Avevo pensato che scrivere di Amadeus e delle polemiche presanremesi avrebbe solo contribuito a dare maggior luce ad Amadeus stesso, ma dato che l’uomo ricordato dal web per una risposta sulla cipolla ha replicato in modo stizzito citando Troisi e, ovviamente, scaricando la responsabilità dei suoi pensieri su una scarsa capacità di comprendere le sue parole da parte di chi le ascoltava, siamo qua. E siamo qua perché in fondo Amadeus può pensare che la bellezza di una ragazza stia nel suo stare un passo indietro al suo uomo, Amadeus può apprezzare i profili di coppia, Amadeus può fare quello che vuole—a noi non piace particolarmente, per cui proviamo a suonargliele con una playlist ad hoc proprio per lui. E poi, dopo, ce ne andiamo tranquillamente a casa a mangiare la pasta e fagioli.

Madonna – Like a prayer

Una che ha sempre fatto quello che le pareva, senza fermarsi davanti a nulla. Dopotutto, perché avrebbe dovuto? Madonna è un simbolo come nessun’altra forse è stata nella storia. Le sue uscite sopra le righe, la sua abilità da popstar, il suo saper stare sul palco e in studio con una qualità incredibile sono emblematici e non temono smentita. Però dietro Like a prayer c’è anche una storia carina che ci ha spinti a selezionare proprio questa canzone anziché mille altre possibili: quando uscì gli Amadeus del tempo (era il tramonto dei gloriosi anni ’80) non apprezzavano i doppi sensi inseriti nel brano, per cui boicottarono la Pepsi, che aveva scelto proprio Like a prayer per i suoi spot. Contratto stracciato, ma soldi sempre in tasca per lei. Perché non devono essere alcuni personaggi inabili a comprendere il contesto a rovinare la vita delle persone.

Ke$ha – Die Young

Avete presente quando ci si riempie la bocca di frasi fatte quali “se una donna subisce violenze deve denunciare” o i simpaticoni del web che sfottono tutte le artiste che si sono fatte avanti nei mesi successivi allo scandalo Weinstein? Ecco, io penso che tutta questa gente dovrebbe dare un’occhiata alla storia di Ke$ha; musicalmente mai stata tra le mie favorite, ma quanto accadutole è emblematico di che tipo di ambiente sia quello dello star system americano (e non solo). Forse poco utile approfondire qui i temi della causa e il suo termine, probabilmente meglio ricordare che l’informazione anche qua in Italia viveva una storia di violenze (testimoniate) come una sorta di soap opera. Perché in fondo il sessismo non è qualcosa che si fa, ma qualcosa che – permetteteci la licenza – si è.

Joan Jett & The Blackhearts – Bad Reputation

Prima di iniziare devo scrivere una cosa che mi ha fatto morire dalle risate, perché quando scrivo la playlist vado logicamente ad ascoltarmi le canzoni di cui parlo. Non focalizzando immediatamente il nome di battesimo della Jett, ho scritto per l’appunto il suo cognome, mentre stavo per digitare anche le parole “bad reputation” YouTube mi ha suggerito la ricerca “jett sta fedina”. Non ho approfondito, lo farò forse più avanti, ma so di poterlo scrivere perché non mi giudicherete male, e se anche doveste farlo userò come scudo le parole di Joan Jett, perché non me ne fregherebbe davvero nulla della mia cattiva reputazione. Cantante dal carisma stratosferico, possiamo dire a cuor leggero che lei a Sanremo non metterebbe piede, non in questo Sanremo perlomeno, e se lo facesse dovrebbero fare tutti ma proprio tutti almeno cinque passi indietro.

Bikini Kill – Rebel girl

Ogni tanto ci adagiamo a pensare che le girl band siano più che altro voci pop e poco altro. Certo, le popstar hanno una fetta di popolarità importante e quindi ottengono (forse anche su queste pagine, facciamo mea culpa) una vetrina migliore. Ma oltre le gambe c’è di più, come si era soliti dire qualche tempo fa in altri contesti, e per questo noi andiamo a recuperare un brano, forse il più famoso, delle Bikini kill. Tratto da Pussy whipped, il loro disco del 1992, Rebel girl è una canzone sfacciatamente femminista, senza mezzi termini, nella concezione più pura di questa mentalità: l’orgoglio, l’amicizia, il rispetto. Il modo di amare sé stessi amando anche altri, rispettandoli appunto, e poi c’è un verso che vale la carriera di centomila altre band: “In her kiss I taste the revolution”. Bellissimo, enorme, straordinario.

IDLES – Mother

Non serve essere donne per essere femministe, perché la battaglia per i diritti non deve comprendere solo i propri. Ed è per questo che I AM A FEMINIST-AH! urlato da Joe Talbot prima di Mother nel live al Bataclan degli IDLES è uno dei simboli musicali del ventunesimo secolo. Canzone dura, durissima, schietta e diretta, che racconta l’eroismo della madre del frontman, una donna che si è spaccata la schiena per tutta la vita e che ha educato il suo ragazzo nel migliore dei modi. Inutile aggiungere pareri personali in una canzone che parla bene da sé: “La violenza sessuale non inizia e finisce con lo stupro, inizia nei nostri libri e dietro i cancelli scolastici; gli uomini si spaventano che le donne gli possano ridere in faccia, mentre le donne si spaventano che loro possano ammazzarle”. Se non siete d’accordo con queste frasi o ritenete siano troppo pesanti, be’, forse dovreste fare un passo indietro voi e imparare il rispetto di base verso le altre persone.

Subscribe
Notify of
guest

0 Commenti
Inline Feedbacks
View all comments