MESSINA. Riceviamo e pubblichiamo la lettera aperta indirizzata all’ASP e all’ordine dei medici di Messina, all’assessorato regionale della sanità, alla prefettura, al presidente della Regione Sicilia e al Ministero della Salute da parte del Coordinamento Unitario delle Sinistre d’Opposizione di Messina, che analizzano la situazione delle strutture ospedaliere a Messina e provincia (rinvenendo una “ghiotta occasione affaristica”) e chiedendo se le istituzioni sono pronte e attrezzate per la fase 2.

Di seguito il testo integrale firmato da Giacomo Di Leo per il Partito Comunista dei Lavoratori (Me), Alfonso Calabrese per il Partito Comunista Italiano (Me), Vito Giunta per il comitato No Precarietà – No Frane (Me), Antonio Bertuccelli per il Fronte di Resistenza Comunista (Me) e Cristoforo Tramontana per il circolo “Ventunounoventuno” di Milazzo:

 

Il Presidente della Regione Musumeci, seguendo le indicazioni fissate dal Presidente del Consiglio dei Ministri Conte, ha dichiarato che vi sono ormai le condizioni per allentare le restrizioni dettate dall’emergenza Covid 19. Si prospetta, infatti, per tutto il territorio nazionale l’avvio della fase 2 di ripartenza. Dal 4 maggio, gradualmente, alcune attività essenziali dovrebbero riaprire sotto controllo. L’annuncio rischia di ingenerare un ottimismo fuori luogo nella cittadinanza. Perché non si può pensare che la fine della pandemia possa avvenire come d’incanto. I rischi derivanti da una cattiva informazione e da un’insufficiente azione di controllo del rispetto delle norme di prevenzione e di tutela della salute nei posti lavoro, negli uffici, e negli spazi urbani sono altissimi.

Ci si chiede se le istituzioni siano pronte e attrezzate per tale evenienza. Se gli organismi preposti abbiano un preciso programma per compiere un primo passo verso la ripresa della vita civile. Perché i rischi di un ritorno del contagio, a sentire autorevoli e numerosi esponenti della comunità scientifica, devono ritenersi altamente probabili. Pertanto è lecito chiedersi: cosa intendono fare le istituzioni per tutelare la salute collettiva? Già in tempi di quarantena, a livello nazionale, regionale e locale, ci si è mossi scompostamente e nella più disarmante penuria di mezzi. Si vuole continuare ancora in maniera irresponsabile a obbedire agli interessi degli industriali di riprendere comunque la produzione, mentre è necessario anteporre al profitto la vita e la salute degli operai, degli operatori, degli impiegati e dei tecnici.

Si chiede pertanto di definire per tempo un programma di interventi a garanzia di una sicura e ordinata fase 2. Noi vogliamo che sia scongiurata l’eventualità che l’irresponsabilità politica e organizzativa riproduca ciò che si è verificato a Messina e provincia. Sia a Messina città e sia nella fascia del Tirreno pesanti criticità si sono registrate e si registrano ancora in particolare a Sant’Agata Militello, a Barcellona Pozzo di Gotto e a San Marco D’Alunzio, dove le infrastrutture sono manifestamente inidonee a fronteggiare l’emergenza tanto che vi si sono verificati nuovi contagi.

In città, il Policlinico Universitario “G. Martino”, sulla linea degli accordi e dei provvedimenti approvati dalla Giunta regionale il 13 marzo 2020, ha deciso di destinare un intero padiglione per il ricovero e il trattamento di ammalati Covid -19 in reparti di terapia intensiva e semi intensiva. Pur disponendo di professionalità specializzata ad ogni livello necessario, nella struttura universitaria non sono mancati i decessi e i disservizi a causa dell’attesa prolungata delle forniture di materiali indispensabili. Ed i tempi dilatati per i responsi in ordine alla somministrazione dei tamponi. Anche se il laboratorio universitario di analisi è stato accreditato dall’Assessorato regionale, le criticità non sono state risolte. Inoltre il coinvolgimento di strutture sanitarie private presenti nel territorio ha alimentato timori, ansietà, sfiducia a causa della diffusione del contagio nelle case di riposo per anziani, con un numero crescente di decessi.

In particolare, la struttura convenzionata dell’IRCS-Piemonte, quella situata in località Casazza sui colli peloritani, dove si era verificato un focolaio Covid 19  tra i suoi ricoverati e il personale,  destando non poco allarme nell’opinione pubblica, è stata trasformata in Covid Hospital,  utilizzando i 16 letti disponibili nella Villa Contino, localizzata su di una collinetta poco distante dal vetusto edificio “Ospedale Piemonte”. La sola soluzione individuata dalle autorità istituzionali comunali e regionali per fronteggiare la situazione è stato il ricorso ai privati. In tale senso la disponibilità dell’Associazione AIOP, che rappresenta gli interessi sul territorio delle cliniche private, ad aprire le proprie strutture ha messo in evidenza l’estrema debolezza della sanità pubblica. In questo senso, in questi giorni, si apprende che settori del mondo imprenditoriale stanno investendo capitali per acquisire strutture da adibire a lucrosi servizi per gli anziani sotto forma di Case di Riposo e di assistenza.

L’emergenza da una parte e la tutela della salute collettiva dall’altra è una ghiotta occasione affaristica. Sotto il segno ipocrita di una solidarietà mascherata si prefigura una cinica corsa speculativa per accedere ai fondi dell’emergenza. In Lombardia le cliniche private percepiscono 150 euro per degente Covid al giorno, contro la normale tariffa per degenti anziani, oscillante tra 29 e 49 euro giornaliere per problemi geriatrici. In Sicilia, a meno di un eventuale dumping regionale, presupponiamo sia la stessa tariffa lombarda ad eccitare l’animo imprenditoriale dei privati, convenzionati col Servizio Sanitario Nazionale, quali ad esempio l’IRCS di Messina e quindi l’ospedale Piemonte con il Pronto Soccorso in centro città, sempre al servizio dei cittadini, e i 16 letti Covid messi disponibili nella struttura collegata di Villa Contino.

Si assiste, pertanto, alla capitolazione della sanità pubblica nella nostra realtà. Assai preoccupante per acclarata inidoneità appare la situazione dell’ospedale “Cutroni Zodda”, dove sei operatori sanitari sono stati contagiati dal Covid 19. E nonostante le carenze strutturali si crea un reparto “ No Covid“ accanto a reparti normali. Tutto ciò non contrasta forse con le recenti direttive del Ministero della Salute? Intanto così si è deciso. Ma la situazione dell’ospedale di Sant’Agata Militello non è meno problematica. Il presidio, già depauperato da scelte politiche scellerate, diverrà un ospedale Covid-19 misto. Il progetto è già operativo. Potrebbe sembrare una buona notizia se, in questi tempi di Corona Virus, non fossimo stati costretti ad assistere a decisioni confuse, propagandistiche, asservite ad interessi privati ed a realizzazioni caotiche, carenti e pericolose per operatori e cittadini.

Questa vicenda fa nascere alcune domande ineludibili giacché è in gioco il diritto alla salute e l’ interesse pubblico:

A) Sono stati presi in considerazione i rilievi autorevoli e scientificamente fondati della direttrice dell’ospedale di Sant’Agata di Militello riguardo alle strutture, alla strumentazione, alla dotazione di personale qualificato, ai requisiti organizzativi e gestionali? E quali misure sono state adottate o s’intende adottare per fare sì che le problematiche scaturite dai suddetti fattori non tramutino la trasformazione in atto in un focolaio di contagio e di diffusione del virus?

B) Come si intende rispondere al timore di cittadini ed operatori sanitari, espresso in forme individuali e collettive, che il tutto si trasformi in un ulteriore depotenziamento della risposta ai bisogni generali di salute del Territorio ?

Come Coordinamento Unitario delle Sinistre d’Opposizione, in attesa di risposte chiare, pubbliche  e concrete di una cosa siamo certi che per la difesa dei diritti e della salute di tutti ci sarà bisogno di vigilanza, denuncia e lotta!

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