soccorsi (collezione Giorgio Spazzapan; da G. Licata 1968)

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